ORDINANZA N. 45
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai Signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), promosso con ordinanza del 7 novembre 2002 emessa dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna sul ricorso proposto da SIPSA ECOLOGICA s.r.l. contro la Regione Sardegna ed altri, iscritta al n. 229 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Udito nella camera di consiglio del 26 novembre 2003 il Giudice relatore Franco Bile.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, con ordinanza emessa il 7 novembre 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 4 dello Statuto speciale per la Sardegna, nonché agli artt. 41 e 120 della Costituzione (per violazione dei principi di cui agli artt. 5, 11, 18 e 26 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22), questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), che fa «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale»;
che l’ordinanza è stata emessa nel corso di un giudizio promosso da una società titolare, in territorio sardo, di un impianto di termodistruzione, specializzato nella gestione di rifiuti sanitari pericolosi, al fine, tra l’altro, di ottenere l’annullamento del provvedimento con cui il direttore del Servizio gestione rifiuti inquinanti dell’assessorato regionale alla difesa dell’ambiente ha vincolato l’autorizzazione regionale, rilasciata alla ricorrente per l’esercizio del medesimo impianto, proprio al rispetto del censurato art. 6, comma 19 (in tal modo limitando l’attività dello stabilimento in questione alla sola distruzione di rifiuti prodotti nella Regione);
che - affermata la «palese» rilevanza della questione per la definizione della controversia - il rimettente, quanto alla non manifesta infondatezza, richiama (per estenderne la portata al fine di risolvere anche l’odierno incidente di costituzionalità) le affermazioni contenute nelle sentenze di questa Corte n. 281 del 2000 e n. 335 del 2001, secondo cui il principio dell’autosufficienza nello smaltimento dei rifiuti urbani non pericolosi, stabilito dall’art. 5, comma 5, del d.lgs. n. 22 del 1997 (che vieta lo smaltimento di tali rifiuti in Regioni diverse da quelle in cui questi sono prodotti), non è applicabile ai rifiuti pericolosi, per i quali è viceversa prevalente il criterio della necessaria individuazione di impianti appropriati e specializzati per la loro eliminazione, che non consente di predeterminare un ambito territoriale di smaltimento ottimale;
che, ciò premesso, il Tribunale amministrativo rileva come la materia in questione non sia riconducibile ad alcuna di quelle, elencate all’art. 3 dello Statuto sardo, nelle quali la Regione dispone di competenza legislativa primaria, potendo viceversa la materia stessa essere ricompresa, peraltro solo in parte, in quella dell’igiene e sanità pubblica di cui all’art. 4, lettera i), del medesimo Statuto, nella quale la Regione dispone di competenza legislativa concorrente, assoggettata al rispetto dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato (e segnatamente di quelli dettati dagli artt. 5, 11, 18 e 26 del citato d.lgs. n. 22 del 1997);
che, infine, il rimettente ravvisa anche la violazione dell’art. 41 Cost., sostenendo che - ove si ritenesse «l’insussistenza di condizioni che legittimerebbero la Regione Sarda ad adottare una legislazione differente da quelle delle altre regioni» - resterebbe priva di giustificazione la compressione del diritto d’iniziativa economica della ricorrente e delle altre imprese del settore.
Considerato che oggetto dell’odierno scrutinio di costituzionalità è il generale divieto, sancito dalla norma impugnata, di trasportare, stoccare, conferire, trattare e smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale, senza la previsione della inapplicabilità di tale divieto (conformemente alla giurisprudenza di questa Corte) rispetto a particolari categorie di rifiuti, quali quelli trattati dalla società ricorrente, titolare in territorio sardo di un impianto di termodistruzione specializzato nella gestione di rifiuti sanitari pericolosi;
che, peraltro, il giudice rimettente non ha rilevato che l’art. 1, comma 1, della legge della Regione Sardegna 24 gennaio 2002, n. 3 - sopravvenuta alla proposizione del giudizio a quo, ma già in vigore al momento della pronuncia dell’ordinanza di rimessione - ha aggiunto all’art. 6 della legge regionale n. 6 del 2001 (nel cui ambito era già stato inserito un comma 19-bis dalla legge regionale 19 giugno 2001, n. 8), un ulteriore comma 19-ter, secondo il quale «Fino al 31 dicembre 2002 le disposizioni di cui al comma 19 non si applicano ai rifiuti sanitari di origine extraregionale destinati all’incenerimento in impianti ubicati in Sardegna, regolarmente autorizzati già operanti alla data di entrata in vigore della presente legge»;
che, proprio in ragione della natura dell’attività svolta dalla società ricorrente e della peculiare classificazione dei rifiuti dalla medesima trattati, il rimettente avrebbe dovuto esaminare l’intervenuta modifica legislativa e motivare circa la sua possibile influenza sul complessivo quadro normativo di riferimento nel quale si inscrive la sollevata questione di legittimità costituzionale;
che l’omessa valutazione di tale incidenza si traduce in una carenza di motivazione in ordine alla rilevanza della questione e quindi in un profilo assorbente di manifesta inammissibilità di essa (v., da ultimo, ordinanze nn. 200, 187, 152 e 144 del 2003).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, della norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale della Regione - legge finanziaria 2001), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 4 dello Statuto speciale per la Sardegna, e agli artt. 41 e 120 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sardegna, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 gennaio 2004.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Franco BILE, Redattore
Depositata in Cancelleria il 27 gennaio 2004.