SENTENZA N. 15
ANNO 2004
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA “
- Carlo MEZZANOTTE “
- Fernanda CONTRI “
- Guido NEPPI MODONA “
- Piero Alberto CAPOTOSTI “
- Annibale MARINI “
- Franco BILE “
- Giovanni Maria FLICK “
- Francesco AMIRANTE “
- Ugo DE SIERVO “
- Romano VACCARELLA “
- Alfio FINOCCHIARO “
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 28 dicembre 2001, n 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), promossi con ricorsi delle Regioni Campania e Emilia-Romagna, notificati il 27 febbraio 2002, depositati in cancelleria il 7 e l’8 marzo successivi ed iscritti ai nn. 21 e 23 del registro ricorsi 2002.
Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi gli avvocati Vincenzo Cocozza per la Regione Campania, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso notificato il 27 febbraio 2002, depositato il 7 marzo 2002 e iscritto nel registro ricorsi al n. 21 del 2002, la Regione Campania ha sollevato – tra le altre – questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 29 dicembre 2001, per violazione dell’art. 117 della Costituzione.
La ricorrente premette che tale disposizione disciplina la trasformazione e soppressione di enti pubblici “con formula ampia e comprensiva”. In particolare, la norma in esame stabilisce che con uno o più regolamenti di delegificazione, il Governo è abilitato ad “individuare gli enti pubblici, le amministrazioni, le agenzie e gli altri organismi ai quali non siano affidati compiti di garanzia di diritti di rilevanza costituzionale, finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato o di altri enti pubblici, disponendone la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato, la fusione o l’accorpamento con enti e organismi che svolgono attività analoghe o complementari ovvero la soppressione e messa in liquidazione”.
Secondo la Regione Campania, tale previsione comprimerebbe le competenze legislative che la Costituzione riconosce alle Regioni in quanto sarebbe “riferibile anche agli enti pubblici presenti o operanti nelle materie di potestà esclusiva della Regione”, nonché in quanto riferibile agli enti pubblici operanti nelle materie di potestà concorrente; in quest’ultimo caso la disciplina statale andrebbe ben oltre il confine dei principi fondamentali che è legittimata a dettare. A ciò dovrebbe aggiungersi che la previsione di un intervento regolatore del Governo nelle materie di potestà esclusiva e concorrente della Regione violerebbe l’art. 117, sesto comma, della Costituzione, che attribuisce la potestà regolamentare allo Stato solo nelle materie di legislazione esclusiva.
2. – Anche la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 27 febbraio 2002, depositato l’8 marzo 2002 e iscritto nel registro ricorsi al n. 23 del 2002, ha sollevato – tra le altre – questione di legittimità costituzionale dell’art. 28 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. La Regione censura, in particolare, i commi 1, 5 e 6 della norma citata, per violazione dell’art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione, che limita la potestà legislativa esclusiva dello Stato alla materia concernente “l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”. Ciò comporterebbe la conseguenza, secondo la ricorrente, che l’ordinamento e l’organizzazione amministrativa di ogni altro ente pubblico dovrebbe ricadere nella competenza legislativa residuale delle Regioni. Le disposizioni impugnate, dunque, risulterebbero costituzionalmente illegittime se ed in quanto fossero riferite ad enti diversi “da quelli in relazione ai quali lo Stato ha competenza legislativa”. La Regione osserva peraltro che, anche se si potesse ravvisare nella materia in questione una competenza concorrente in relazione alla finalità della norma, individuabile nella riduzione della spesa per l’amministrazione, lo Stato potrebbe, al massimo, dettare un principio la cui attuazione legislativa e amministrativa dovrebbe comunque essere lasciata alle Regioni.
L’esistenza di una competenza regionale nella materia sarebbe del resto provata dal comma 10 dello stesso art. 28, in base al quale l’esenzione fiscale disposta dal comma 7 “si applica anche agli atti connessi alle operazioni di trasformazione effettuate dalle Regioni e dalle Province autonome”. Tale norma peraltro non varrebbe, a giudizio della ricorrente, a limitare la competenza statale ai soli enti pubblici nazionali, essendo volta semplicemente ad estendere l’esenzione fiscale alle operazione eventualmente compiute dalle Regioni.
3. – Secondo la Regione Emilia-Romagna sarebbe incostituzionale anche il comma 8 dell’art. 28, il quale dispone l’applicazione “in via sperimentale, sentite le regioni interessate”, del comma 1 anche agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di cui all’art. 1 del decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269 (Riordinamento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera h, della legge 23 ottobre 1992, n. 421). L’incostituzionalità di tale disposizione sarebbe resa evidente dal fatto che tali enti non potrebbero affatto essere ricompresi tra quelli ai quali si estende la competenza legislativa esclusiva statale ai sensi dell’art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione. Anche in questo caso potrebbero invocarsi materie di competenza concorrente come titolo di legittimazione della legislazione dello Stato, ed in particolare quelle concernenti la “ricerca scientifica” e la “tutela della salute”, ma anche qui la normativa statale non potrebbe spingersi al di là della fissazione dei principi fondamentali.
4. – Da ultimo, la Regione Emilia-Romagna censura il comma 11 del citato art. 28, in forza del quale gli enti competenti in materia di approvvigionamento idrico primario per uso plurimo e per la gestione delle relative infrastrutture, opere ed impianti, “possono avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari tecnici”. Tale disposizione – oltre a non aver “alcun contenuto normativo” – sarebbe incostituzionale, in quanto recante disposizioni di mero dettaglio in materia non rientrante tra quelle in cui allo Stato è attribuita competenza legislativa.
5. – In entrambi i giudizi, si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato.
Osserva la difesa erariale che nella materia sarebbe senz’altro ravvisabile una competenza concorrente dello Stato “ai fini del coordinamento della finanza pubblica”.
In ogni caso, il comma 10 dell’art. 28, facendo espresso riferimento alle “operazioni di trasformazione effettuate dalle Regioni e dalle Province autonome” sarebbe coerente con l’art. 117, comma secondo, lettera g), della Costituzione, salvaguardando le competenze specifiche delle autonomie territoriali.
Con riferimento alla censura concernente il comma 11, l’Avvocatura dello Stato sostiene che la disposizione avrebbe contenuto meramente facoltizzante, e dunque non potrebbe essere di per sé idonea ad invadere alcuna competenza specifica delle Regioni.
6. – In prossimità dell’udienza, la Regione Campania ha depositato una memoria nella quale confuta l’affermazione della difesa erariale secondo cui nella materia sarebbe senz’altro ravvisabile una competenza concorrente dello Stato “ai fini del coordinamento della finanza pubblica”. Secondo la ricorrente, la “specifica e dettagliata” disciplina per la trasformazione e soppressione degli enti pubblici renderebbe evidente l’impossibilità di sostenere un simile assunto e, in ogni caso, confermerebbe la violazione del riparto di competenze con riferimento alla potestà regolamentare. Inoltre, il richiamo dell’Avvocatura dello Stato al comma 10 dell’art. 28 sarebbe del tutto irrilevante, in quanto si limiterebbe a rendere applicabile il comma 7 alle operazioni di trasformazione effettuate dalle Regioni ma non potrebbe costituire in alcun modo una salvaguardia dell’autonomia legislativa regionale.
7. – Nella memoria depositata nell’imminenza dell’udienza, la Regione Emilia-Romagna dà conto delle successive modifiche apportate alla disposizione impugnata, il cui comma 1 è stato prima emendato dall’art. 2 della legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici), e poi sostituito dall’art. 34, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003). Il nuovo testo riferisce l’intera operazione di trasformazione e soppressione (e i relativi poteri regolamentari statali) agli “enti e organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato”, e ciò – secondo la stessa ricorrente – sarebbe sufficiente a far venire meno, a partire dall’entrata in vigore della legge finanziaria per il 2003, le ragioni di doglianza contro l’art. 28, commi 1, 5 e 6, “presupponendosi che anche le norme che attualmente attribuiscono allo Stato compiti di vigilanza in relazione ad enti non nazionali (vedi ad esempio l’art. 121, comma 2, del decreto legislativo n. 112 del 1998) siano destinate ad essere adeguate al nuovo quadro costituzionale”. Tuttavia, la Regione Emilia-Romagna ritiene ancora sussistente l’interesse alla decisione di questa Corte, in ragione della “sola esistenza della norma invasiva”, a prescindere dalla concreta attuazione che la disposizione censurata possa aver avuto.
8. – Quanto alla censura concernente il comma 8 dell’art. 28, la ricorrente Emilia-Romagna osserva che non sarebbe possibile ravvisare incompatibilità tra il riferimento agli enti “vigilati dallo Stato” e l’estensione dell’ambito di applicazione della disciplina agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, dal momento che l’art. 121, comma 2, del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), mantiene allo Stato, in una certa misura, la vigilanza sugli istituti predetti. Peraltro, si fa notare in aggiunta, la materia è stata recentemente ridisciplinata dall’art. 42 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), di talché – se questa Corte dovesse ritenere che il comma 8 impugnato sia stato implicitamente abrogato dalla nuova disciplina – permarrebbe comunque l’interesse della Regione ad una pronuncia sulla norma censurata.
9. – Con riferimento al comma 11 dell’art. 28, la Regione Emilia-Romagna dà atto che l’Avvocatura dello Stato ne riconosce il carattere meramente facoltizzante, dunque non innovativo; tuttavia, ribadisce che la lesione della competenza legislativa regionale dovrebbe ritenersi prodotta per il solo fatto che lo Stato non rispetti i confini ad esso assegnati dalla Costituzione, a prescindere dal concreto contenuto della legge statale. Il pregiudizio concreto che la permanenza di una norma statale in una materia regionale determinerebbe, sarebbe quello di creare incertezza negli operatori su quale sia il soggetto competente.
Considerato in diritto
1. – La Regione Campania e la Regione Emilia-Romagna, tra le numerose disposizioni impugnate della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), censurano l’art. 28 (Trasformazione e soppressione di enti pubblici) in riferimento all’art. 117 della Costituzione. Per ragioni di omogeneità di materia, la trattazione della questione di costituzionalità indicata viene esaminata separatamente dalle altre, sollevate con i medesimi ricorsi, oggetto di distinte decisioni.
2. – Il comma 1 della disposizione impugnata – nella formulazione considerata nei ricorsi introduttivi del presente giudizio – dispone che “al fine di conseguire gli obiettivi di stabilità e crescita, di ridurre il complesso della spesa di funzionamento delle amministrazioni pubbliche, di incrementarne l’efficienza e di migliorare la qualità dei servizi”, il Governo provvede ad emanare “uno o più regolamenti”, ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri), con cui individuare gli enti pubblici, le amministrazioni, le agenzie e gli altri organismi ai quali non siano affidati compiti di garanzia di diritti di rilevanza costituzionale, “finanziati direttamente o indirettamente a carico del bilancio dello Stato o di altri enti pubblici, disponendone la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato, la fusione o l’accorpamento con enti od organismi che svolgono attività analoghe o complementari, ovvero la soppressione e messa in liquidazione”.
Il comma 2 esclude da tali trasformazioni o soppressioni gli enti che gestiscono a livello di primario interesse nazionale la previdenza sociale, quelli essenziali per le esigenze di difesa o “la cui natura pubblica è garanzia per la sicurezza”, ed infine quelli che svolgono funzioni di prevenzione e vigilanza per la salute pubblica.
La suddetta trasformazione è peraltro subordinata, dal comma 5, alla verifica che “i servizi siano più proficuamente erogabili al di fuori del settore pubblico”.
La soppressione e liquidazione è espressamente assoggettata, dal comma 6, alle modalità stabilite dalla legge 4 dicembre 1956, n. 1404 (Soppressione e messa in liquidazione di enti di diritto pubblico e di altri enti sotto qualsiasi forma costituiti, soggetti a vigilanza dello Stato e comunque interessanti la finanza statale) e successive modifiche.
Ai sensi del comma 7, gli atti connessi alle operazioni di trasformazione non rilevano ai fini fiscali; e tale esenzione è estesa, dal comma 10, anche agli atti connessi “alle operazioni di trasformazione effettuate dalle regioni e dalle province autonome”.
Il comma 8 dispone, inoltre, che la disciplina concernente la trasformazione o soppressione di cui al comma 1 si applica, in via sperimentale e sentite le Regioni interessate, anche agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di cui all’art. 1 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 269 (Riordinamento degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera h, della legge 23 ottobre 1992, n. 421), ferma restando la natura pubblica degli istituti medesimi.
Infine, il comma 11 stabilisce che “nell’esercizio delle funzioni in materia di approvvigionamento idrico primario per uso plurimo e per la gestione delle relative infrastrutture, opere e impianti”, gli enti competenti “possono avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari”.
3. – La Regione Campania sostiene che l’art. 28 della legge n. 448 del 2001, essendo riferibile anche ad enti regionali, invaderebbe l’ambito delle competenze riservate alla potestà legislativa regionale in via esclusiva ovvero in via concorrente. La disposizione, inoltre, nella parte in cui prevede un intervento regolamentare del Governo destinato ad applicarsi anche in materie diverse da quelle attribuite alla legislazione esclusiva dello Stato, violerebbe l’art. 117, sesto comma, della Costituzione, che limita la potestà regolamentare dello Stato solo a tali materie.
4. – Anche la Regione Emilia-Romagna, con argomentazioni in parte analoghe, lamenta la violazione, da parte dell’art. 28, delle attribuzioni regionali sancite dall’art. 117 della Costituzione. In particolare, la ricorrente censura i commi 1, 5 e 6, là dove si riferiscono a enti diversi dagli enti pubblici nazionali, in relazione ai quali soltanto lo Stato – ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione – dispone di una competenza legislativa esclusiva. L’esistenza di una competenza regionale nella materia, secondo quanto ritenuto dalla Regione, sarebbe del resto provata dal comma 10 dello stesso art. 28, in base al quale l’esenzione fiscale disposta dal comma 7 “si applica anche agli atti connessi alle operazioni di trasformazione effettuate dalle Regioni e dalle Province autonome”. Tale norma peraltro non varrebbe, a giudizio della ricorrente, a limitare la competenza statale ai soli enti pubblici nazionali, essendo volta semplicemente ad estendere l’esenzione fiscale alle operazione eventualmente compiute dalle Regioni.
Per le medesime ragioni la Regione censura anche il comma 8, il quale – come si è ricordato – dispone l’applicazione, in via sperimentale, del comma 1 dello stesso articolo, agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di cui all’art. 1 del d.lgs. n. 269 del 1993. Gli istituti considerati dalla norma, infatti, secondo la ricorrente, non rientrerebbero tra gli enti pubblici nazionali su cui il legislatore statale è legittimato ad intervenire con proprie norme legislative.
Infine, la Regione Emilia-Romagna impugna il comma 11 dell’art. 28 della legge n. 448 del 2001, il quale non avrebbe contenuto normativo e comunque interverrebbe, con una disposizione di dettaglio, in una materia che non rientra tra le competenze legislative statali.
In considerazione dell’identità della materia, nonché dei profili di illegittimità costituzionale fatti valere, i due ricorsi, per la parte relativa all’art. 28 della legge n. 448 del 2001, possono essere riuniti per essere decisi con un’unica pronuncia.
5. – Devono essere trattate congiuntamente le questioni sollevate dalla Regione Campania e dalla Regione Emilia-Romagna particolarmente sui commi 1, 5 e 6. Ciò in quanto la prima ricorrente, pur riferendosi genericamente all’intero art. 28, si limita a proporre censure sostanzialmente coincidenti con quelle prospettate dalla seconda ricorrente.
In via preliminare, occorre dare conto del fatto che, successivamente alla proposizione dei ricorsi, il comma 1 dell’art. 28 è stato modificato, con legge 6 luglio 2002, n. 137 (Delega per la riforma dell’organizzazione del Governo e della Presidenza del Consiglio dei ministri, nonché di enti pubblici), la quale, all’art. 2, ha sostituito il termine di sei mesi, originariamente previsto per l’emanazione dei regolamenti ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, con il più lungo termine di diciotto mesi. La medesima disposizione, inoltre, ha introdotto nell’art. 28 un comma 2-bis, che prevede la facoltà, per il Ministero dell’economia e delle finanze, di avvalersi, per l’attuazione dell’art. 28, della struttura interdisciplinare di cui all’art. 73, comma 1, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (Riforma dell’organizzazione del Governo, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59).
Successivamente, il comma 1 dell’art. 28 è stato interamente sostituito dall’art. 34, comma 23, della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2003). L’attuale comma 1 dell’art. 28 della legge n. 448 del 2001 dispone che con uno o più regolamenti, da emanarsi ai sensi dell’art. 17, comma 2, della legge n. 400 del 1988, entro il 30 giugno 2003, il Governo “individua gli enti e gli organismi pubblici, incluse le agenzie, vigilati dallo Stato, ritenuti indispensabili”, disponendone se necessario anche la trasformazione in società per azioni o in fondazioni di diritto privato, ovvero la fusione o l’accorpamento con enti od organismi che svolgono funzioni analoghe o complementari; nel caso in cui, alla scadenza del termine assegnato, non si sia provveduto a tali adempimenti, gli enti per i quali non sia stato adottato alcun provvedimento, sono soppressi e posti in liquidazione.
Le modifiche introdotte dalla legge n. 289 del 2002 hanno inciso in più punti sull’originaria disciplina dettata dalla norma censurata. Attualmente, infatti, l’art. 28, comma 1, della legge n. 448 del 2001 prescrive che il Governo individui gli enti pubblici ritenuti indispensabili e solo eventualmente (“se necessario”) provveda alle previste operazioni di trasformazione, accorpamento o fusione. D’altro canto, per gli enti non individuati entro il termine stabilito, è la stessa legge che ne dispone la soppressione e messa in liquidazione.
Inoltre, ciò che più rileva ai fini del presente giudizio è che l’art. 34 della legge n. 289 del 2002 ha modificato, circoscrivendolo, l’ambito di applicazione dell’art. 28 della legge n. 448 del 2001, i cui destinatari sono attualmente individuati nei soli enti ed organismi pubblici sui quali lo Stato esercita poteri di vigilanza.
6. – Nessuna delle ricorrenti ha impugnato la nuova disposizione.
La Regione Emilia-Romagna, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, ha dato atto delle modifiche sopravvenute, espressamente affermando che l’introduzione del riferimento agli enti vigilati dallo Stato è tale da far venir meno le censure da essa mosse all’art. 28, commi 1, 5 e 6, ma soltanto a partire dall’entrata in vigore della legge di modifica n. 289 del 2002. Infatti, afferma la Regione, permarrebbe il suo interesse alla decisione della questione sollevata, in considerazione della sola esistenza della norma invasiva delle competenze regionali, a prescindere dalla concreta attuazione che la disposizione possa avere avuto.
Effettivamente il sopravvenuto mutamento del quadro normativo è tale da incidere in modo sostanziale sui termini della questione sollevata dalle ricorrenti, considerato che la norma, nel testo vigente, si riferisce unicamente agli enti sui quali lo Stato esercita poteri di controllo, seppur variamente articolati. Tale situazione, contrariamente a quanto sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna, è sufficiente a far venir meno, la necessità di una pronuncia della Corte.
Infatti, se da un lato non risulta che alla disposizione originaria oggetto del presente giudizio sia stata data una qualche concreta attuazione, dall’altro è pacifico che, attualmente, la disposizione censurata non è più in vigore e che – anche secondo quanto espressamente riconosciuto dalla stessa ricorrente – la vigente formulazione è tale da far venire meno le originarie ragioni di doglianza.
Pertanto, con riferimento alle censure relative ai commi 1, 5 e 6 dell’art. 28, conformemente alla giurisprudenza di questa Corte, deve essere dichiarata la cessazione della materia del contendere (si vedano, da ultimo, le ordinanze n. 15 del 2003 e n. 443 del 2002).
7. – Quanto al comma 8 dell’art. 28, occorre considerarne anzitutto la coerenza con il nuovo contenuto del comma 1, nel senso che gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, cui – ai sensi di tale disposizione – si applicano in via sperimentale le disposizioni del comma 1, rientrano tra gli enti ed organismi pubblici vigilati dallo Stato in forza dell’art. 121, comma 2, del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali in attuazione del capo della legge 15 marzo 1997, n. 59), il quale conserva allo Stato, tra l’altro, la vigilanza e il controllo su detti istituti.
Inoltre, la legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), all’art. 42, ha delegato il Governo ad emanare un decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico. Tale legge risulta espressamente impugnata dalla Regione Emilia-Romagna, con autonomo ricorso (iscritto al registro ricorsi n. 32 del 2003).
Il decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell'articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), ha dato attuazione a tale delega attraverso una analitica ed organica disciplina degli enti in questione, regolando espressamente e specificamente il profilo della trasformazione degli istituti esistenti e dettando, altresì, per la trasformazione di tali enti, nuove e – sotto più profili – differenti disposizioni rispetto a quanto previsto nell’art. 28 oggetto del presente giudizio.
In tal modo, peraltro, il d.lgs. n. 288 del 2003 ha determinato il radicale mutamento della disciplina contenuta nella disposizione impugnata, incidendo sui termini della questione sollevata.
Tenuto conto di tali sopravvenienze normative, nonché della circostanza che, anche in questo caso, la disposizione impugnata – nella sua formulazione originaria – non ha prodotto alcun effetto concreto (non risultando che in attuazione di essa siano stati adottati i regolamenti ivi previsti), deve pertanto essere dichiarata cessata la materia del contendere.
8. – Con riferimento, infine, alla censura concernente il comma 11 dell’art. 28 della legge n. 448 del 2001, premesso che la norma ha un contenuto del tutto estraneo alla materia della “trasformazione e soppressione degli enti pubblici” oggetto dell’intera disposizione, va considerato determinante – ai fini della soluzione della questione proposta dalla Regione Emilia-Romagna – il carattere meramente facoltizzante di quanto disposto dal legislatore statale; carattere evidenziato dalla semplice possibilità, riconosciuta agli enti competenti in materia di approvvigionamento idrico primario, di “avvalersi degli enti preposti al prevalente uso irriguo della risorsa idrica attraverso apposite convenzioni e disciplinari tecnici”. Ciò, a prescindere dalla individuazione della materia cui la norma inerisce consente di per sé di escludere qualunque violazione delle competenze legislative costituzionalmente riconosciute alle Regioni e dunque determina l’infondatezza della censura prospettata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riservata ogni decisione sulle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevate dalle Regioni Campania ed Emilia-Romagna con i ricorsi indicati in epigrafe;
riuniti i giudizi, relativamente all’art. 28, comma 1, 5, 6, 8 e 11, della legge 28 dicembre 2001, n. 448;
dichiara cessata la materia del contendere in relazione alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, commi 1, 5 e 6 della legge 28 dicembre 2001 n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevata dalla Regione Campania e dalla Regione Emilia-Romagna in riferimento all’art. 117 della Costituzione.
dichiara cessata la materia del contendere con riferimento alla questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 8, della predetta legge 28 dicembre 2001 n. 448, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna in riferimento all’art. 117 della Costituzione.
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 11, della predetta legge 28 dicembre 2001 n. 448, sollevata dalla Regione Emilia-Romagna in riferimento all’art. 117 della Costituzione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Ugo DE SIERVO, Redattore
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.