ORDINANZA N.11
ANNO 2004
Commento alla decisione di
Giuseppe Dell’Aira
La Corte Costituzionale, Carneade, il suo Giudice naturale ed un onesto avvocato
(per gentile concessione della Rivista telematica Lexitalia.it)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Gustavo ZAGREBELSKY Presidente
- Valerio ONIDA Giudice
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), promossi, nell’ambito di diversi procedimenti penali, dal Giudice di pace di Ferrara con due ordinanze del 17 febbraio 2003, iscritte al n. 383 e al n. 385 del registro ordinanze 2003 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell’anno 2003.
Udito nella camera di consiglio del 26 novembre 2003 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che con due ordinanze del 17 febbraio 2003 il Giudice di pace di Ferrara ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), «nella parte in cui non prevede che il decreto di citazione a giudizio da parte della polizia giudiziaria avanti il giudice di pace debba, a pena di nullità, contenere l’avviso all’imputato, (qualora ne ricorrano i presupposti e prima della dichiarazione di apertura del dibattimento), di poter presentare domanda di oblazione ai sensi degli artt. 162 o 162-bis cod. pen. oppure di potersi avvalere delle azioni di cui all’art. 35 del decreto legislativo citato»;
che secondo il rimettente la disciplina censurata pone in essere una irragionevole e ingiustificata disparità di trattamento rispetto a quanto disposto per il giudizio dinanzi al tribunale in composizione monocratica dall’art. 552, comma 1, lettera f), e comma 2, cod. proc. pen., ove invece l’avviso è previsto;
che, come già affermato dalla Corte costituzionale in relazione a situazione del tutto analoga a quella ora in esame (sentenza n. 497 del 1995 che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 555, comma 2, cod. proc. pen., nel testo precedente la legge 16 dicembre 1999, n. 479), la mancata previsione dell’avviso incide sul diritto di difesa dell’imputato, privandolo del «potere di valutare le altre forme di definizione previste, assolutamente importanti per le conseguenze favorevoli che producono, ma che devono essere chieste o enunciate entro termini perentori»;
che, in particolare, il rimettente rileva che le «possibilità offerte dall’art. 35 di definizione del procedimento attraverso i comportamenti previsti da tale norma, se conosciute tempestivamente, amplierebbero grandemente il diritto di difesa, qualora fossero portate a conoscenza dell’imputato nella citazione »;
che la previa conoscenza determinerebbe una «sensibile economicità dei tempi procedurali», evitando di ricorrere, come previsto dal comma 3 dello stesso articolo, alla sospensione del processo per porre in essere le condotte riparatorie in esame.
Considerato che il Giudice di pace di Ferrara solleva, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), nella parte in cui non prevede che la citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria debba contenere, a pena di nullità, l’avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l’imputato prima della dichiarazione di apertura del dibattimento può presentare domanda di oblazione ai sensi degli artt. 162 o 162-bis cod. pen. o porre in essere le condotte riparatorie di cui all’art. 35 del medesimo decreto legislativo;
che le ordinanze di rimessione, aventi uguale tenore testuale, sollevano la medesima questione e deve perciò essere disposta la riunione dei relativi giudizi;
che questa Corte con ordinanze n. 10 del 2004 e n. 231 del 2003 ha dichiarato manifestamente infondate analoghe questioni di legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto legislativo n. 274 del 2000, sollevate, per contrasto con gli stessi parametri costituzionali, in relazione alla mancata previsione nella citazione a giudizio da parte della polizia giudiziaria dell’avviso circa la possibilità di presentare domanda di oblazione;
che questa Corte ha affermato, in riferimento alle censure relative agli artt. 3 e 24 della Costituzione, che «dalla sentenza n. 497 del 1995 non possono […] trarsi argomenti a sostegno della illegittimità costituzionale della disciplina censurata, in quanto l’omissione dell’avviso circa la facoltà di presentare domanda di oblazione non comporta la perdita irrimediabile di tale facoltà, che può essere esercitata dall’imputato nel corso dell’udienza di comparizione prima dell’apertura del dibattimento, alla stregua di quanto espressamente disposto dall’art. 29, comma 6, del decreto legislativo n. 274 del 2000» e che «nell’udienza di comparizione l’imputato è obbligatoriamente assistito, a norma dell’art. 20, comma 2, lettera e), del menzionato decreto legislativo, da un difensore, di fiducia o d’ufficio, sì che risultano pienamente garantite la difesa tecnica e l’informazione circa le varie forme di definizione del procedimento, anche alternative al giudizio di merito (conciliazione tra le parti, oblazione, risarcimento del danno, condotte riparatorie)»;
che in questa prospettiva «l’udienza di comparizione, ove avviene il primo contatto tra le parti e il giudice, risulta sede idonea per sollecitare e verificare la praticabilità di possibili soluzioni alternative, tra cui, evidentemente, l’estinzione del reato per oblazione prevista dagli artt. 162 e 162-bis cod. pen.»;
che tali considerazioni si attagliano anche alla specifica questione di legittimità costituzionale relativa all’avviso circa la possibilità di porre in essere le condotte riparatorie di cui all’art. 35 del decreto legislativo n. 274 del 2000, posto che il comma 3 di tale norma stabilisce espressamente che il giudice di pace può disporre la sospensione del processo per un periodo non superiore a tre mesi ove l’imputato chieda nell’udienza di comparizione di poter provvedere alle condotte riparatorie e dimostri di non avere potuto farlo in precedenza, ovviamente anche per non essere stato informato di tale possibilità;
che questa Corte nelle ordinanze sopra menzionate ha inoltre ribadito che il principio di buon andamento dei pubblici uffici non si riferisce all’attività giurisdizionale in senso stretto, bensì all’organizzazione e al funzionamento dell’amministrazione della giustizia;
che pertanto le questioni devono essere dichiarate manifestamente infondate.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 20 del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274 (Disposizioni sulla competenza penale del giudice di pace, a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1999, n. 468), sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dal Giudice di pace di Ferrara, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 2003.
Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente
Guido NEPPI MODONA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.