Sentenza n. 3 del 2004

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SENTENZA N. 3

ANNO 2004

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-Riccardo CHIEPPA, Presidente

-Gustavo ZAGREBELSKY

-Valerio ONIDA

-Carlo MEZZANOTTE

-Fernanda CONTRI

-Guido NEPPI MODONA

-Piero Alberto CAPOTOSTI

-Annibale MARINI

-Franco BILE

-Giovanni Maria FLICK                               

-Francesco AMIRANTE                               

-Ugo DE SIERVO      

-Romano VACCARELLA

-Alfio FINOCCHIARO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2002), promosso con ricorso della Regione Emilia-Romagna, notificato il 27 febbraio 2002, depositato in cancelleria l’8 marzo successivo ed iscritto al n. 23 del registro ricorsi 2002.

Visti  gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 17 giugno 2003 il Giudice relatore Fernanda Contri;

uditi l’avvocato Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – Con ricorso notificato in data 27 febbraio 2002 e depositato il successivo 8 marzo (r.r. 23 del 2002), la Regione Emilia-Romagna ha impugnato numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), e tra esse, in particolare, l’art. 19, comma 14, in riferimento all’art. 117 della Costituzione.

Il comma 14 del suddetto art. 19 prevede che “le amministrazioni pubbliche promuovono iniziative di alta formazione del proprio personale, anche ai fini dell'accesso alla dirigenza, favorendo la partecipazione dei dipendenti ai corsi di laurea, anche triennali, organizzati con l'impiego prevalente delle metodologie di formazione a distanza per finalità connesse alle attribuzioni istituzionali delle amministrazioni interessate”. Inoltre, “a tal fine, nei limiti delle ordinarie risorse finanziarie destinate all'aggiornamento e alla formazione del personale, le amministrazioni pubbliche e le relative Scuole o strutture di formazione, sentite le organizzazioni sindacali, possono anche erogare borse di studio del valore massimo corrispondente all'iscrizione ai suddetti corsi di laurea o provvedere al relativo rimborso”.

La ricorrente sottolinea che la disposizione non ha riflessi di carattere finanziario, costituisce una sorta di invito alle amministrazioni pubbliche a promuovere iniziative di “alta formazione” del proprio personale impiegando prevalentemente metodologie di formazione a distanza e “autorizza” le amministrazioni a finanziare, peraltro gravando sulle proprie risorse ordinarie, borse di studio per coprire i costi d’iscrizione del proprio personale ai corsi di laurea, “anche triennali”.

Secondo la ricorrente, la disposizione sarebbe invasiva ed arbitraria, fuoriuscendo dalla competenza legislativa statale e perciò violando l’art. 117 della Costituzione, “nella parte in cui l’autorizzazione non è riferita alle amministrazioni statali o di enti nazionali”. Si specifica nel ricorso che alle amministrazioni diverse da queste ultime l’autorizzazione potrebbe semmai essere data con legge regionale, sempre che ve ne sia bisogno, posto che la formazione del proprio personale sembrerebbe compito ordinario e stabile di qualsiasi amministrazione.

2. – Si è costituito in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, per chiedere il rigetto del ricorso anche con specifico riferimento alla censura relativa all’art. 19, comma 14, della legge n. 448 del 2001.

La difesa afferma che la normativa censurata, a differenza di quanto sostenuto dalla ricorrente, non violerebbe l’art. 117 della Costituzione, in quanto in parte sarebbe finalizzata al rispetto dei limiti inerenti all’utilizzo delle risorse disponibili (“nei limiti delle ordinarie risorse finanziarie”), in parte avrebbe carattere meramente riconoscitivo di una potestà (“possono”) che per sua natura non può incidere sulle prerogative delle Regioni in materia.

3. – In prossimità dell’udienza, la Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria, nella quale sottolinea, anzitutto, che il rilievo della difesa erariale secondo il quale la disposizione impugnata sarebbe “finalizzata al rispetto dei limiti inerenti all’utilizzo delle risorse disponibili” ed avrebbe “in parte … carattere meramente riconoscitivo di una potestà” dimostrerebbe soltanto che la norma è inutilmente lesiva del riparto di attribuzioni fissato dal “nuovo” Titolo V.

L’assenza di implicazioni sul piano finanziario confermerebbe la totale estraneità della disposizione impugnata rispetto ai contenuti propri della “legge finanziaria” ed alle particolari funzioni normative che lo Stato può trovarsi ad esercitare attraverso tale strumento in relazione al coordinamento della finanza pubblica, apparendo evidente la lesione delle attribuzioni legislative regionali nel momento in cui la disposizione non sia riferita alle sole amministrazioni statali e agli enti nazionali.

Se invece si vuol far discendere qualche conseguenza sul piano normativo dalla disposizione – per esempio nel senso di porre un limite all’utilizzo delle risorse disponibili per la formazione – il vulnus delle attribuzioni della Regione e degli enti locali sarebbe ancor più evidente, traducendosi in un divieto a sostenere con le proprie risorse piani formativi di maggior impegno finanziario o diversamente formulati.

Considerato in diritto

1. – La Regione Emilia Romagna, nell’impugnare numerose disposizioni della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 117 della Costituzione, dell’art. 19, comma 14, della suddetta legge, nella parte in cui non si riferisce esclusivamente alle “amministrazioni statali o di enti nazionali” nel prevedere che le amministrazioni pubbliche promuovono iniziative di "alta formazione" del personale e finanziano borse di studio per l'iscrizione dei dipendenti ai corsi di laurea triennali.

Secondo la ricorrente, la disposizione censurata sarebbe invasiva ed arbitraria, fuoriuscendo dalla competenza legislativa statale.

2. – La censura si inserisce, come detto, nell’ambito di un più ampio ricorso che coinvolge una pluralità di disposizioni della legge finanziaria per il 2002 (r.r. 23 del 2002). Viene ora decisa esclusivamente la suddetta questione, che riguarda la promozione di iniziative di alta formazione da parte delle “amministrazioni pubbliche”.

3.  – La questione non è fondata, nei sensi di seguito specificati.

La disposizione censurata prevede che “le amministrazioni pubbliche promuovono iniziative di alta formazione del proprio personale, anche ai fini dell'accesso alla dirigenza, favorendo la partecipazione dei dipendenti ai corsi di laurea, anche triennali, organizzati con l'impiego prevalente delle metodologie di formazione a distanza per finalità connesse alle attribuzioni istituzionali delle amministrazioni interessate”. Inoltre, “a tal fine, nei limiti delle ordinarie risorse finanziarie destinate all'aggiornamento e alla formazione del personale, le amministrazioni pubbliche e le relative Scuole o strutture di formazione, sentite le organizzazioni sindacali, possono anche erogare borse di studio del valore massimo corrispondente all'iscrizione ai suddetti corsi di laurea o provvedere al relativo rimborso”.

Le “amministrazioni pubbliche” sono quindi espressamente invitate a promuovere le iniziative di alta formazione e autorizzate a erogare borse di studio nei limiti delle ordinarie risorse finanziarie destinate ai suddetti scopi. Tale disposizione si traduce in una norma permissiva nei confronti delle richiamate “amministrazioni pubbliche”. Tutto ciò però non è ancora sufficiente per escludere la lesione delle prerogative regionali, in quanto pure una norma permissiva presuppone una rivendicazione di competenza statale, per cui se la norma dovesse trovare applicazione anche nei confronti delle amministrazioni non statali si porrebbe il problema della esorbitanza di essa dall’ambito della disciplina dell’“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali”, riservata in via esclusiva alla legislazione statale.

La questione deve peraltro essere risolta sul piano della interpretazione del termine “amministrazioni pubbliche” impiegato nel comma 14 dell’art. 19 della legge n. 448 del 2001.

Dalla disposizione censurata la Regione ricorrente ricava la norma per cui anche le “amministrazioni non statali” sarebbero invitate a promuovere iniziative di “alta formazione” del proprio personale impiegando prevalentemente metodologie di formazione a distanza e autorizzate a finanziare, peraltro gravando sulle proprie risorse ordinarie, borse di studio per coprire i costi d’iscrizione del proprio personale ai corsi di laurea, “anche triennali”.

L’interpretazione della ricorrente può essere tuttavia revocata in dubbio alla luce del contesto normativo – come si dirà più avanti – in cui è utilizzata la locuzione “amministrazioni pubbliche” e, soprattutto, in presenza di un’altra possibile interpretazione che si riveli conforme a Costituzione.

Si tratta, in altre parole, di verificare se sia possibile attribuire alla disposizione censurata un significato conforme alle previsioni contenute nel nuovo Titolo V della parte seconda della Costituzione, tenuto anche conto del fatto che essa è inserita nella prima legge finanziaria approvata dopo l’entrata in vigore della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione) e che il relativo disegno di legge è stato redatto prima dello svolgimento del referendum riguardante le modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione.

Ora, con specifico riferimento alla questione sottoposta all’esame di questa Corte, occorre sottolineare che l’art. 19 della legge finanziaria per il 2002, che riguarda le assunzioni di personale, si apre, al comma 1, con un espresso riferimento alle “amministrazioni dello Stato” e si svolge in modo tale da far ritenere che il generico richiamo alle amministrazioni “pubbliche”, contenuto nel comma 14, non possa essere letto altro che come sinonimo di “statali”. La suddetta possibile interpretazione della locuzione utilizzata nel comma 14 consente di ricavare da esso una norma conforme a Costituzione, in quanto l’art. 117, secondo comma, lettera g), della Costituzione assegna in via esclusiva alla competenza legislativa statale la disciplina dell’“ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” (cfr . sent. n. 4 del 2004, che ha deciso analoga questione sollevata dalla Regione Basilicata).

Così interpretata la disposizione impugnata, risulta infondata la censura formulata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riservata a separate pronunzie ogni decisione sulle restanti questioni di legittimità costituzionale della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), sollevate dalla Regione Emilia-Romagna con il ricorso in epigrafe;

dichiara non  fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 19, comma 14, della legge 28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2002), proposta dalla Regione Emilia-Romagna per violazione dell’art. 117 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 18 dicembre 2003.

Riccardo CHIEPPA, Presidente

Giuseppe DI PAOLA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2004.