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ORDINANZA N. 374

 

ANNO 2003

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

- Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

 

- Valerio ONIDA Giudice

 

- Carlo MEZZANOTTE "

 

- Fernanda CONTRI "

 

- Guido NEPPI MODONA"

 

- Piero Alberto CAPOTOSTI "

 

- Annibale MARINI "

 

- Franco BILE "

 

- Giovanni Maria FLICK "

 

- Francesco AMIRANTE "

 

- Ugo DE SIERVO "

 

- Romano VACCARELLA"

 

- Paolo MADDALENA "

 

- Alfio   FINOCCHIARO "

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

    nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17-bis della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), introdotto dall'art. 17 della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), promosso con ordinanza del 4 dicembre 2002 dal Tribunale di Catanzaro sull'istanza proposta da F.A., iscritta al n. 138 del registro ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 2003.

 

    Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

    udito nella camera di consiglio del 12 novembre 2003 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

 

    Ritenuto che con l'ordinanza in epigrafe il Tribunale di Catanzaro ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.17-bis della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), aggiunto dall'art. 17 della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), e «riprodotto» negli artt. 80 e 81 del decreto legislativo (recte: d.P.R.) 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), nella parte in cui prevede che l'imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato può scegliere il proprio difensore solo tra gli avvocati iscritti in speciali elenchi istituiti presso i consigli dell'ordine, avvocati che — ai fini di tale iscrizione — debbono essere in possesso di determinati requisiti;

 

    che l'ordinanza riferisce, in punto di fatto, che nel corso dell'udienza dibattimentale l'imputato nel giudizio a quo aveva richiesto l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato, designando quale suo difensore di fiducia un avvocato iscritto nell'albo degli avvocati da meno di sei anni e, quindi, non in possesso di uno dei requisiti prescritti per l'iscrizione nell'elenco previsto dalla norma censurata;

 

    che tale norma — ad avviso del rimettente — si porrebbe peraltro in contrasto con l'art. 24, terzo comma, Cost.: il precetto costituzionale, infatti — imponendo al legislatore di assicurare ai non abbienti i mezzi per difendersi davanti ad ogni giurisdizione — mirerebbe ad impedire che situazioni personali di debolezza economica possano ostacolare o limitare l'effettivo esercizio del diritto di difesa, da intendere come comprensivo anche della facoltà di scegliere liberamente il proprio difensore; e ciò avuto riguardo alla natura eminentemente fiduciaria che caratterizza il rapporto difensivo, la quale dovrebbe portare a privilegiare la volontà della parte rispetto ad ogni altra considerazione, ed in particolare rispetto ad astratte valutazioni di qualità e professionalità;

 

    che il giudice a quo dichiara di non ignorare che questa Corte, con ordinanza n. 299 del 2002, ha già escluso che la disposizione impugnata vulneri il parametro costituzionale evocato, sul rilievo che essa assicura comunque un'ampia possibilità di scelta tra i difensori iscritti;

 

    che tale affermazione, pur «astrattamente condivisibile in linea di principio», non troverebbe, tuttavia — secondo il rimettente — «riscontro in pratica»: sarebbero, infatti, «numerosissime» le istanze di ammissione al patrocinio a spese dello Stato presentate da imputati che scelgono difensori non iscritti negli elenchi, e che per tale sola ragione vengono quindi rigettate, ancorché l'avvocato prescelto abbia spesso già svolto, con serietà e professionalità, significative attività difensive a favore dell'interessato;

 

    che la norma denunciata violerebbe, altresì, l'art. 3 Cost., in quanto determinerebbe una irragionevole disparità di trattamento in danno dei soggetti economicamente deboli, negando agli stessi, senza alcuna giustificazione, quella piena libertà di scelta del proprio difensore che è invece riconosciuta alla generalità degli altri imputati;

 

    che l'irragionevolezza della norma censurata emergerebbe anche dal confronto con la disciplina della difesa d'ufficio, come novellata dalla legge 6 marzo 2001, n. 60 (Disposizioni in materia di difesa d'ufficio): dovendosi ritenere illogico, in specie, che i requisiti previsti per l'espletamento di un mandato difensivo che — come quello in esame — pur gravando a livello economico sullo Stato, ha comunque carattere fiduciario, siano molto più rigorosi di quelli richiesti per l'espletamento di un mandato che — come quello del difensore di ufficio — ha invece carattere pubblicistico, non ricollegandosi ad una libera scelta dell'imputato;

 

    che nel giudizio di costituzionalità è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, il quale ha chiesto che la questione sia dichiarata manifestamente infondata.

 

    Considerato che questa Corte ha già avuto modo di affermare che l'art. 17-bis della legge 30 luglio 1990, n. 217 (norma i cui contenuti sono stati successivamente ripartiti, senza variazioni di sostanza, negli artt. 80 e 81 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115) — nel prevedere che l'imputato ammesso al patrocinio a spese dello Stato può scegliere il proprio difensore tra gli iscritti in appositi elenchi, istituiti presso i consigli dell'ordine e formati dagli avvocati che ne fanno domanda e che siano in possesso di requisiti (valutati dai medesimi consigli dell'ordine) di attitudine ed esperienza professionale, di assenza di sanzioni disciplinari e di anzianità professionale non inferiore a sei anni — detta una disciplina ragionevolmente orientata ad assicurare la migliore qualità e dignità della prestazione, in correlazione ad esigenze che il legislatore annette alle caratteristiche proprie del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti: patrocinio che, per un verso, implica l'impiego di risorse della collettività e, per un altro verso, si rende necessario a fronte di una situazione di debolezza economica del singolo (ordinanza n. 299 del 2002);

 

    che questa Corte ha altresì chiarito che il meccanismo così delineato, oltre a non travalicare la soglia della ragionevolezza nell'esercizio della discrezionalità legislativa — anche in comparazione con la disciplina della difesa d'ufficio dettata dalla legge 6 marzo 2001, n. 60 — non pone alcuna concreta limitazione all'esplicazione del diritto di difesa, inteso come comprensivo anche del diritto di scegliere liberamente il proprio difensore, dato che esso assicura comunque all'interessato un'ampia facultas eligendi nell'ambito degli avvocati iscritti negli elenchi;

 

    che l'odierna ordinanza di rimessione non prospetta alcun profilo nuovo, atto a giustificare una diversa valutazione;

 

    che tale non può ritenersi, in particolare, l'affermazione del giudice a quo per cui il principio enunciato da questa Corte, sebbene «astrattamente condivisibile», non avrebbe trovato «riscontro in pratica»: affermazione, peraltro, basata non già su una diretta contestazione dell'effettiva idoneità degli elenchi a garantire all'imputato un'ampia possibilità di scelta del difensore, ma sul mero dato negativo rappresentato dall'asserito elevato numero di nomine contra legem, ossia di designazioni di difensori non iscritti;

 

    che la questione va dichiarata, pertanto, manifestamente infondata.

 

    Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

    dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 17-bis della legge 30 luglio 1990, n. 217 (Istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), aggiunto dall'art. 17 della legge 29 marzo 2001, n. 134 (Modifiche alla legge 30 luglio 1990, n. 217, recante istituzione del patrocinio a spese dello Stato per i non abbienti), e riprodotto negli artt. 80 e 81 del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24, terzo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Catanzaro con l'ordinanza indicata in epigrafe.       

 

    Così deciso in Roma, nella sede della Corte Costituzionale, Palazzo della Consulta, il 17 dicembre 2003.

 

    Gustavo ZAGREBELSKY, Presidente

 

    Giovanni Maria FLICK, Redattore

 

    Depositata in Cancelleria il 23 dicembre 2003.