ORDINANZA N.166
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 211, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall'art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, promossi con ordinanza dell'8 gennaio 2002 dalla Commissione tributaria provinciale di Genova sul ricorso proposto dalla Provincia di Genova Istituto Figlie Maria SS. dell'Orto contro Agenzia delle entrate - Ufficio di Genova 3 e con ordinanza del 7 giugno 2001 dalla Commissione tributaria provinciale di Milano sul ricorso proposto da Grafiche Parole Nuove s.r.l. contro D.R.E. Lombardia, iscritte ai nn. 104 e 433 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 12 e 40, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 13 marzo 2003 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Genova, con ordinanza emessa in data 8 gennaio 2002, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 211, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, nella legge 28 maggio 1997, n. 140, nella parte in cui obbliga i sostituti di imposta per i redditi di lavoro dipendente al versamento di un importo percentuale sull’ammontare complessivo dei trattamenti di fine rapporto di cui all’art. 2120 cod. civ. maturati al 31 dicembre del 1996 e del 1997 a titolo di acconto delle imposte dovute su tali trattamenti dai dipendenti;
che, a parere del remittente, con riferimento al primo parametro, si determinerebbe una discriminazione tra sostituti di imposta, solo alcuni dei quali sarebbero chiamati ad effettuare una ritenuta a titolo di acconto in un momento ben anteriore a quando si verifica la manifestazione di ricchezza tassabile (e cioè l’erogazione del trattamento al dipendente);
che inoltre, con riguardo al secondo dei precetti costituzionali evocati, la norma determinerebbe una tassazione reale di oneri virtuali, concretandosi in una imposizione del tutto svincolata dalla capacità contributiva, della quale non potrebbero in alcun modo considerarsi come manifestazioni il numero, il livello retributivo e l’anzianità dei dipendenti ai quali è collegato l’accantonamento del T.F.R.;
che è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di manifesta infondatezza della questione;
che la Commissione tributaria provinciale di Milano, con ordinanza emessa il 7 giugno 2001, ha sollevato, in riferimento ai medesimi parametri, identica questione di legittimità costituzionale, svolgendo analoghe considerazioni circa l’assoluta mancanza di manifestazioni di capacità contributiva ed argomentando nel senso di una vera e propria forma di prelievo fiscale, volta a far gravare sugli imprenditori la parziale copertura di un costo pubblico;
che anche in tale giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo nel medesimo senso.
Considerato che le due ordinanze pongono la medesima questione in riferimento agli stessi parametri costituzionali e che pertanto i relativi giudizi debbono essere riuniti;
che questa Corte ha già dichiarato non fondata identica questione di legittimità costituzionale, sollevata in riferimento alle stesse norme della Costituzione, con la sentenza n. 155 del 2001 – peraltro non considerata dalle remittenti Commissioni – che ha esaminato i medesimi profili ed argomentazioni del tutto analoghe;
che non sono stati adotti motivi nuovi o sostanzialmente diversi, né prospettate ragioni ulteriori che possano indurre la Corte a modificare il convincimento espresso nella citata decisione e ribadito nella successiva ordinanza n. 125 del 2002.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 211, della legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), come sostituito dall’art. 2, comma 1, del decreto-legge 28 marzo 1997, n. 79 (Misure urgenti per il riequilibrio della finanza pubblica), convertito, con modificazioni, in legge 28 maggio 1997, n. 140, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalle Commissioni tributarie provinciali di Genova e di Milano con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 maggio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente e Redattore
Depositata in Cancelleria il 9 maggio 2003.