SENTENZA N.125
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
- Alfio FINOCCHIARO
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59) nonché degli artt. 1, commi 1 e 2, e 3, comma 1 lettera g), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), promosso con ordinanza del 18 aprile 2002 dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise sul ricorso proposto dalla Confsal ed altro contro il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ed altri, iscritta al n. 335 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 15 gennaio 2003 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto in fatto
1. ― Nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’annullamento di una serie di provvedimenti con i quali la Presidenza del Consiglio dei ministri aveva autorizzato la Regione Molise ad esercitare funzioni e compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro ed il Ministero del lavoro e della previdenza sociale aveva autorizzato soggetti privati ad esercitare nella Regione Molise attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, il Tribunale amministrativo regionale per il Molise, con ordinanza del 18 aprile 2002, ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt.1, 2 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59) nonché degli artt. 1, commi 1 e 2, e 3, comma 1 lett. g), (recte : anche art. 4, comma 4, lett. c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), in riferimento agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione.
2. ― Il giudice rimettente premette che i provvedimenti impugnati costituiscono attuazione delle disposizioni censurate, sicchι la soluzione delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 del d.lgs. n. 469 del 1997, ovvero degli artt. 1, commi 1 e 2, e 3, comma 1 lett. g), della legge n. 59 del 1997 "è determinante" ai fini della risoluzione del giudizio principale.
3. 1. ― Nel merito, il Tar per il Molise ritiene che gli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 469 del 1997, nella parte in cui conferiscono a regioni ed enti locali funzioni e compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro, violerebbero gli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, in quanto la legge n. 59 del 1997 (in specie l'art. 4, comma 4, lettera c) non avrebbe conferito al Governo la delega su tale specifico oggetto. Secondo il giudice rimettente, infatti, la materia del collocamento non rientrerebbe propriamente né in quella della "cooperazione nei settori produttivi" né in quella del "sostegno all'occupazione", definite dall'art. 4, comma 4, lettera c), della legge delega n. 59 del 1997, essendo tali espressioni volte ad indicare le attività attraverso cui lo Stato e gli altri enti pubblici intervengono a prestare aiuto e/o a facilitare l'affermazione e lo sviluppo delle imprese private ed a mantenere e potenziare la forza lavoro occupata nelle imprese stesse, laddove invece la materia del collocamento "attiene all'impiego della forza lavoro non occupata secondo criteri di equità sociale e di efficienza economica".
Il Tar sostiene, inoltre, che qualora si ritenesse che il Governo abbia tratto la facoltà di disciplinare le funzioni e i compiti in materia di mercato del lavoro dalla delega "onnicomprensiva" conferitagli in forza dell'art. 1, commi 1 e 2, della legge delega n. 59 del 1997, "sarebbero queste ultime disposizioni ad incorrere nel vizio di sospetta incostituzionalità, troppo ampio, indifferenziato e generico essendo l'oggetto della delega".
3.2. ― Anche l'art. 10 del d.lgs. n. 469 del 1997, ad avviso del giudice a quo, recherebbe vulnus agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui prevede che possa essere affidata a soggetti privati l'attività di mediazione fra domanda ed offerta di lavoro, in contrasto con quanto stabilito dalla legge di delegazione n. 59 del 1997. Quest'ultima, infatti, ad avviso del Tar, nella parte in cui, all'art. 3, comma 1, lettera g, prevedeva che il Governo individuasse, con i decreti legislativi di cui all'art. 1, "le modalità e le condizioni per il conferimento a idonee strutture organizzative di funzioni e compiti che non richiedano, per loro natura, l’esercizio esclusivo da parte delle regioni e degli enti locali" non avrebbe attribuito al Governo il potere di autorizzare soggetti privati a svolgere attività di intermediazione sul mercato del lavoro, sia perché dette attività di intermediazione, "per la loro intrinseca natura, non competono istituzionalmente o, almeno, tradizionalmente ai privati, sia perché le <<idonee strutture organizzative>> contemplate dalla legge delega sono da individuarsi in soggetti ulteriori rispetto alle Regioni ed agli Enti locali, ma pur sempre facenti capo alla Pubblica Amministrazione".
Il giudice rimettente, poi, sostiene che, qualora si ritenesse che l’art. 3, comma 1, lettera g), della legge n. 59 del 1997, abbia attribuito al Governo il potere di definire le modalità e le condizioni per autorizzare soggetti privati a svolgere attività di intermediazione sul mercato del lavoro, "dovrebbe concludersi per l’illegittimità costituzionale del medesimo art. 3, comma primo, lettera g), in quanto quest’ultimo avrebbe accordato tale potere al Governo "senza adeguatamente specificare i principi ed i criteri cui attenersi in riferimento al tipo delle <<strutture organizzative>> abilitate all’esercizio delle funzioni ordinariamente esercitate dalle Regioni e dagli enti locali ed alla natura delle stesse".
4. ― Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto nel giudizio, chiedendo il rigetto della questione e, in subordine, la restituzione degli atti al giudice a quo per una nuova valutazione delle questioni sollevate, in relazione al mutato quadro costituzionale derivante dalla legge costituzionale n. 3 del 2001.
La difesa erariale deduce che, quanto alla materia del collocamento, l’oggetto della delega sarebbe tutto disciplinato dall’art. 1 della legge n. 59 del 1997, nella parte in cui dispone il conferimento alle regioni ed agli enti locali di "tutte le funzioni e i compiti amministrativi localizzati nei rispettivi territori in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici", con esclusione, in materia di lavoro, della sola vigilanza (art. 1, comma 3, lettera r) e con l’attribuzione specifica al Governo del compito di ridefinire i principi in tema di sostegno all’occupazione, relativi a tutte le disposizioni inerenti alle politiche attive del lavoro "fra le quali non solo non è ultima, ma è probabilmente primaria, quella della mediazione fra offerta e domanda di lavoro". Né potrebbe ritenersi generica la delega contenuta nella legge n. 59 del 1997, "attesa la chiara significazione della necessità della sostituzione delle articolazioni periferiche dello Stato come enti locali e territoriali" ed essendo comunque la delega comprensiva di tutti i criteri per la richiamata sostituzione.
Infondata sarebbe poi – ad avviso della difesa erariale – anche la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell’art. 10 del d.lgs. n. 469 del 1997, dovendosi ritenere implicita nella delega relativa all’individuazione delle modalità di conferimento della funzione di mediazione fra domanda e offerta di lavoro anche l’individuazione dei soggetti titolari del procedimento.
Considerato in diritto
1. — Il giudizio di legittimità costituzionale, sollevato dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise con l'ordinanza in epigrafe, ha ad oggetto gli artt. 1, 2 e 10 del d. lgs. 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n. 59), nonché gli artt. 1, commi 1 e 2, e 3, comma 1 lett. g) (recte: anche art. 4, comma 4, lett. c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), in riferimento agli 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione.
Secondo il giudice rimettente, gli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 469 del 1997 violerebbero i predetti parametri costituzionali nella parte in cui conferiscono a regioni ed enti locali funzioni e compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro, senza che ciò costituisca oggetto specifico di delega nella legge n. 59 del 1997. Anche l'art. 10 del medesimo decreto legislativo, ad avviso del giudice a quo, violerebbe gli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui affida a soggetti privati funzioni di intermediazione nel collocamento del lavoro, in assenza di una precisa delega nella stessa legge n. 59 del 1997. Infine, secondo il rimettente, qualora si ritenesse insussistente il prospettato vizio di eccesso di delega, allora sarebbe la "delega onnicomprensiva" configurata dall'art. 1, commi 1 e 2, e dall'art. 3, comma 1 lett. g), nonché dall'art. 4, comma 4 lett. c) della medesima legge n. 59 del 1997 "ad incorrere nel vizio di sospetta incostituzionalità, troppo ampio, indifferenziato e generico essendo l'oggetto della delega".
2. ― Le questioni non sono fondate.
Il sindacato di costituzionalità sulla delega legislativa postula, secondo la costante giurisprudenza sull'art. 76 della Costituzione, che il giudizio di conformità della norma delegata alla norma delegante si esplichi attraverso il confronto tra due processi ermeneutici paralleli: l'uno relativo alle norme che determinano l'oggetto, i principi ed i criteri direttivi indicati dalla delega, tenendo conto del complessivo contesto di norme in cui si collocano e delle ragioni e finalità poste a fondamento della legge di delegazione; l'altro relativo alle norme poste dal legislatore delegato (sentenze n. 425 e n. 163 del 2000). In particolare, va osservato che i principi stabiliti dal legislatore delegante valgono non solo come fondamento e limite delle norme delegate, ma anche come "criterio per la loro interpretazione, in quanto esse vanno lette, finché possibile, nel significato compatibile con i principi della legge di delega" (sentenza n. 15 del 1999).
Nel contesto di questo orientamento, questa Corte ha avuto modo di specificare che nella legge n. 59 del 1997 il legislatore delegante aveva seguito, nella individuazione delle funzioni da delegare, un criterio innovativo, in quanto "anziché individuare nominatim gli ambiti materiali cui attengono le funzioni da conferire, si procede [...] alla elencazione delle materie e dei compiti esclusi "(sentenza n. 408 del 1998). Non si può però dire che in questo modo l'oggetto della delega resta indeterminato, poiché esso viene delimitato "sia in negativo, attraverso la identificazione delle materie escluse e dei compiti da eccettuare dal decentramento, sia in positivo, attraverso i criteri del riferimento agli interessi e alla promozione dello sviluppo delle comunità regionali e locali" (sentenza n. 408 del 1998).
Alla luce di questo principio enunciato dalla giurisprudenza costituzionale si può dunque ritenere, nella fattispecie in esame, che le norme censurate degli artt. 1 e 2 del d.lgs. n. 469 del 1997, le quali conferiscono a regioni ed enti locali funzioni e compiti relativi al collocamento ed alle politiche attive del lavoro, rientrino nell'oggetto della delega conferita dalla citata legge n. 59 del 1997. Ed infatti, da un lato, l'art. 4, comma 4 lett. c), della medesima legge espressamente prevede la ridefinizione, il riordino e la razionalizzazione in materia, tra l'altro, di "sostegno all'occupazione", riferendosi in questo modo a tutte le discipline che concernono le politiche attive del lavoro, tra le quali non può non essere compresa anche quella relativa alla mediazione tra domanda ed offerta di lavoro. Dall'altro lato, l'art. 1, comma 2, della stessa legge conferisce alle regioni ed agli enti locali tutte le funzioni ed i compiti amministrativi, localizzabili nei rispettivi territori, esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrali o periferici -come appunto, nella materia de qua, avveniva al momento di approvazione della delega legislativa- restando esclusi dal conferimento, nell'ambito del settore del lavoro, soltanto i compiti relativi alla "vigilanza in materia di lavoro e cooperazione" (cfr. art. 1, comma 3 lett. r)).
Nella specie non sono quindi configurabili forme di eccesso di delega, giacché le disposizioni in esame appaiono compatibili con l’oggetto della delega, quale risulta delimitato sia "in positivo", sia "in negativo". Del resto, questa conclusione può essere avvalorata dalla constatazione che la disciplina introdotta dal decreto legislativo n. 469 non contraddice l’interpretazione di questa Corte, secondo cui la ratio della delega in materia consiste nell'esigenza di superare la dissociazione tra le funzioni relative al collocamento e alle politiche attive del lavoro -di spettanza statale- e le funzioni in materia di formazione del lavoro -di competenza regionale- (sentenza n. 74 del 2001).
2.1. ― Nella stessa ottica, neppure θ lesivo degli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione l'art. 10 del d.lgs. n. 469 del 1997, che prevede che l'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro possa essere affidata, previa autorizzazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale, anche a soggetti privati. Ed invero, alla luce dei principi e criteri direttivi contenuti nella citata legge n. 59 del 1997, la delega ad individuare "le modalità e le condizioni" per il conferimento, disposto dall'art. 3, comma 1 lett. g), della legge, a "idonee strutture organizzative di funzioni e compiti che non richiedano, per la loro natura, l'esercizio esclusivo da parte delle regioni ed enti locali" consente al legislatore delegato di disciplinare gli aspetti strutturali e funzionali del relativo procedimento, prevedendo anche forme di autorizzazione ministeriale, nonché stabilendo le categorie dei titolari dell'attività di mediazione tra domanda ed offerta di lavoro, i quali possono essere anche soggetti privati, che possiedano determinati requisiti di tipo imprenditoriale ed economico.
Non sussiste, pertanto, nella specie, l'ipotizzata violazione degli indicati parametri costituzionali.
3. ― Esclusa la configurabilitΰ dei denunciati vizi di eccesso di delega del d.lgs. n. 469 del 1997, neppure sussiste l'illegittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, e 3, comma 1 lett. g), nonché dell'art. 4, comma 4 lett. c), della legge delega n. 59 del 1997, prospettata sotto il profilo della genericità dell'oggetto e della insufficiente definizione dei principi e criteri direttivi.
In proposito, basta qui ricordare che questa Corte, proprio in relazione alla citata legge n. 59 del 1997, ha specificato che il riferimento a "clausole generali", come quelle relative agli interessi e alla promozione dello sviluppo delle comunità regionali e locali, o quelle relative alla localizzabilità delle funzioni nei rispettivi territori, accompagnate dall'indicazione di principi, quali quelli di sussidiarietà, completezza, efficienza ed economicità, responsabilità ed unicità dell'amministrazione, omogeneità, adeguatezza, differenziazione, appare sufficiente a delimitare l'area della delega, in coerenza con un disegno di decentramento e di allocazione dei compiti amministrativi tra i diversi livelli territoriali di governo (sentenze n. 159 del 2001 e n. 408 del 1998).
La questione di costituzionalità sollevata non è pertanto fondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 2 e 10 del decreto legislativo 23 dicembre 1997, n. 469 (Conferimento alle regioni e agli enti locali di funzioni e compiti in materia di mercato del lavoro, a norma dell'art. 1 della legge 15 marzo 1997, n, 59) sollevata, in riferimento agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per il Molise con l'ordinanza indicata in epigrafe;
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, commi 1 e 2, dell'art. 3, comma 1 lett. g), e 4, comma 4, lett. c), della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed agli enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa) sollevata, in riferimento agli artt. 70, 76 e 77, primo comma, della Costituzione, dal medesimo Tribunale Amministrativo Regionale per il Molise con la stessa ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 16 aprile 2003.