SENTENZA N.115
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
- Paolo MADDALENA "
- Alfio FINOCCHIARO "
ha pronunciato la seguente
SENTENZAnel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia 26 aprile 1990, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 gennaio 1986, n. 1 “Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della Regione Lombardia”), promosso con ordinanza del 13 maggio 2002 dal Consiglio di Stato – sezione quinta giurisdizionale, sul ricorso proposto dall’Azienda sanitaria USSL n. 1 di Varese contro Barisi Silvana, iscritta al n. 377 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell'anno 2002.
Visto l’atto di costituzione del Commissario liquidatore della soppressa Azienda sanitaria USSL n. 1 di Varese;
udito nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2003 il Giudice relatore Paolo Maddalena;
udito l’avv. Andrea Manzi per il Commissario liquidatore della soppressa Azienda sanitaria USSL n. 1 di Varese.
Ritenuto in fatto
1. ¾ Con ordinanza del 13 marzo 2002, il Consiglio di Stato – sezione quinta giurisdizionale, in sede di appello proposto dall’Azienda sanitaria USSL n. 1 di Varese per l’annullamento della sentenza emessa dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia n. 960 del 13 luglio 1995, ha sollevato, in riferimento all’art. 36 della Costituzione e al principio di ragionevolezza (evocato solo in motivazione e non anche nel dispositivo), questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia 26 aprile 1990, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 gennaio 1986, n. 1 “Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della Regione Lombardia”).
2. ¾ Con l’appellata sentenza, il Tribunale amministrativo regionale della Lombardia aveva accolto il ricorso di una dipendente della USSL n. 1 di Varese e, ritenendo di poter dare all’art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia n. 25 del 1990 una lettura conforme all’art. 36 della Costituzione, aveva riconosciuto alla medesima le maggiori spettanze economiche per aver svolto, dal 7 giugno 1982 al 16 agosto 1992, le mansioni di responsabile del servizio di assistenza sociale, superiori a quelle di assistente sociale coordinatore, proprie della sua qualifica di appartenenza.
3. ¾ Il Consiglio di Stato, non condividendo l’iter argomentativo del giudice di prime cure, ha ritenuto che la dizione letterale del citato art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia n. 25 del 1990, contrasti con quanto dispone l’art. 36 della Costituzione, a proposito della corrispondenza della retribuzione alla quantità e qualità del servizio prestato (principio di proporzionalità), nonché con il principio di ragionevolezza.
4. ¾ Si è costituito il Commissario liquidatore della cessata Azienda sanitaria USSL n. 1 di Varese, il quale ha ritenuto la piena legittimità costituzionale della disposizione censurata.
Il Commissario liquidatore, nel ricostruire le ragioni ispiratrici della norma in questione, ha evidenziato, in primo luogo, il carattere “eccezionale e transitorio” della disposizione medesima, destinata ad esaurirsi con l’espletamento dei concorsi per la copertura in via definitiva dei posti apicali vacanti in pianta organica. Ha osservato, inoltre, che il mantenimento, al personale temporaneamente affidatario delle funzioni apicali, del “trattamento economico di cui è titolare” non si pone in contrasto con l’art. 36 della Costituzione. Si tratta, infatti, di personale non appartenente a quei profili professionali, indicati nel medesimo art. 24 della legge della Regione Lombardia n. 25 del 1990, necessari a svolgere la funzione apicale di responsabile del servizio (e cioè di psicologo, sociologo, direttore amministrativo di USSL, dirigente di primo e secondo livello di enti pubblici locali). Pertanto la “qualità” del lavoro prestato in via temporanea dal menzionato personale è evidentemente inferiore alla “qualità” del lavoro di chi detti profili professionali invece ricopre; da ciò la giustificazione del mantenimento dell’inferiore trattamento stipendiale in godimento.
Considerato in diritto
1. ¾ Il giudice remittente ritiene che l’art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia 26 aprile 1990, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 gennaio 1986, n. 1 “Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della Regione Lombardia”) confligga con l’art. 36 della Costituzione, nella parte in cui prevede, nei confronti dell’assistente sociale coordinatore che abbia svolto le mansioni di dirigente responsabile del servizio di assistenza sociale, l’attribuzione soltanto del trattamento economico spettante per la qualifica di appartenenza e delle indennità connesse all’esercizio delle mansioni concernenti la qualifica superiore, e non anche del trattamento fondamentale corrispondente a tale ultima qualifica.
Ritiene, inoltre, che la disposizione in esame contrasti con il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.), in quanto il legislatore regionale ha, nella specie, individuato i presupposti per il legittimo espletamento delle mansioni superiori, negando, però, il corrispondente trattamento economico.
2. ¾ La questione non è fondata.
Questa Corte ha avuto occasione di affermare che il principio di proporzionalità della retribuzione, di cui all’art. 36 della Costituzione, richiede che “il temporaneo svolgimento delle mansioni superiori sia sempre aggiuntivamente compensato rispetto alla retribuzione della qualifica di appartenenza (sentenze n. 101 del 1995, n. 296 del 1990 e n. 57 del 1989), ma non impone la piena corrispondenza al complessivo trattamento economico di chi sia titolare di quelle funzioni appartenendo ad un ruolo diverso ed essendo stata oggettivamente accertata con apposita selezione concorsuale la maggiore qualificazione professionale, significativa di una più elevata qualità del lavoro prestato” (sentenza n. 273 del 1997). In altri termini, lo svolgimento di mansioni superiori non implica l’automatica applicazione del corrispondente trattamento economico, ben potendo essere non pienamente omogenee le prestazioni lavorative effettuate.
3. ¾ Alla luce del predetto indirizzo giurisprudenziale, deve ritenersi che correttamente l’art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia n. 25, del 1990, ha riconosciuto ai soggetti, che, pur appartenendo ad altra qualifica, svolgono temporaneamente funzioni apicali, un trattamento complessivamente inferiore a quello previsto per gli appartenenti alla qualifica superiore che svolgono tali funzioni.
Infatti, come si è visto, lo svolgimento temporaneo di mansioni superiori non comporta che non possa essere considerata la specifica professionalità corrispondente al diverso livello di qualificazione del personale, accertato con le procedure previste. Tanto più se si consideri che, sulla base del chiaro tenore del censurato art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia n. 25 del 1990, per il personale temporaneamente affidatario delle funzioni apicali, non era prevista l’appartenenza ai profili professionali indicati nello stesso art. 24 per poter svolgere la funzione di responsabile del servizio (e cioè il profilo di psicologo, sociologo, direttore amministrativo di USSL, dirigente di primo e secondo livello di enti pubblici locali).
D’altro canto, l’articolo della legge regionale in esame ha riconosciuto il diritto ad un compenso aggiuntivo, costituito dalle indennità accessorie spettanti per l’esercizio di funzioni dirigenziali, garantendo così, almeno nel minimo essenziale, l’attuazione del principio di proporzionalità tra retribuzione e qualità del lavoro prestato.
4. ¾ Non può, pertanto, ritenersi che la norma in questione confligga con l’art. 36 della Costituzione e neppure che sia irragionevole ai sensi dell’art. 3 della Costituzione.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 24, comma 3, della legge della Regione Lombardia 26 aprile 1990, n. 25 (Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 7 gennaio 1986, n. 1 “Riorganizzazione e programmazione dei servizi socio-assistenziali della Regione Lombardia”), sollevata in riferimento agli artt. 36 e 3 della Costituzione, dal Consiglio di Stato – sezione quinta giurisdizionale, con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 marzo 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Paolo MADDALENA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2003.