ORDINANZA N. 5
ANNO 2003
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Riccardo CHIEPPA, Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
- Ugo DE SIERVO
- Romano VACCARELLA
- Paolo MADDALENA
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 18 giugno 1998 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti dei magistrati Gherardo Colombo e Ilda Boccassini, promosso dalla Corte d’Appello di Brescia con ricorso depositato il 15 marzo 2002 ed iscritto al n. 214 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che la Corte d'appello di Brescia, con ordinanza del 24-25 gennaio 2002, depositata presso la cancelleria di questa Corte il 15 marzo 2002, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla delibera, da quest'ultima adottata nella seduta del 18 giugno 1998, che ha stabilito che le dichiarazioni pronunciate dal deputato Vittorio Sgarbi nel corso della trasmissione televisiva "Sgarbi quotidiani" nei riguardi di Ilda Boccassini e Gherardo Colombo, magistrati in servizio presso la Procura della Repubblica di Milano, costituiscono opinioni espresse nell'esercizio delle funzioni parlamentari e sono, in quanto tali, insindacabili a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che la ricorrente premette che nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi è in corso un procedimento penale per il reato di diffamazione aggravata e continuata in danno dei magistrati Ilda Boccassini e Gherardo Colombo per le dichiarazioni rese nel corso di una trasmissione televisiva;
che, ad avviso della ricorrente, dalla deliberazione di insindacabilità della Camera dei deputati consegue un’illegittima interferenza nella sfera di attribuzioni dell’autorità giudiziaria, con effetto inibitorio della prosecuzione del giudizio, potendo il giudice solo sollevare conflitto di attribuzione, al fine di verificare se sussistano i presupposti richiesti dall’art. 68, primo comma, della Costituzione, e cioè la riferibilità alle funzioni parlamentari della condotta ascritta al deputato Vittorio Sgarbi;
che, secondo la Corte d’appello, nella condotta contestata al deputato Sgarbi come diffamatoria mancherebbe un collegamento funzionale con la sua attività parlamentare, in quanto consistente in frasi "pronunciate al di fuori di un dibattito o di un comizio politico, nel corso di una trasmissione televisiva" condotta dallo stesso deputato in virtù di "un contratto privatistico" e "risultate altresì prive di connessione con atti tipici delle funzioni parlamentari (…)".
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esiste "la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza", restando impregiudicata ogni ulteriore decisione, anche relativamente all'ammissibilità;
che, relativamente al requisito soggettivo, la Corte d'appello è legittimata a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente, per il procedimento del quale è investita, la volontà del potere cui appartiene, in posizione di piena indipendenza garantita dalla Costituzione (ex plurimis, ordinanza n. 379 del 2002);
che la Camera dei deputati è parimenti legittimata ad essere parte del conflitto, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta in ordine all’applicabilità ai suoi componenti dell’art.68, primo comma, della Costituzione (tra le più recenti, ordinanza n. 414 del 2002);
che, sotto il profilo oggettivo, sussiste la materia del conflitto, poiché la Corte d'appello denuncia che la propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, sarebbe stata illegittimamente menomata dalla suindicata deliberazione della Camera dei deputati;
che, infine, dal ricorso si ricavano le "ragioni del conflitto" e "le norme costituzionali che regolano la materia", come stabilito dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Corte d'appello di Brescia, nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza alla Corte d'appello di Brescia, ricorrente;
b) che, a cura della ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 2003.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 15 gennaio 2003.