ORDINANZA N.534
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Riccardo CHIEPPA Presidente
- Gustavo ZAGREBELSKY Giudice
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
– Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 1° marzo 2001 relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dall'on. Filippo Mancuso nei confronti del dott. Marcello Torregrossa, promosso dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, con ricorso depositato il 5 ottobre 2001 e iscritto al n. 200 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 6 novembre 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che, con atto depositato il 5 ottobre 2001, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, nel corso di un procedimento penale a carico del deputato Filippo Mancuso – imputato del reato di diffamazione aggravata per avere offeso, nel corso di una trasmissione televisiva, la reputazione del dott. Marcello Torregrossa, all'epoca dei fatti (7 dicembre 1996) Procuratore generale della Repubblica presso la Corte d'appello di Brescia -, ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla delibera, adottata nella seduta del 1° marzo 2001 (documento IV-quater, n. 177), con la quale l'Assemblea, approvando la proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha dichiarato che il fatto per il quale è in corso il procedimento penale concerne opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilità ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;
che il ricorrente osserva che la Giunta per le autorizzazioni a procedere – la cui proposta è stata recepita dall'Assemblea – avrebbe ravvisato la possibilità di ascrivere le dichiarazioni dell'on. Mancuso all'esercizio del mandato parlamentare in ragione di due concorrenti motivi: (a) in quanto si sarebbe trattato di una critica circa la legittimità dell'operato di un magistrato, espressa sul piano tecnico-giuridico, che il deputato Mancuso, già ministro Guardasigilli, aveva mosso in qualità di parlamentare interessato alle tematiche della giustizia, e (b) in quanto tali dichiarazioni sarebbero state rese in un contesto politico-parlamentare, poiché gli argomenti discussi nel corso della trasmissione televisiva – il rapporto tra politica e magistratura e i relativi protagonisti – avevano costituito oggetto di un dibattito allargato, con la partecipazione di giornalisti, politici, magistrati e cittadini, con l'intervento anche di altri parlamentari;
che, dopo aver ritenuto che la dichiarazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un membro del Parlamento, resa dall'Assemblea, non consente la prosecuzione del giudizio comune, salva la facoltà per il giudice di sollevare conflitto di attribuzione dinanzi alla Corte costituzionale ove ritenga contestabili le concrete modalità di esercizio del potere del Parlamento, e dopo aver altresì osservato come, alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale circa i presupposti di applicabilità della prerogativa dell'insindacabilità, quest'ultima non si estenda a tutti i comportamenti di chi sia membro delle Camere, ma solo a quelli – eventualmente di carattere divulgativo – legati da un «nesso funzionale» con atti tipici della funzione parlamentare, il ricorrente afferma che nel caso di specie, concernente le dichiarazioni rese dall'on. Mancuso, tale criterio di collegamento farebbe difetto, in quanto «non è possibile rintracciare una connessione con atti tipici della funzione [...] né risulta possibile individuare un intento divulgativo di una scelta o di un'attività politico-parlamentare», trattandosi di «mere asserzioni apodittiche, non corredate da motivazione, effettuate nel corso di un dibattito televisivo in un contesto che non può essere definito come parlamentare», non apparendo decisiva sotto quest'ultimo profilo la semplice partecipazione di alcuni parlamentari al dibattito televisivo;
che, pertanto, il ricorrente promuove il giudizio per conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, versandosi «in materia di correttezza dell'esercizio del potere conferito alla Camera dall'art. 68, primo comma, della Costituzione, con riferimento alla lesione di attribuzioni giurisdizionali costituzionalmente previste e garantite ex artt. 102 e seguenti della Costituzione».
Considerato che in questa fase la Corte è chiamata, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, a deliberare, senza contraddittorio, se il ricorso sia ammissibile in quanto esiste la materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivi e oggettivi indicati nel primo comma dello stesso art. 37, restando impregiudicata ogni decisione definitiva, anche relativamente all'ammissibilità;
che, sotto l'aspetto soggettivo, il Giudice per le indagini preliminari è legittimato a sollevare conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, quale organo competente a dichiarare definitivamente – nel procedimento del quale è investito – la volontà del potere cui appartiene, in ragione dell'esercizio delle funzioni giurisdizionali svolte in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita (da ultimo, ordinanze n. 414 e n. 84 del 2002);
che, parimenti, la Camera dei deputati, che ha adottato la deliberazione di insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro, è legittimata a essere parte del conflitto costituzionale, essendo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che essa impersona, in relazione all'applicabilità della prerogativa dell'insindacabilità (da ultimo, ordinanza n. 253 del 2002);
che, sotto l'aspetto oggettivo del conflitto, il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano lamenta la lesione della propria sfera di attribuzioni, costituzionalmente garantita, in conseguenza dell'esercizio – ritenuto illegittimo perché non corrispondente ai criteri che la Costituzione stabilisce, come sviluppati dalla giurisprudenza di questa Corte – del potere, spettante alla Camera, di dichiarare l'insindacabilità delle opinioni espresse da un proprio membro;
che, pertanto, esiste la materia di un conflitto costituzionale di attribuzione, la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, a norma dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano nei confronti della Camera dei deputati, con l'atto indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria della Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza al Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Milano, ricorrente;
b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati alla Camera dei deputati, in persona del suo Presidente, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 dicembre 2002.
Riccardo CHIEPPA, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 20 dicembre 2002.