SENTENZA N.496
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
– Paolo MADDALENA "
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 103, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), e dell’art. 7, ottavo comma, lettera g), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), promossi con quattro ordinanze emesse il 26 novembre 2001 dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, rispettivamente iscritte ai nn. 135, 136, 137 e 138 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 14, prima serie speciale, dell’anno 2002.
Udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto in fatto
1. – Il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, con ordinanza del 26 novembre 2001 (R.O. n. 135 del 2002), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 103, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), e 7, [ottavo comma], lettera g), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione.
2. – L’ordinanza è stata emessa nell’ambito di un giudizio promosso da una ricercatrice universitaria confermata contro l’Università degli studi di Firenze, in relazione a un provvedimento dell’amministrazione universitaria che ha rideterminato, riducendola, l’anzianità di servizio della ricorrente, eliminando dal relativo calcolo il periodo prestato quale lettrice a contratto a norma dell’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980.
3. – Secondo quanto risulta dall’esposizione in fatto dell’ordinanza di rimessione, la ricorrente ha impugnato un decreto del rettore dell’Università di Firenze del 6 marzo 1990 che, modificando in senso peggiorativo un precedente decreto del 10 novembre 1984, ha "ridotto" l’anzianità della ricorrente, ricercatrice universitaria confermata, limitando il riconoscimento del periodo utile di servizio prestato quale lettrice a contratto a quello svolto prima del 1° novembre 1980, ed escludendo viceversa il riconoscimento del servizio successivamente prestato quale lettrice a contratto assunta secondo la disciplina dell’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980, e ciò essenzialmente in base agli argomenti (a) della mancata previsione di quest’ultima categoria di personale, istituita con il citato d.P.R., nell’elencazione di cui all’art. 7 della legge n. 28 del 1980, elencazione alla quale la norma dell’art. 103, terzo comma, del medesimo d.P.R. – che stabilisce appunto il riconoscimento di attività pregresse (per intero, ai fini del trattamento previdenziale e di quiescenza; per i due terzi ai fini della carriera) – fa rinvio, e (b) del differente regime dei contratti di natura privatistica stipulati ex art. 28 del d.P.R. n. 382 rispetto a quello proprio delle figure di cui all’elenco contenuto nell’art. 7 della legge-delega, ciò che non rende possibile assimilare o equiparare gli uni agli altri.
La ricorrente – si espone ancora nell’ordinanza del TAR – censura questa conclusione: muovendo dalla premessa secondo cui non è contestato che le attività suscettibili di riconoscimento, a norma dell’art. 103 citato, possono essere indifferentemente svolte sia prima che dopo l’entrata in vigore del d.P.R. n. 382, cioè sia prima che dopo l’anno accademico iniziato il 1° novembre 1980, e che pertanto tutta l’attività svolta in una delle "figure" previste dall’art. 7 della legge delega n. 28 del 1980, fino all’immissione in ruolo quale ricercatrice confermata, sia utile ai fini del riconoscimento medesimo, la parte privata deduce che la giurisprudenza, costituzionale (sentenze n. 55 del 1989 e n. 284 del 1987) e ordinaria, avrebbe da tempo chiarito che i rapporti in questione, instaurati a norma dell’art. 28 del d.P.R. n. 382, si caratterizzano come rapporti di lavoro di tipo subordinato, secondo contenuti identici a quelli della disciplina anteriore, e che i lettori pertanto si qualificano sempre come dipendenti dell’Università, sia in regime pubblicistico sia in regime privatistico.
Ma appunto per questa sostanziale continuità di aspetti essenziali e caratterizzanti del servizio di lettorato, prima del 1980 e dopo il 1980, non sarebbe possibile né giustificato distinguere tra i servizi prestati in applicazione dell’una o dell’altra disciplina, come invece ha fatto l’amministrazione universitaria nel caso di specie: l’art. 7 della legge delega n. 28 del 1980 non avrebbe infatti potuto esemplificare, tra i servizi ammessi al riconoscimento, anche quello svolto negli anni successivi in applicazione del decreto presidenziale delegato emanato sulla base della legge stessa, ma ciò, ad avviso sempre della ricorrente, non ostacolerebbe, secondo una razionale interpretazione della disciplina complessiva, il pieno riconoscimento del servizio prestato quale lettrice, indipendentemente dal tempo e dalla base legislativa di esso; ove così non fosse, e dunque a voler seguire l’interpretazione dell’amministrazione resistente, la normativa in argomento si esporrebbe del resto – sempre secondo la prospettazione della parte – a censure di incostituzionalità in relazione al principio di uguaglianza, perché essa distinguerebbe arbitrariamente là dove è ravvisabile identità di rapporto, senza che possa influire in contrario la qualificazione necessariamente privatistica del rapporto istituito a partire dall’anno accademico 1980/1981, poiché anche in precedenza si poteva svolgere un servizio di "lettorato" secondo moduli di diritto privato.
4. – Premesso quanto sopra, il TAR rileva che la questione demandata al suo giudizio consiste nello stabilire se il servizio prestato quale lettore universitario in esecuzione di un contratto stipulato in base alla disciplina dell’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 sia suscettibile di riconoscimento, ai fini dell’anzianità complessiva nella qualifica di ricercatore confermato, secondo il disposto (a) dell’art. 103, terzo comma, del d.P.R. n. 382 del 1980, che così stabilisce: "Ai ricercatori universitari all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, è riconosciuta per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera l’attività effettivamente prestata nelle università in una delle figure previste dall’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28, nonché, a domanda, il periodo corrispondente alla frequenza dei corsi di dottorato di ricerca ai soli fini del trattamento di quiescenza e previdenza con onere a carico del richiedente", e (b), in connessione con la norma suddetta, dell’art. 7 della legge delega n. 28 del 1980, che, nel suo ottavo comma, lettera g), tra i soggetti ammessi al giudizio di idoneità per l’inquadramento nella fascia dei ricercatori confermati, individua i "lettori assunti con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di amministrazione dell’università, che abbiano svolto tale attività per almeno due anni".
Alla stregua del combinato disposto delle due anzidette disposizioni nonché alla luce di interventi "additivi e manipolativi" della Corte costituzionale, che hanno "modificato e precisato gli ambiti e i contorni della categoria enunciata dal ripetuto art. 7" (eliminando il requisito dell’anzianità biennale di servizio: sentenza n. 284 del 1987; e ricomprendendo nella categoria in questione i lettori incaricati secondo la precedente disciplina di cui all’art. 24 della legge 24 febbraio 1967, n. 62: sentenza n. 39 del 1989), ritiene il giudice rimettente che non sia possibile includere tra i servizi che possono essere riconosciuti ai fini della carriera e dell’anzianità, a norma dell’art. 103, quello di lettore di lingua straniera svolto a norma dell’art. 28 del d.P.R. n. 382.
La disposizione che consente il riconoscimento di pregresse attività, infatti, anche secondo la giurisprudenza amministrativa, si riferisce solo alle seguenti categorie di lettori: 1) quelli entrati in ruolo per pubblico concorso, a norma dell’art. 6 della legge 29 agosto 1941, n. 1058 (Istituzione di scuole, presso le Università e gli Istituti universitari, per l’insegnamento pratico delle lingue straniere moderne); 2) quelli nominati o incaricati a norma degli artt. 23 e 24 della legge 24 febbraio 1967, n. 62 (Istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di assistente universitario, e nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario e degli assistenti volontari); 3) quelli incaricati a norma dell’ottavo comma dell’art. unico del decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817 (Norme transitorie per il personale precario delle Università), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 febbraio 1979, n. 54. Categorie, quelle suddette, che – aggiunge il rimettente – sono disomogenee ma disciplinate da normative diverse e anteriori rispetto a quella, riguardante i lettori assunti con contratto di diritto privato, prevista nell’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 e, prima, nell’art. 6, commi sesto e settimo, della legge delega n. 28 del 1980.
Né sarebbe praticabile – aggiunge il TAR – un’interpretazione estensiva, tale da ricomprendere nell’ambito di applicazione dell’art. 103 in argomento anche i lettori assunti tramite contratto di diritto privato, poiché vi osta il carattere tassativo delle figure indicate dalla disposizione, affermato anche dalla giurisprudenza; e neppure si potrebbe accedere – secondo una prospettazione formulata dalla ricorrente nel giudizio di merito – a una applicazione analogica della disciplina concernente la categoria degli assistenti universitari, ai quali i lettori sono equiparati per espresso disposto legislativo.
5. – Escluso, dunque, che alla normativa possa attribuirsi un significato diverso da quello proprio del tenore letterale di essa, ne deriverebbe il rigetto del ricorso giurisdizionale, non potendosi ammettere il riconoscimento, ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e della carriera, del servizio prestato quale lettore ex art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980.
Ma di questa impossibilità il TAR si duole, accogliendo l’eccezione di incostituzionalità prospettata in via subordinata dalla parte, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione.
5.1. – Se, come detto – e come è incontestato, anche tra le parti del giudizio di merito –, i servizi pregressi valutabili in generale e per le altre categorie di dipendenti ai fini della carriera sono tutti quelli prestati in una delle figure considerate nella disposizione, sia prima che dopo l’anno accademico (1980/1981) a partire dal quale la disciplina del d.P.R. n. 382 del 1980 è stata messa in opera, fino all’inquadramento nella fascia dei ricercatori confermati, la limitazione del riconoscimento ai soli servizi di "lettorato" svolti prima del sistema apprestato dello stesso d.P.R. n. 382 risulta essere, secondo il TAR, una discriminazione non giustificata e contrastante con l’art. 3 della Costituzione, perché espressiva di un arbitrario utilizzo della discrezionalità che è da riconoscersi al legislatore in questa materia, in considerazione della identità di compiti e di prestazioni rese dai lettori, prima e dopo la riforma di cui al d.P.R. n. 382.
Osserva il TAR che si tratta infatti di un servizio avente "identiche caratteristiche sostanziali" e che l’unico elemento di differenziazione, costituito dal fatto che l’art. 28 in discorso non costituisce più, come avveniva in precedenza, un rapporto di pubblico impiego, ma prevede assunzioni regolate dal diritto privato, rappresenta una circostanza irrilevante e comunque inidonea a dare ragione della discriminazione ai fini che interessano, giacché, come è stato chiarito anche dall’interpretazione della giurisprudenza, i contratti di "lettorato" ex art. 28 appartengono alla categoria del lavoro subordinato e fondano – anche a seguito della sentenza n. 55 del 1989 della Corte costituzionale – un rapporto lavorativo essenzialmente a tempo indeterminato.
Inoltre, il TAR rileva che la disciplina dell’assunzione dei lettori in base al ripetuto art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 "riecheggia", salvo il dato formale del carattere privatistico del rapporto, quella contenuta nell’articolo unico del decreto-legge n. 817 del 1978, convertito dalla legge n. 54 del 1979, onde anche sotto questo profilo sussiste una sostanziale continuità tra le due figure all’interno della medesima categoria.
Infine, la connotazione privatistica che caratterizza la figura del lettore assunto in base all’art. 28 non può valere a escludere l’inserimento del lettore stesso nell’ambito dell’organizzazione universitaria, tanto meno nel quadro generale della privatizzazione dei rapporti di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, a norma del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421).
5.2. – Sotto altro aspetto, la normativa delegata, operando una individuazione riduttiva dei servizi di lettorato ammessi al riconoscimento ai fini della carriera di ricercatore confermato, attraverso il mero richiamo alle figure di cui all’art. 7, ottavo comma, della legge di delega n. 28 del 1980, appare al TAR in contrasto anche con l’art. 76 della Costituzione, poiché la norma delegante, cioè l’art. 12, primo comma, lettera i), della legge n. 28 del 1980, abilitava il legislatore delegato a "consentire, ai sensi delle leggi vigenti, il riconoscimento, ai fini del pensionamento, del trattamento di quiescenza e previdenza, e, in analogia con le norme generali sul pubblico impiego, eventualmente anche della carriera, dei periodi di servizio effettivamente prestato nelle università da coloro che sono inquadrati nei ruoli sulla base delle disposizioni della presente legge", cosicché, sotto questo ulteriore profilo, la norma dell’art. 103, terzo comma, sarebbe posta in violazione dell’indicato criterio direttivo della legge delega e dunque dell’art. 76 della Costituzione.
6. – Identiche questioni di legittimità costituzionale, riferite agli stessi parametri e argomentate secondo i medesimi profili, sono state sollevate dallo stesso TAR per la Toscana, con altre tre ordinanze (R.O. n. 136, n. 137 e n. 138 del 2002), tutte in data 26 novembre 2001, emesse nel corso di distinti giudizi concernenti il – mancato o denegato – riconoscimento del servizio di "lettorato" a contratto, ex art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980, nei confronti di ricercatori universitari confermati.
Considerato in diritto
1. – Con quattro ordinanze di analogo contenuto, il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana solleva questione di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 103, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), e dell’art. 7, ottavo comma, lettera g), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica). Ritiene il rimettente che la norma risultante da tali disposizioni si ponga in contrasto con gli artt. 3 e 76 della Costituzione.
Il terzo comma dell’art. 103 anzidetto stabilisce che "Ai ricercatori universitari all’atto della loro immissione nella fascia dei ricercatori confermati, è riconosciuta per intero ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e per i due terzi ai fini della carriera l’attività effettivamente prestata nelle università in una delle figure previste dall’art. 7 della legge 21 febbraio 1980, n. 28". Questa ultima disposizione, nell’indicare le categorie di personale universitario ammesse all’inquadramento nella fascia dei ricercatori confermati, alla lettera g) dell’ottavo comma, prevedeva (ai fini del predetto inquadramento) la categoria dei "lettori assunti con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di amministrazione dell’università".
Il giudice rimettente ritiene che i lettori assunti per contratto – secondo la norma dell’art. 28 del medesimo d.P.R. n. 382 del 1980, innovativa rispetto alla precedente disciplina [e ora abrogata dall’art. 4 del decreto-legge 21 aprile 1995, n. 120 (Disposizioni urgenti per il funzionamento delle università), convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 1995, n. 236, che ai lettori di lingue straniere ha sostituito i collaboratori ed esperti linguistici] – non rientrino nella previsione del suddetto art. 7 della legge n. 28 del 1980 e che pertanto l’attività lavorativa da questi prestata non possa essere riconosciuta ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza e della carriera, a norma dell’anzidetto art. 103, terzo comma, del d.P.R. n. 382. Poiché, peraltro, sempre ad avviso del giudice rimettente, l’attività dei lettori – per quanto prestata sulla base di diversi titoli di assunzione, prima e dopo il d.P.R. n. 382 – presenta identiche caratteristiche sostanziali, la diversa rilevanza che a essa sarebbe attribuita dall’art. 103 citato, a seconda che sia stata prestata prima o dopo il 1980, sarebbe irragionevole e si tradurrebbe in una discriminazione a danno dei soggetti che hanno operato in qualità di lettori successivamente a quella data. Da ciò, la violazione dell’art. 3 della Costituzione.
La norma denunciata, nell’interpretazione assunta dal rimettente, si porrebbe poi in contrasto con l’art. 76 della Costituzione, in quanto essa avrebbe disatteso il criterio direttivo contenuto nella legge delega [art. 12, primo comma, lettera i), della legge n. 28 del 1980] che indicava nel "servizio effettivamente prestato nelle università", senza limitazioni o specificazioni, il servizio riconoscibile, ai fini del pensionamento, del trattamento di quiescenza e previdenza e, in analogia con le norme generali sul pubblico impiego, eventualmente anche della carriera, a favore dei soggetti inquadrati nei ruoli previsti dalla legge stessa.
2. – I giudizi promossi con le quattro ordinanze del Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, riguardando la medesima questione di costituzionalità, possono riunirsi per essere decisi con la medesima pronuncia.
3. – La questione non è fondata.
Di due interpretazioni – l’una ipoteticamente contrastante e l’altra non contrastante con la Costituzione – il giudice rimettente adotta la prima, avendo erroneamente escluso la possibilità della seconda che, invece, risulta non solo possibile ma addirittura più ovvia dell’altra, già alla stregua dell’interpretazione della legge, senza necessità di far leva su principi costituzionali in vista di un’interpretazione adeguatrice.
L’art. 7, ottavo comma, lettera g), della legge n. 28 del 1980, nell’individuare la categoria dei lettori operanti nelle università, da ammettersi – previo giudizio di idoneità – all’inquadramento nel ruolo dei ricercatori confermati, utilizza una formula ("lettori assunti con pubblico concorso o a seguito di delibera nominativa del consiglio di amministrazione dell’Università") comprensiva di tutti i lettori precedentemente assunti secondo le ordinarie procedure dall’amministrazione universitaria. I lettori di lingue straniere sono stati previsti in un primo momento dall’art. 6 della legge 29 agosto 1941, n. 1058 (Istituzione di scuole, presso le Università e gli Istituti universitari, per l’insegnamento pratico delle lingue straniere moderne), come personale di ruolo assunto per concorso, secondo le norme che regolavano i concorsi per posti di aiuto e assistente nelle università; l’art. 6 della legge 18 marzo 1958, n. 349 (Norme sullo stato giuridico ed economico degli assistenti universitari), ha poi precisato che i lettori potevano essere addetti alle cattedre di lingue e letterature e godevano dello stesso stato giuridico ed economico e dello stesso sviluppo di carriera degli assistenti. Successivamente, l’art. 24 della legge 24 febbraio 1967, n. 62 (Istituzione di nuove cattedre universitarie, di nuovi posti di assistente universitario, e nuova disciplina degli incarichi di insegnamento universitario e degli assistenti volontari), ha previsto, in esecuzione di accordi culturali e in deroga alla disciplina allora vigente per la figura dell’assistente incaricato, la possibilità di conferire a cittadini stranieri incarichi annuali, rinnovabili negli anni successivi, in corrispondenza di posti di lettori di ruolo; l’incarico era conferito con decreto rettorale, previa deliberazione della facoltà, su proposta del professore ufficiale formulata scegliendo tra i soggetti designati dalle autorità del paese di origine. Con l’ottavo comma dell’articolo unico del decreto-legge 23 dicembre 1978, n. 817 (Norme transitorie per il personale precario delle Università), convertito, con modificazioni, dalla legge 19 febbraio 1979, n. 54, il conferimento degli incarichi ai lettori è stato sganciato dall’esecuzione di accordi di cooperazione culturale ed è stato fatto dipendere esclusivamente dal numero degli studenti iscritti ai diversi corsi, secondo il rapporto di un lettore per centocinquanta studenti (superandosi così il riferimento al ruolo); l’incarico, di durata annuale e rinnovabile per non più di cinque anni, era conferito dal Rettore dell’università, su proposta dei singoli consigli di facoltà.
A tutte queste categorie di lettori, come pacificamente riconosciuto, anche dal giudice rimettente, si riferisce la formula dell’art. 7, ottavo comma, lettera g), della legge n. 28 del 1980. Questa, peraltro, sempre ad avviso del rimettente, non potrebbe comprendere la categoria dei lettori assunti a norma dell’art. 28 del d.P.R. n. 382 e ciò, par di capire, per le seguenti due ragioni: (a) innanzitutto, perché l’art. 7, contenendo una normativa rivolta al riordinamento di situazioni di precariato venutesi a determinare in precedenza, non poteva riguardare una categoria di dipendenti dell’università prevista dalla legge stessa per l’avvenire; (b) inoltre, perché il nuovo regime giuridico del lettorato di lingue straniere, instaurato con il d.P.R. n. 382 e basato su un rapporto di diritto privato, non sarebbe qualitativamente assimilabile a quello in precedenza disciplinato dalle leggi sopra menzionate.
Nessuno dei due argomenti, tuttavia, è risolutivo.
E’ ovvio che il legislatore, essendo mosso da un intento razionalizzatore di situazioni venutesi a sedimentare nel passato e volendo consentire in condizioni di favore la trasformazione di pregressi rapporti di lettorato nello status di ricercatore confermato, abbia dettato norme solo per il riconoscimento, al momento del nuovo inquadramento, dei servizi prestati nello svolgimento di tali rapporti e non dei servizi da prestarsi secondo la disciplina a venire. Il legislatore di allora, dunque, nel dettare la normativa denunciata circa il riconoscimento dei servizi pregressi, non ha perciò certamente inteso fare riferimento a periodi successivi, che non erano nelle previsioni. Ma, altrettanto certamente, se non li ha espressamente inclusi, non li ha nemmeno esclusi, una volta che – come in effetti è avvenuto – l’attuazione della legge si è trascinata nel tempo, come nel caso dei ricorrenti di fronte al Tribunale amministrativo regionale rimettente i quali, in assenza di un’attuazione tempestiva della riforma, hanno continuato per vari anni, prima di ottenere l’immissione nel ruolo dei ricercatori confermati, a prestare servizio come lettori, a norma della nuova disciplina del 1980.
Il problema è allora di sapere se la norma formulata del legislatore, nella sua portata oggettiva, sia interpretabile in modo tale da comprendere anche la figura del lettore quale delineata nel 1980 e le attività da questo prestate. La risposta positiva discende pianamente dalla duplice, seguente constatazione.
Innanzitutto, per quanto riguarda la ratio legislativa, il nuovo regime giuridico del rapporto tra i lettori e l’amministrazione universitaria delineato dall’art. 28 del d.P.R. n. 382 del 1980 – contratto di diritto privato di lavoro subordinato, su proposta motivata della facoltà interessata, in relazione ad effettive esigenze di esercitazione degli studenti, nel rapporto di un lettore ogni centocinquanta studenti frequentanti; prestazioni richieste e relativi corrispettivi determinati dal consiglio di amministrazione delle università, sentito il consiglio di facoltà – si distingue da quelli definiti dalla legislazione precedente (inquadramento in ruolo o incarico temporaneo su posti di ruolo o indipendentemente da questi) quanto alla natura pubblicistica o privatistica della fonte del rapporto ma non incide di per sé sulla natura delle prestazioni professionali, ciò che solo rileva ai fini dell’interpretazione della norma che riguarda la loro riconoscibilità per la carriera e per il trattamento successivo.
Inoltre, per quanto riguarda la lettera della legge, la disposizione della lettera g) dell’ottavo comma dell’art. 7 della legge n. 28 del 1980 – dettata, secondo ciò che già si è detto, per indicare tutte le figure di lettori di lingue straniere comunque assunti secondo le normali procedure dell’amministrazione universitaria, tra le quali senza dubbio i lettori assunti successivamente al 1980 rientrano – fa riferimento all’assunzione (oltre che con pubblico concorso) a seguito di delibera nominativa del consiglio di amministrazione dell’università, delibera necessaria anche nel caso della stipula di convenzioni di diritto privato che, come quelle in esame, comportano conseguenze sul bilancio universitario.
La ratio della legge e la sua lettera, dunque, concorrono a suffragare un’interpretazione della normativa denunciata nel senso del riconoscimento, ai fini indicati dal terzo comma dell’art. 103 del d.P.R. n. 382 del 1980, anche dell’attività svolta negli anni accademici successivi da lettori assunti dalle università con contratto di diritto privato, a norma dell’art. 28 del decreto presidenziale medesimo, e inquadrati nella fascia dei ricercatori confermati, a norma dell’art. 7, ottavo comma, della legge n. 28 del 1980.
Il giudice rimettente oppone a questa interpretazione il richiamo di alcune decisioni della giurisdizione amministrativa, oltre che di questa Corte. Ma, a parte l’esistenza del potere-dovere del giudice rimettente di interpretare autonomamente la legge che deve applicare, nessuna di quelle pronunce si riferisce specificamente alla questione oggetto del presente giudizio. Esse si limitano ad affermare e ribadire la novità dello status di lettore secondo la normativa del 1980 e l’impossibilità dell’estensione analogica delle norme del d.P.R. del 1980 che prevedono, nel passaggio da una disciplina della docenza universitaria a un’altra, discipline sostanziali e procedurali di favore. Ma questo non è il caso presente, poiché non di analogia tra categorie diverse di lettori universitari si tratta, ma dell’interpretazione della normativa denunciata secondo il suo proprio significato obiettivo.
Per i motivi anzidetti, il risultato cui il Tribunale amministrativo regionale mira può essere raggiunto direttamente sulla base dell’interpretazione della legge che ha da essere applicata nei giudizi innanzi a esso pendenti e la questione di costituzionalità sollevata deve essere dichiarata infondata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 103, terzo comma, del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonché sperimentazione organizzativa e didattica), e dell’art. 7, ottavo comma, lettera g), della legge 21 febbraio 1980, n. 28 (Delega al Governo per il riordinamento della docenza universitaria e relativa fascia di formazione, e per la sperimentazione organizzativa e didattica), sollevate, in riferimento agli artt. 3 e 76 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 novembre 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 novembre 2002.