ORDINANZA N. 416
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
- Cesare RUPERTO Presidente
- Riccardo CHIEPPA Giudice
- Gustavo ZAGREBELSKY "
- Valerio ONIDA "
- Carlo MEZZANOTTE "
- Fernanda CONTRI "
- Guido NEPPI MODONA "
- Piero Alberto CAPOTOSTI "
- Annibale MARINI "
- Franco BILE "
- Giovanni Maria FLICK "
- Francesco AMIRANTE "
- Ugo DE SIERVO "
- Romano VACCARELLA "
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 26 gennaio 2000 dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana sul ricorso proposto da Masetti Paolo contro il Comune di Campi Bisenzio ed altri, iscritta al n. 372 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visti l’atto di costituzione di Masetti Paolo nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 4 giugno 2002 il Giudice relatore Fernanda Contri;
udito l’avvocato dello Stato Sergio Sabelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana ha sollevato, per violazione degli artt. 2, 24, 41, 42 e 113 della Costituzione, questione di legittimità dell'art. 35 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani), nella parte in cui attribuisce al Comune il potere di autorizzare l'esecuzione degli sfratti dai locali adibiti ad uso di farmacia, senza prevedere un limite temporale all’efficacia del provvedimento che nega l’autorizzazione o, in subordine, senza prevedere un indennizzo per l'ingiusta compressione del diritto del locatore;
che il TAR Toscana è investito dell'esame del ricorso proposto dal locatore di un immobile adibito ad esercizio di farmacia per il quale, alla scadenza del contratto, era stata pronunciata ordinanza di rilascio, con successivo diniego del Comune dell’autorizzazione prevista dall'art. 35 della legge n. 253 del 1953, motivato in relazione alla ritenuta pubblica utilità della farmacia in questione;
che, ad avviso del TAR Toscana, la norma impugnata non attribuisce alla pubblica amministrazione la facoltà di graduare o differire l'esecuzione del rilascio arbitrariamente ma in ragione del pubblico interesse sotteso alla presenza delle farmacie sul territorio ed il potere autorizzatorio in questione riveste carattere eccezionale, secondo quanto indicato dalla Corte con la sentenza n. 579 del 1987;
che, come osserva il collegio rimettente, le motivazioni poste nel caso di specie a fondamento del rifiuto di autorizzazione all’esecuzione dello sfratto integrano una adeguata motivazione del provvedimento ma, nel contempo, si sostanziano in un rinvio sine die dell’autorizzazione, che determina di fatto la compressione senza limiti di tempo del diritto del proprietario dell'immobile a favore del conduttore;
che, come rileva ancora il giudice a quo, il potere autorizzatorio di cui si discute, dalla legge originariamente attribuito al prefetto, è stato ora trasferito ai Comuni anziché alla Regione, cui è riservata la competenza in ordine alla razionale distribuzione delle farmacie sul territorio;
che il TAR rimettente, "in relazione a tali considerazioni", dubita della legittimità costituzionale della norma impugnata in riferimento agli artt. 2, 24, 41, 42 e 113 della Costituzione;
che è intervenuto nel presente giudizio il ricorrente nel giudizio a quo, chiedendo alla Corte di voler dichiarare la questione fondata;
che, secondo la parte privata, la disposizione impugnata costituisce "un palese anacronismo normativo", emanato in un momento storico del tutto diverso da quello attuale, mentre analoga tutela non viene prevista per altri immobili che hanno un’utilizzazione rilevante per il pubblico interesse, quali caserme dei carabinieri, scuole, uffici postali;
che la parte rileva ancora che la facoltà di graduare o differire l’esecuzione dello sfratto dai locali adibiti a farmacia opera una degradazione del diritto soggettivo del locatore senza un adeguato bilanciamento dello stesso con il contrapposto interesse degli utenti del servizio farmaceutico, creando un’ingerenza del potere amministrativo nell’attività giurisdizionale che sarebbe tollerabile solo in relazione ad esigenze eccezionali e temporanee, non rimesse ad un potere discrezionale praticamente insindacabile;
che, richiamate le sentenze della Corte n. 321 del 1998 e n. 179 del 1999, la parte rileva come il sospetto di incostituzionalità della norma impugnata sia del tutto fondato e possa portare la Corte a rivedere la propria decisione di non fondatezza di cui alla sentenza n. 579 del 1987;
che è intervenuto nel giudizio di legittimità costituzionale il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo alla Corte di dichiarare la questione inammissibile o, in subordine, infondata;
che, come osserva preliminarmente l'Avvocatura, l'ordinanza di rimessione omette di motivare in relazione ai parametri di costituzionalità invocati, carenza ancor più evidente in presenza di un precedente specifico della Corte, la sentenza n. 579 del 1987, che ha già ritenuto legittima la disposizione impugnata;
che, come rileva ancora la difesa erariale, la questione è comunque infondata, dal momento che la ratio della norma è quella di tutelare l'interesse pubblico sotteso alla localizzazione delle farmacie, interesse che ha durata potenzialmente indeterminata, e che – anche secondo la più recente giurisprudenza della Corte di cassazione (sentenza 9 ottobre 1998, n. 10032) - le vicende relative alla esecuzione dello sfratto degli immobili adibiti a farmacia non incidono sugli aspetti civilistici del rapporto locativo e non precludono perciò l'applicabilità dell'art. 1591 cod. civ. per quanto riguarda il risarcimento del danno subito dal locatore a causa del ritardo nel rilascio dell’immobile.
Considerato che il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana dubita della legittimità costituzionale dell’art. 35 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani), nella parte in cui attribuisce al Comune il potere di autorizzare l'esecuzione degli sfratti dai locali adibiti ad uso di farmacia senza prevedere un limite temporale al provvedimento negativo emesso dalla pubblica amministrazione o, in subordine, senza prevedere un indennizzo per l'ingiusta compressione del diritto dei locatori, per violazione degli artt. 2, 24, 41, 42 e 113 della Costituzione;
che l’ordinanza di rimessione, pur se indica i parametri costituzionali che il giudice a quo ritiene violati dalla disposizione oggetto di censura, omette qualsiasi specifica motivazione in ordine agli stessi;
che la giurisprudenza di questa Corte ha ripetutamente affermato (cfr., fra le molte, la sentenza n. 384 del 1999 e le ordinanze n. 166 e n. 275 del 2000) che le ordinanze di rimessione devono contenere le ragioni della presunta violazione delle norme costituzionali invocate dal rimettente, come prescrive il primo comma dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, non essendo sufficiente la semplice indicazione delle stesse;
che la rilevata carenza di motivazione determina la manifesta inammissibilità della questione oggi sollevata.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 35 della legge 23 maggio 1950, n. 253 (Disposizioni per le locazioni e sublocazioni di immobili urbani), sollevata, in riferimento agli artt. 2, 24, 41, 42 e 113 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Toscana con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Fernanda CONTRI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 31 luglio 2002.