ORDINANZA N. 247
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Liguria, riapprovata il 10 ottobre 2000, recante "Modificazioni ed integrazioni urgenti alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) come modificata con legge regionale 21 aprile 1995, n. 32", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 27 ottobre 2000, depositato in Cancelleria il 6 novembre 2000 ed iscritto al n. 18 del registro ricorsi 2000.
Visto l’atto di costituzione della Regione Liguria;
udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti.
Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso notificato il 27 ottobre 2000, depositato il successivo 6 novembre, solleva questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa della Regione Liguria approvata l’11 agosto 2000, riapprovata, a seguito di rinvio governativo, il 10 ottobre 2000, recante "Modificazioni ed integrazioni urgenti alla legge regionale 22 febbraio 1995, n. 12 (Riordino delle aree protette) come modificata con legge regionale 21 aprile 1995, n. 32" e, in particolare, dell’art. 1, commi 2 e 3, in riferimento alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette), alla legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio) ed al d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, a norma dell'articolo 1 della L. 8 ottobre 1997, n. 352);
che, ad avviso della difesa erariale, la delibera legislativa impugnata sarebbe viziata "nel suo complesso, in quanto espressione di un intento dilatorio della Regione nell’applicazione a determinate aree, comprese tra i parchi naturali regionali, della disciplina tipica delle aree protette ed in particolare del divieto di attività venatoria" e, in contrasto con le leggi n. 394 del 1991 e n. 157 del 1992, realizzerebbe "di fatto una deroga al divieto di caccia in parti di territori di parchi regionali che sono state già classificate dalla regione quali "parchi naturali regionali" e sono tuttora destinate ad essere disciplinate dal piano di parco";
che, secondo l’Avvocatura, l’art. 1, comma 2, nella parte in cui sostituisce il comma 6 dell’art. 47 della legge regionale n. 12 del 1995, disponendo che, a far data dal 1° luglio 2001 e fino all’approvazione dei relativi piani, alcuni parchi sono classificati ad ogni effetto come parchi naturali regionali, violerebbe sia gli artt. 6, comma 4, e 22, comma 6, della legge n. 394 del 1991, sia il d.lgs. n. 490 del 1999, dato che il territorio, sino alla data del 1° luglio 2001, rimarrebbe privo della tutela paesistica;
che, ad avviso del ricorrente, l’art. 1, comma 3, prevedendo che, fino all’entrata in vigore dei relativi piani, sono in via transitoria classificate come parco naturale regionale le parti del territorio dei parchi regionali alle quali sia applicabile un regime di tutela conforme alla legge n. 394 del 1991, riconosciute nell’elenco ufficiale delle aree protette, violerebbe gli artt. 22 e seguenti della legge n. 394 del 1991 e l’art. 21, comma 1 lettera b), della legge n. 157 del 1992, in quanto la disciplina escluderebbe l’operatività del "regime di tutela e di divieti" stabiliti per le aree protette e, soprattutto, del divieto di caccia;
che nel giudizio si é costituita la Regione Liguria, chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque infondata;
che, secondo la resistente, la legge regionale n. 12 del 1995, nel riordinare le aree protette esistenti, aveva stabilito che per le stesse la qualificazione di "parco naturale" sarebbe decorsa dal 1° febbraio 1996, posticipando tuttavia l’entrata in vigore del divieto di esercizio di caccia alla data di adozione del piano dell’area protetta, ovvero, in mancanza, al decorso di trenta mesi dall’insediamento dei consigli degli enti di gestione;
che, ad avviso della Regione, anche a seguito della sentenza della Corte n. 20 del 2000, la delibera legislativa in esame ha modificato l’art. 47 della legge regionale n. 12 del 1995, sostituendo il comma 6 ed inserendo il comma 6-bis, i quali fissano il termine per l’approvazione dei piani di parco al 30 giugno 2001, individuano il territorio dei parchi regionali nelle sole porzioni di essi inserite nell’elenco ufficiale delle aree protette e, in tal modo, rendono più rigoroso il regime di tutela da applicarsi ai parchi che, dopo il 30 giugno 2001, siano ancora privi di piano;
che, secondo la resistente, la legge impugnata non sarebbe caratterizzata da un intento dilatorio nell’applicazione a determinate aree del divieto di caccia e garantirebbe il rispetto dei limiti e divieti previsti dalle norme statali, mentre la censura dell’art. 1, comma 2, riferita all’art. 6 della legge n. 394 del 1991, sarebbe infondata, in quanto quest’ultima norma non riguarderebbe le aree regionali protette, bensì quelle nazionali e non costituirebbe norma di principio;
che, infine, ad avviso della Regione, l’art. 1, comma 3, sarebbe diretto esclusivamente a perimetrare i "parchi naturali regionali", fermo restando il rispetto delle norme statali, cosicchè non violerebbe gli artt. 22 della legge n. 394 del 1991 e 21, comma 1 lettera b), della legge n. 157 del 1992;
che l’Avvocatura generale dello Stato ha depositato atto di rinuncia al ricorso, in considerazione della sopravvenuta modifica del Titolo V della parte seconda della Costituzione, ma che non é pervenuta, da parte della Regione, accettazione della rinuncia.
Considerato che, nel corso del giudizio, é entrata in vigore la legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), che, tra l’altro, ha abolito il procedimento di controllo della costituzionalità delle leggi regionali promosso, anteriormente alla promulgazione ed alla pubblicazione, dal Governo;
che il nuovo testo dell’art.127 della Costituzione, come riformulato dall’art. 8 della legge costituzionale n. 3 del 2001, ora stabilisce che "il Governo, quando ritenga che una legge regionale ecceda la competenza della Regione, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale entro sessanta giorni dalla sua pubblicazione";
che, secondo quanto affermato da questa Corte, il ricorso già proposto dal Governo contro la delibera legislativa regionale nell’osservanza della sequenza procedimentale stabilita dall’originario testo dell’art. 127 della Costituzione, é divenuto improcedibile, poichè non é più previsto che il sindacato di costituzionalità sia esercitato sulla delibera legislativa regionale prima che quest’ultima sia stata promulgata e pubblicata e, quindi, sia divenuta legge in senso proprio (tra le molte, sentenza n. 17 del 2002; ordinanza n. 228 del 2002);
che, conseguentemente, il ricorso, proposto ai sensi del testo originario dell’art. 127 della Costituzione, deve essere dichiarato improcedibile.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara improcedibile il ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2002.