ORDINANZA N.246
ANNO 2002
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
- Francesco AMIRANTE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Toscana, riapprovata il 4 luglio 2001, concernente "Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2001, n. 3 (Disposizioni per il finanziamento di provvedimenti di spesa per il periodo 2001-2003)", promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, notificato il 23 luglio 2001, depositato in cancelleria il 2 agosto 2001 e iscritto al n. 36 del registro ricorsi 2001.
Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;
udito nella camera di consiglio del 10 aprile 2002 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il Presidente del Consiglio dei ministri, con ricorso del 2 agosto 2001, ha promosso questione di legittimità costituzionale della delibera legislativa della Regione Toscana riapprovata dal Consiglio regionale nella seduta del 4 luglio 2001 [Modifiche alla legge regionale 26 gennaio 2001, n. 3 (Disposizioni per il finanziamento di provvedimenti di spesa per il periodo 2001-2003)], in relazione al principio enunciato dall’art. 2 del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419);
che il ricorrente premette che: a) il Consiglio regionale della Toscana, nella seduta del 28 febbraio 2001, ha approvato una delibera legislativa, con la quale ha introdotto l’art. 13-bis nella legge regionale 26 gennaio 2001, n. 3 (Disposizioni per il finanziamento di provvedimenti di spesa per il periodo 2001-2003); b) il Governo ha rinviato, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, la delibera al Consiglio regionale, rilevando che la previsione, in essa contenuta, dell’attribuzione alle aziende sanitarie di "ordinari flussi di cassa tramite anticipazioni straordinarie" nella misura massima del 15% della quota annua assegnata dalla Regione a ciascuna azienda, contrasterebbe con l’art. 2 del decreto legislativo n. 229 del 1999, che limita tali anticipazioni ad "un dodicesimo dell’ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale" dell’azienda; c) il 4 luglio 2001 il Consiglio regionale ha riapprovato a maggioranza assoluta la delibera legislativa rinviata, con l’aggiunta, nel primo comma, di una precisazione – l’essere le anticipazioni straordinarie subordinate all’esaurimento delle ordinarie risorse disponibili - che però al ricorrente "non appare idonea a superare le censure governative";
che, secondo il ricorrente, l’art. 2, comma 2-sexies, lettera g), del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo risultante dalle modifiche introdotte dall’art. 2 del citato decreto legislativo n. 229 del 1999, stabilisce il principio in base al quale l’anticipazione disposta dal tesoriere alle unità sanitarie locali é ammessa nel limite di un dodicesimo dell’ammontare annuo del valore dei ricavi, inclusi i trasferimenti, iscritti nel bilancio preventivo annuale; principio che sarebbe "palesemente violato" dalla delibera legislativa impugnata;
che – prosegue il ricorrente – non vale a superare la censura la precisazione, introdotta dal Consiglio regionale in sede di riapprovazione, che subordina le anticipazioni straordinarie all’avvenuto esaurimento delle risorse disponibili, perchè in essa si affermerebbe "una cosa ovvia", dato il carattere straordinario delle anticipazioni in questione;
che inoltre non sarebbero idonei a legittimare la delibera impugnata nè la limitazione temporale della misura prevista (che cessa di produrre effetti con l’emanazione dei provvedimenti statali necessari alla completa attuazione del sistema di erogazione alle Regioni delle risorse finanziarie destinate al pagamento della spesa sanitaria), nè lo stato di "emergenza sanitaria" determinato "dalla soppressione del Servizio sanitario nazionale", mentre la circostanza che la stessa normativa regionale censurata stabilisce un tetto alle anticipazioni di cassa smentirebbe l’affermata esigenza di fronteggiare un’emergenza finanziaria non definibile a priori;
che si é costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata inammissibile o infondata;
che, in una memoria depositata in prossimità dell’udienza, la Regione resistente, richiamando la recente giurisprudenza costituzionale, ha chiesto che il ricorso sia dichiarato improcedibile.
Considerato che, per effetto della modificazione dell’art. 127 della Costituzione, introdotta dall’art. 8 della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3 (Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione), e in particolare della soppressione del controllo di costituzionalità che, in base al testo originario dello stesso art. 127, il Governo poteva chiedere alla Corte nei confronti della delibera legislativa regionale prima della promulgazione, il presente giudizio non può avere ulteriore seguito, non essendo più previsto che il controllo di costituzionalità della Corte si eserciti sulla delibera legislativa regionale prima che quest’ultima sia, con la promulgazione e la pubblicazione, divenuta legge in senso proprio;
che, in conseguenza della nuova anzidetta disciplina, il ricorso proposto dal Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi del testo originario dell’art. 127 della Costituzione deve essere dichiarato improcedibile, salva la facoltà del Governo di impugnare successivamente la legge regionale, una volta che questa sia promulgata e pubblicata, nei termini e nei modi di cui al nuovo testo dell’art. 127 della Costituzione (sentenza n. 17 del 2002; ordinanze n. 228 e n. 182 del 2002).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’improcedibilità del ricorso in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 2002.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 14 giugno 2002.