Ordinanza n. 88 del 2002

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ORDINANZA N. 88

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 1, comma 2, del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2 (Disposizioni urgenti per l’attuazione dell’art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, in materia di giusto processo), convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2000, n. 35, e 513 codice di procedura penale, promossi con ordinanze emesse il 17 marzo 2000 e il 4 ottobre 2000 dal Tribunale di Grosseto rispettivamente iscritte al n. 591 del registro ordinanze 2000 e al n. 65 del registro ordinanze 2001 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell’anno 2000 e n. 6, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 dicembre 2001 il Giudice relatore Giovanni Maria Flick.

Ritenuto che, con due ordinanze di analogo contenuto emesse il 17 marzo 2000 ed il 4 ottobre 2000 (r.o. n. 591 del 2000 e r.o. n. 65 del 2001), il Tribunale di Grosseto ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dell’"intero" art. 1, comma 2, del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2 (Disposizioni urgenti per l’attuazione dell’art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, in materia di giusto processo), convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2000, n. 35; "ovvero" della medesima norma, "nella sola parte" in cui limita la valutazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si é sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato o del suo difensore, a quelle già acquisite al fascicolo per il dibattimento; "ovvero", ancora, in riferimento all’art. 111 della Costituzione, dell’art. 513 cod. proc. pen;

che, ad avviso del giudice a quo, la prima delle due norme impugnate – nel disciplinare in via transitoria l’utilizzabilità delle dichiarazioni precedentemente rese da imputati in procedimenti connessi che rifiutino di sottoporsi all’esame dibattimentale, limitandola alle sole dichiarazioni già acquisite al fascicolo del dibattimento alla data di entrata in vigore della citata legge n. 35 del 2000 - determinerebbe una disparità di trattamento fra imputati legata ad un dato del tutto casuale, aleatorio e "discrezionale nei tempi": con la "paradossale conseguenza" che non potrebbero essere utilizzati verbali di interrogatorio, "che in nulla differiscono da altri già acquisiti";

che la disciplina censurata risulterebbe priva di intrinseca ragionevolezza ed, inoltre, costituirebbe vulnus anche al diritto inviolabile di difesa statuito dal secondo comma dell’art. 24 Cost.;

che, pur "nella consapevolezza della singolarità di una opzione interpretativa alternativa", il rimettente impugna altresì – ritenendolo tuttora vigente – l’art. 513 cod. proc. pen., sul rilievo che la possibilità da esso sancita, di acquisire, attraverso il meccanismo delle contestazioni, le dichiarazioni di imputati in procedimenti connessi che rifiutino di sottoporsi all’esame si porrebbe in "in evidente contrasto" con il nuovo precetto costituzionale in tema di "giusto processo" di cui all’art. 111 Cost. e con la disciplina di cui alla legge 25 febbraio 2000, n. 35, che di esso "costituisce concreta attuazione";

che nel giudizio originato dall’ordinanza n. 65 del 2001 si é costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l’inammissibilità e, comunque, per l’infondatezza della questione.

Considerato che le due ordinanze del Tribunale di Grosseto sollevano la medesima questione e che va pertanto disposta la riunione dei relativi giudizi;

che il giudice rimettente formula, contestualmente, tre diverse censure di legittimità costituzionale, che investono: l’art. 1, comma 2, del d.l. n. 2 del 2000, come convertito, con modificazioni, nella legge n. 35 del 2000, "nella sua totalità"; "ovvero" la medesima norma "nella parte in cui limita la valutazione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini preliminari da chi, per libera scelta, si é sempre volontariamente sottratto all’esame dell’imputato e del suo difensore, a quelle già acquisite al fascicolo del dibattimento", entrambe in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost.; "ovvero", ancora, l’art. 513 cod. proc. pen., in riferimento all’art. 111 Cost.;

che tali censure si pongono, peraltro, in evidente rapporto di reciproca alternatività, avuto riguardo agli effetti conseguenti agli interventi richiesti: mentre, infatti, la caducazione dell’intera norma di cui all’art. 1, comma 2, del d.l. n. 2 del 2000, convertito, con modificazioni, nella legge n. 35 del 2000, comporterebbe l’espunzione, dal regime transitorio in esame, di qualsiasi possibilità di utilizzazione delle dichiarazioni già acquisite al fascicolo del dibattimento; la caducatoria parziale della medesima norma, nei termini richiesti dal rimettente, avrebbe l’opposto effetto di estendere l’operatività del regime transitorio stesso; laddove, poi, con riferimento all’impugnativa dell’art. 513 cod. proc. pen., non viene chiarita la sua concatenazione con quella relativa alla disciplina transitoria, rendendo così non scrutinabile questa parte del quesito;

che, pertanto, avendo il giudice a quo omesso di concentrarsi sull’una o l’altra delle alternative proposte, le questioni devono essere dichiarate manifestamente inammissibili, perchè prospettate in modo ancipite (cfr., ex plurimis, ordinanze n. 420 del 2001; n. 78 e n. 418 del 2000; n. 378 del 1998).

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del decreto-legge 7 gennaio 2000, n. 2 (Disposizioni urgenti per l’attuazione dell’art. 2 della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2, in materia di giusto processo), convertito, con modificazioni, nella legge 25 febbraio 2000, n. 35, e dell’art. 513 cod. proc. pen., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, dal Tribunale di Grosseto, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 marzo 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Giovanni Maria FLICK, Redattore

Depositata in Cancelleria il 5 aprile 2002.