Ordinanza n. 37 del 2002

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ORDINANZA N. 37

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

- Francesco AMIRANTE

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 17 novembre 1999, relativa alla insindacabilità delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi nei confronti di Lorenzo Matassa, promosso dalla Corte di appello di Roma - sezione prima civile, con ricorso depositato il 25 luglio 2001 ed iscritto al n. 197 del registro ammissibilità conflitti.

Udito nella camera di consiglio del 16 gennaio 2002 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.

Ritenuto che avanti alla Corte di appello di Roma pende procedimento civile per risarcimento danni promosso dal magistrato Lorenzo Matassa nei confronti del deputato Vittorio Sgarbi, a seguito delle opinioni espresse nella missiva inviata dal predetto deputato all'agenzia giornalistica ANSA il 14 ottobre 1995 e da questa diffuse a vari organi di stampa, sul televideo e tramite Internet;

che la Camera dei deputati, con deliberazione adottata in Assemblea il 17 novembre 1999, conforme alla proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere, ha ritenuto l'insindacabilità di tali espressioni ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione;

che con ricorso in data 17 aprile 2001 la Corte di appello di Roma ha sollevato conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti della Camera dei deputati in relazione alla predetta delibera;

che la Corte di appello premette che l'on. Sgarbi é appellante avverso la sentenza del Tribunale civile di Roma che lo ha condannato al risarcimento dei danni in favore del magistrato Lorenzo Matassa per le espressioni ritenute diffamatorie contenute nella nota trasmessa all'agenzia ANSA;

che la Corte ricorrente precisa che la deliberazione dell'Assemblea é stata presa in relazione a una proposta della Giunta per le autorizzazioni a procedere facente riferimento a un procedimento penale, ma investe anche il merito dei fatti di diffamazione oggetto del procedimento civile all'esame della Corte di appello, in quanto tali fatti sono gli stessi che formano oggetto del procedimento penale;

che ad avviso della ricorrente la Camera ha affermato arbitrariamente l'esistenza del collegamento funzionale tra le espressioni ritenute diffamatorie dal tribunale e l'attività parlamentare dello Sgarbi, così esercitando illegittimamente il potere attribuitole;

che nelle affermazioni dell’on. Sgarbi non sarebbe infatti ravvisabile "uno stretto nesso funzionale" con il mandato e l'attività parlamentare, rappresentando esse, invece, "meri apprezzamenti personali" espressi nella veste di privato cittadino;

che la ricorrente, richiamando la giurisprudenza di questa Corte secondo cui la prerogativa dell’insindacabilità non si estende a tutti i comportamenti del parlamentare, ma solo a quelli che esprimano opinioni correlate alla funzione, ritiene che il potere conferito al Parlamento dall'art. 68 Cost. sia stato arbitrariamente esercitato e che la delibera adottata dalla Camera sia lesiva delle attribuzioni dell'autorità giudiziaria, garantite dall'art. 102 Cost.;

che l'Autorità giudiziaria ricorrente chiede conseguentemente alla Corte costituzionale di accertare e affermare che non spetta alla Camera dei deputati dichiarare la insindacabilità ai sensi dell'art. 68, primo comma, Cost. delle opinioni espresse dal deputato Vittorio Sgarbi e di annullare la deliberazione in tal senso presa dalla stessa Camera dei deputati nella seduta del 17 novembre 1999.

Considerato che in questa fase la Corte é chiamata preliminarmente a decidere, senza contraddittorio, a norma dell'art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, se il ricorso sia ammissibile, in quanto esista materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza, in riferimento ai requisiti soggettivi e oggettivi richiamati dal primo comma dello stesso articolo, impregiudicata ogni decisione definitiva anche sull'ammissibilità;

che la Corte di appello di Roma é legittimata a sollevare il conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere cui appartiene nell'ambito delle funzioni giurisdizionali ad essa attribuite in relazione al giudizio civile pendente per risarcimento dei danni, in conformità al principio, ripetutamente affermato da questa Corte, secondo il quale i singoli organi giurisdizionali, svolgendo le loro funzioni in posizione di piena indipendenza, costituzionalmente garantita, sono legittimati ad essere parte nei conflitti di attribuzione (v., da ultimo, ordinanze n. 312, n. 380, n. 391 e n. 418 del 2001);

che, parimenti, la Camera dei deputati é legittimata ad essere parte nel presente conflitto, in quanto organo competente a dichiarare definitivamente la volontà del potere che rappresenta in ordine all'applicabilità dell'art. 68, primo comma, della Costituzione (v., da ultimo, ordinanze n. 312, n. 380, n. 391 e n. 418 del 2001);

che, per quanto attiene al profilo oggettivo del conflitto, la Corte di appello di Roma lamenta la lesione della propria sfera di attribuzione costituzionalmente garantita, in conseguenza dell'esercizio, ritenuto illegittimo per erroneità dei relativi presupposti, del potere, spettante alla Camera dei deputati, di dichiarare l'insindacabilità, a norma dell'art. 68, primo comma, Cost., delle opinioni espresse dai propri membri nell'esercizio delle loro funzioni;

che dall'ordinanza possono ricavarsi le "ragioni di conflitto" e le "norme costituzionali che regolano la materia", come richiesto dall'art. 26 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara ammissibile, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il conflitto di attribuzione proposto dalla Corte di appello di Roma nei confronti della Camera dei deputati con il ricorso indicato in epigrafe;

dispone:

a) che la cancelleria della Corte costituzionale dia comunicazione della presente ordinanza alla Corte di appello di Roma ricorrente e provveda a restituire alla medesima Corte di appello ricorrente gli atti del procedimento civile in corso;

b) che il ricorso e la presente ordinanza siano, a cura della ricorrente, notificati alla Camera dei deputati entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui al punto a), per essere successivamente depositati nella cancelleria di questa Corte entro il termine di venti giorni dalla notificazione, a norma dell'art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 febbraio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Guido NEPPI MODONA, Redattore

Depositata in Cancelleria il 26 febbraio 2002.