Ordinanza n. 3 del 2002

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ORDINANZA N. 3

ANNO 2002

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 12 dicembre 2000 dal Tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra la Viaggi Wasteels s.p.a. e la Trusting International s.r.l. in liquidazione, iscritta al n. 226 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell’anno 2001.

Udito nella camera di consiglio del 24 ottobre 2001 il Giudice relatore Fernanda Contri.

Ritenuto che il Tribunale di Milano, con ordinanza emessa il 12 dicembre 2000, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede l’onere per l’attore di notificare al convenuto contumace il verbale che assegna a quest’ultimo un termine perentorio per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e che fissa l’udienza per l’interrogatorio libero, ai sensi del primo comma dell’art. 183 cod. proc. civ.;

che il rimettente sottolinea come in forza della interpretazione dell’art. 180, secondo comma, cod. proc. civ., sostenuta dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 6808 del 2000, il giudice sia sempre tenuto a fissare l’udienza di prima trattazione e ad assegnare al convenuto un termine perentorio, non inferiore a venti giorni prima di tale udienza, per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, e ciò anche nell’ipotesi in cui il convenuto sia rimasto contumace, senza peraltro che l’attore sia onerato della notifica del verbale di udienza;

che, ad avviso del giudice a quo, non appare giustificabile la disparità di trattamento tra la previsione contenuta nell’art. 163, comma terzo, numero 7), cod. proc. civ., circa l’avvertimento, a pena di nullità della citazione, delle decadenze in cui il convenuto incorre se non si costituisce tempestivamente, e la omessa previsione della notifica al convenuto del verbale di udienza che assegna il termine per la proposizione di eccezioni;

che il rimettente ravvisa poi la sussistenza di un’altra ingiustificata disparità di trattamento, anch’essa lesiva del diritto di difesa, tra l’art. 180, secondo comma, cod. proc. civ., che nella interpretazione della Cassazione impone al giudice di fissare l’udienza per l’interrogatorio libero anche delle parti contumaci, senza che sia prevista la notifica a queste ultime del verbale di udienza, e l’art. 292 cod. proc. civ., che indica gli atti da notificare al contumace, con una elencazione tassativa, ampliata dalle sentenze additive n. 250 del 1986 e n. 317 del 1989 della Corte costituzionale;

che, ad avviso del rimettente, l’art. 180 cod. proc. civ., nella indicata interpretazione della Corte di cassazione, "ove la si ritenga l’unica possibile rispetto al dettato normativo", pone, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, una grave questione di legittimità costituzionale rispetto alle previsioni contenute negli artt. 163, comma terzo, numero 7), e 292 cod. proc. civ., nella parte in cui non prevede l’onere per l’attore di notificare al convenuto contumace il verbale che assegna a quest’ultimo un termine per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e che fissa l’udienza per l’interrogatorio libero, ai sensi del primo comma dell’art. 183 cod. proc. civ.;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la infondatezza della questione;

che, a parere dell’Avvocatura, non vi sarebbe alcuna irragionevolezza nella diversità di disciplina che regola le diverse fattispecie poste a raffronto dal giudice rimettente, poichè la norma censurata persegue l’obiettivo di assicurare la difesa attiva di tutti i soggetti attraverso una sequenza procedimentale, che é ritenuta inderogabile dalla Corte di cassazione, quando afferma che il differimento della trattazione é ineludibile e prescinde dalla comparizione o dalla costituzione del convenuto;

che, inoltre, la notifica del verbale di udienza non sarebbe necessaria, in quanto, allorchè sia stato ritualmente notificato l’atto di citazione, il convenuto é in condizione di orientare la propria condotta processuale, potendo legittimamente ritenere che, a norma dell’art. 180 cod. proc. civ., la trattazione della causa non avrà luogo prima della seconda udienza.

Considerato che il Tribunale di Milano dubita della legittimità costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice di procedura civile, nella parte in cui non prevede l’onere per l’attore di notificare al convenuto contumace il verbale che assegna a quest’ultimo un termine perentorio per proporre le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio e che fissa l’udienza per l’interrogatorio libero, ai sensi del primo comma dell’art. 183 cod. proc. civ.;

che l’art. 180 cod. proc. civ., dopo aver indicato le attività che devono essere svolte nell’udienza di prima comparizione, i provvedimenti che possono essere pronunciati e la forma della trattazione, stabilisce che il giudice "in ogni caso fissa a data successiva la prima udienza di trattazione, assegnando al convenuto un termine perentorio non inferiore a venti giorni prima di tale udienza per proporre le eccezioni processuali e di merito che non siano rilevabili d’ufficio";

che la formulazione della norma ha dato luogo a interpretazioni giurisprudenziali e dottrinarie discordanti, particolarmente in ordine alla obbligatorietà o meno della fissazione della prima udienza di trattazione e della concessione al convenuto contumace del termine per la proposizione di eccezioni;

che il rimettente pone a base della sollevata questione l’interpretazione della Cassazione relativa alla obbligatorietà della fissazione del termine "ove la si ritenga l’unica possibile", con ciò mostrando la propria consapevolezza in ordine alla possibilità di attribuire alla norma impugnata altri significati conformi a Costituzione;

che, come questa Corte ha già avuto modo di affermare (ordinanze n. 367 del 2001 e n. 158 del 2000), al giudice non é precluso, nell’esercizio dei poteri interpretativi che gli sono propri e che non richiedono alcun avallo costituzionale, pervenire ad una lettura della norma secundum Constitutionem anche in presenza di un orientamento giurisprudenziale univoco;

che, pertanto, la questione é manifestamente inammissibile, in quanto sollevata all’evidente e improprio fine di sollecitare a questa Corte un’attività interpretativa, che spetta invece al giudice a quo.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 180, secondo comma, del codice di procedura civile, sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 24, secondo comma, della Costituzione, dal Tribunale di Milano con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 gennaio 2002.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernanda CONTRI, Redattore

Depositata in Cancelleria il 30 gennaio 2002.