ORDINANZA N. 369
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 2951, primo e terzo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 12 gennaio 2001 dal Tribunale di Genova, iscritta al n. 177 del registro ordinanze 2001 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 10 ottobre 2001 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 12 gennaio 2001, e pervenuta in cancelleria il 23 febbraio 2001, nel corso di un procedimento promosso dal titolare di una ditta individuale artigiana di trasporti nei confronti della società committente per ottenere la condanna al pagamento di maggiori compensi dovuti in applicazione del sistema di tariffe "a forcella", il Tribunale di Genova, in funzione di giudice del lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 2951, primo e terzo comma, del codice civile, "nella parte in cui non sospende la decorrenza della prescrizione dei diritti del prestatore nel corso del rapporto di lavoro parasubordinato";
che il remittente, premesso di avere pronunciato sentenza non definitiva con cui é stato accertato che il rapporto dedotto in giudizio, e svoltosi dal settembre 1989 al dicembre 1993, riveste natura parasubordinata e rientra nella previsione di cui all’art. 409, numero 3), cod. proc. civ., motiva la rilevanza della questione affermando che la declaratoria di illegittimità costituzionale della norma denunciata consentirebbe, in relazione a tutti i compensi reclamati dal ricorrente nel giudizio a quo, di fissare al dicembre 1993, vale a dire alla cessazione del rapporto, la decorrenza dei termini della prescrizione quinquennale prevista dall’art. 2 del decreto legge 29 marzo 1993, n. 82, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 maggio 1993, n. 162, medio tempore intervenuto; con l’ulteriore conseguenza che l’eccezione di prescrizione, sollevata dal convenuto, sarebbe da respingere, giacchè il ricorso introduttivo é stato notificato il 16 febbraio 1996;
che, ad avviso del Tribunale, integrerebbe una violazione dell'art. 3 della Costituzione l’irragionevole disparità di trattamento risultante dalla disciplina rispettivamente dettata, per il lavoratore parasubordinato, dall’art. 2951 cod. civ. e, per il lavoratore subordinato, dall’art. 2948, numeri 4) e 5), cod. civ., come risultante dalle sentenze della Corte costituzionale n. 63 del 1966, n. 143 del 1969, n. 86 del 1971 e n. 174 del 1972: solo per quest’ultimo, infatti, la prescrizione inizia a decorrere dal momento estintivo del rapporto di lavoro, salvo il caso in cui il rapporto stesso sia assistito da stabilità reale, benchè anche il lavoratore parasubordinato si trovi, almeno di regola, in una posizione di inferiorità economica analoga a quella che caratterizza il lavoratore subordinato;
che, osserva il remittente, l’analogia di posizioni del lavoratore subordinato e di quello parasubordinato ha indotto il legislatore ad estendere alle ipotesi di lavoro ex art. 409, numero 3), cod. proc. civ. la disciplina che delinea il rito nelle controversie di lavoro subordinato, la regola del cumulo di rivalutazione monetaria ed interessi in base al terzo comma dell'art. 429 cod. proc. civ., nonchè la disciplina dell'art. 2113 cod. civ. in materia di rinunce e transazioni, che fa decorrere il termine di decadenza per l’impugnazione dalla cessazione del rapporto: in questo quadro la norma denunciata sarebbe, in parte qua, irragionevole, tanto più considerando – secondo l’insegnamento della sentenza n. 63 del 1966 di questa Corte – che l’inerzia del titolare del diritto, la quale faccia maturare i termini della prescrizione, é in definitiva equiparabile ad una rinuncia implicita;
che nel giudizio dinanzi alla Corte é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo, e ribadendo in una memoria depositata in prossimità della camera di consiglio, che la questione sia dichiarata inammissibile e comunque manifestamente infondata;
che, ad avviso dell’Avvocatura, la questione sarebbe irrilevante (o in ogni caso non motivata sulla rilevanza) in quanto, essendo stato il contratto stipulato nel settembre 1989, andrebbe comunque applicata la prescrizione annuale: e poichè il rapporto é venuto a cessare nel dicembre 1993, la prescrizione annuale sarebbe comunque già maturata alla data della domanda giudiziale, anche se si facesse decorrere dalla cessazione del rapporto, non potendosi applicare la prescrizione quinquennale per rapporti di lavoro che hanno avuto termine nel 1993 ma che sono sorti antecedentemente al 1993;
che, nel merito, la difesa erariale sostiene, richiamando in particolare la sentenza di questa Corte n. 365 del 1995, che la categoria della parasubordinazione vale ai fini processuali ma non impone una assimilazione, ai fini sostanziali, del lavoro autonomo al lavoro subordinato; in ogni caso, ove si ritenga, come nel caso, che la fattispecie concreta integri un’ipotesi di lavoro parasubordinato e si pretenda di estendere ad essa la disciplina del rapporto di lavoro subordinato, compito del giudice sarebbe quello di individuare la norma idonea a regolarla e non già di sollecitare la declaratoria di incostituzionalità di quella norma che segnatamente si esclude di dover applicare.
Considerato che il dubbio di legittimità costituzionale investe l’art. 2951, primo e terzo comma, cod. civ. nella parte in cui consente che la prescrizione, di durata annuale, del diritto dell’autotrasportatore decorra durante l’esecuzione del rapporto di lavoro parasubordinato;
che il giudice remittente non spiega quale rilevanza abbia il far decorrere il termine di prescrizione, anzichè, secondo la regola generale, dal momento in cui il diritto é sorto, dalla cessazione del rapporto, in una fattispecie nella quale il termine, annuale, di prescrizione, stabilito dalla norma denunciata, anche se computato dalla data di cessazione del rapporto, ossia dal dicembre 1993, era comunque maturato allorchè, nel febbraio 1996, il ricorrente ha azionato in giudizio il credito di natura contrattuale;
che il giudice a quo neppure spiega su quale base potrebbe trovare applicazione nella specie la prescrizione quinquennale, che l'art. 2 del decreto legge 29 marzo 1993, n. 82, prevede bensì in relazione ai diritti derivanti da contratti di autotrasporto per conto terzi soggetti al sistema di tariffe "a forcella", ma solo per i contratti stipulati successivamente alla data di entrata in vigore del decreto legge medesimo, e non per tutti i diritti non ancora prescritti a quella data: mentre il rapporto sub judice, svoltosi dal 1989 al 1993, non può che far capo, almeno in massima parte, a contratti stipulati anteriormente a tale data;
che, d'altra parte, se alla specie fosse applicabile non già l'art. 2951 cod. civ., ma l'art. 2 del decreto legge n. 82 del 1993, trattandosi di rapporti contrattuali sorti dopo l'entrata in vigore di quest'ultima norma, la questione della decorrenza della prescrizione non sarebbe rilevante, non essendo il termine quinquennale di prescrizione, in quella ipotesi, ancora decorso, al momento di instaurazione del giudizio, quale che fosse il dies a quo della decorrenza del termine medesimo;
che, pertanto, stante la motivazione carente e contraddittoria in ordine alla rilevanza, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 2951, primo e terzo comma, del codice civile, sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale di Genova con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 novembre 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 16 novembre 2001.