ORDINANZA N. 295
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 41 della legge 18 ottobre 1961, n. 1168 (Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri), "in combinato disposto" con l'art. 73 della legge 31 luglio 1954, n. 599 (Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale della Campania, iscritta al n. 835 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 2001.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 23 maggio 2001 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto che, con ordinanza emessa il 10 giugno 1998, pervenuta a questa Corte il 18 dicembre 2000, il Tribunale amministrativo regionale della Campania ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dell'art. 41 della legge 18 ottobre 1961, n. 1168 (Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri), "in combinato disposto" con l'art. 73 della legge 31 luglio 1954, n. 599 (Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica);
che il remittente premette che il ricorrente nel giudizio a quo, impugnando i provvedimenti con cui era stato sottoposto a procedimento disciplinare e colpito dalla sanzione di perdita del grado per rimozione, aveva lamentato fra l'altro che gli fosse stata preclusa la possibilità di farsi difendere, nel procedimento disciplinare medesimo, da un militare non appartenente al medesimo corpo, e aveva eccepito l’illegittimità costituzionale della norma che prevede la obbligatorietà della difesa ad opera di un ufficiale appartenente al medesimo corpo;
che il giudice a quo ricorda la sentenza di questa Corte n. 37 del 1992, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 15, secondo comma, della legge 11 luglio 1978, n. 382, nella parte in cui non prevedeva per il militare sottoposto a procedimento disciplinare la facoltà di indicare come difensore nel procedimento stesso un altro militare non appartenente all'ente nel quale egli presta servizio;
che, sempre secondo il remittente, analoga limitazione al diritto di difesa sarebbe prevista in base all'art. 41 della legge n. 1168 del 1961 e all'art. 74 (recte: 73) della legge n. 599 del 1954, e sarebbe tuttora in vigore, nonostante la citata pronuncia di questa Corte, in ragione della specialità del rapporto di servizio dei sottufficiali nonchè dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri, di cui alle leggi da ultimo citate;
che, tuttavia, tali norme sarebbero di dubbia compatibilità con l'art. 97 della Costituzione, il quale esigerebbe regole procedurali sull'attività amministrativa dirette ad assicurare una esatta valutazione degli interessi coinvolti nella decisione: la limitata possibilità di scelta del difensore da parte dell'incolpato, in forza della quale il difensore sarebbe in ogni caso in posizione di subordinazione gerarchica rispetto al comandante di corpo, che é l'autorità chiamata a decidere sull'infrazione, sarebbe irragionevole e incongruente rispetto ai principi di imparzialità e buon andamento dell'amministrazione, e alla finalità di assicurare una adeguata e indipendente difesa al militare, atteso che il condizionamento derivante dal vincolo di subordinazione gerarchica potrebbe essere tale, in alcuni casi, da non garantire l'espletamento del mandato difensivo in modo adeguatamente imparziale e indipendente da pressioni esterne;
che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata;
che, secondo l'interveniente, le conclusioni enunciate nella sentenza n. 37 del 1992 di questa Corte discenderebbero dalla premessa di una circoscritta definizione dell'"ente" cui essa si riferisce, termine con il quale si identificherebbe una unità organizzativa sottoposta alla direzione di un comandante nei cui rispetti il militare prescelto come difensore é in ogni caso in posizione di subordinazione gerarchica, mentre nella prospettazione odierna del giudice a quo ci si riferirebbe genericamente al "corpo" militare, senza specificare il significato del termine, che peraltro non compare nelle disposizioni impugnate, sembrando così volersi riferire all'intera struttura di appartenenza del militare incolpato, ipotesi questa che sarebbe già stata valutata conforme all'art. 97 della Costituzione: ma in tal modo, ipotizzando una facoltà di scelta del difensore al di fuori di tale struttura, il giudizio disciplinare perderebbe i connotati degli interna corporis, e vedrebbe assicurate per il difensore maggiori cautele di quante ne siano previste per lo stesso giudice disciplinare; se invece il giudice a quo intendesse lamentare che la scelta del difensore debba avvenire all’interno della singola unità organizzativa, la questione si risolverebbe attraverso la corretta interpretazione della norma impugnata.
Considerato che le due disposizioni impugnate si riferiscono, rispettivamente, ai sottufficiali di tutte le armi (art. 73 della legge n. 599 del 1954) e ai vice brigadieri e militari di truppa dell'Arma dei carabinieri (art. 41 della legge n. 1168 del 1961);
che, trattandosi nella specie di un giudizio disciplinare nei confronti di un sottufficiale, e precisamente di un maresciallo capo, dell'Arma dei carabinieri, non risulta in alcun modo applicabile l'art. 41 della legge n. 1168 del 1961, nè alcun "combinato disposto" tra tale norma e l'altra norma impugnata: onde la questione va circoscritta all'art. 73, secondo comma, della legge n. 599 del 1954, risultando invece manifestamente inammissibile con riguardo all'altra disposizione denunciata;
che, quanto all'art. 73, secondo comma, della legge n. 599 del 1954 – premesso che deve consentirsi sulla sua attuale vigenza e sulla sua estraneità all'ambito della pronuncia di cui alla richiamata sentenza di questa Corte n. 37 del 1992, che si riferiva a disposizione concernente il procedimento per l'irrogazione di sanzioni disciplinari di corpo, mentre la disposizione oggi denunciata riguarda il procedimento per l'irrogazione di sanzioni disciplinari di stato –, esso si limita a stabilire che "il difensore deve essere ufficiale in servizio, di grado inferiore a quello rivestito dal presidente della commissione di disciplina, e non deve trovarsi in alcuna delle condizioni di cui all'articolo 70" (che stabilisce a sua volta i casi di incompatibilità per i componenti della commissione di disciplina, in ragione del rapporto di dipendenza gerarchica dell'incolpato, o delle attività svolte in rapporto a procedimenti attinenti allo stesso fatto, o dei rapporti di parentela o affinità fra di loro, o della qualità di offeso o di danneggiato o di parente o affine di essi o del giudicando, o degli speciali uffici ricoperti, o infine della sottoposizione a procedimento penale o disciplinare);
che dal tenore e dalla ratio della disposizione impugnata non si ricava affatto la limitazione lamentata dal remittente, secondo cui il difensore dovrebbe essere scelto fra gli ufficiali in servizio appartenenti al medesimo "corpo" cui appartiene l'incolpato, cioé ad una unità organizzativa "sottoposta alla direzione di un comandante nei cui rispetti il militare prescelto come difensore é, in ogni caso, in posizione di subordinazione gerarchica" (sentenza n. 37 del 1992); nè tale limitazione é ricavabile da altre disposizioni, in particolare dall'art. 41, secondo comma, della legge n. 1168 del 1961, pure denunciato, la cui analoga formulazione ("Il militare può farsi assistere da un ufficiale difensore, da lui scelto o designato dal presidente della commissione di disciplina, che sia di grado inferiore a quello rivestito dal presidente e non si trovi in alcuna delle condizioni di cui all'art. 40") non dà, a sua volta, alcun fondamento alla limitazione in questione;
che pertanto la questione, a questo riguardo, si palesa manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
a) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 41 della legge 18 ottobre 1961, n. 1168 (Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell'Arma dei carabinieri), sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Campania con l'ordinanza in epigrafe;
b) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 73 della legge 31 luglio 1954, n. 599 (Stato dei sottufficiali dell'Esercito, della Marina e dell'Aeronautica), sollevata, in riferimento all'art. 97 della Costituzione, dallo stesso Tribunale amministrativo regionale con la medesima ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 25 luglio 2001.