Ordinanza n. 268/2001

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ORDINANZA N. 268

ANNO 2001

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare RUPERTO, Presidente

- Fernando SANTOSUOSSO

- Massimo VARI

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), come modificato dall’art. 2, comma 9, della legge 16 giugno 1998, n. 191 (Modifiche e integrazioni alle L. 15 marzo 1997, n. 59, e L. 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica), promosso con ordinanza emessa il 15 marzo 2000 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sul ricorso proposto da Cosentino Francesca contro la Corte dei conti ed altri, iscritta al n. 730 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visti gli atti di costituzione di Cosentino Francesca e di Vullo Donatella nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 19 giugno 2001 il Giudice relatore Fernando Santosuosso;

uditi l’avvocato Giovanni Pitruzzella per Vullo Donatella e l’avvocato dello Stato Francesco Sclafani per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto che nel corso di un giudizio per l’annullamento della graduatoria degli idonei al concorso pubblico a nove posti di analista economico finanziario indetto dalla Corte dei conti con decreto presidenziale del 17 dicembre 1996, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con ordinanza del 15 marzo 2000, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), come modificato dall’art. 2, comma 9, della legge 16 giugno 1998, n. 191 (Modifiche e integrazioni alle L. 15 marzo 1997, n. 59, e L. 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica), in base ai quali, in caso di parità di punteggio per titoli ed esami va preferito il candidato più giovane di età;

che – premette l’ordinanza di rimessione – nella materia del pubblico impiego vige il principio, consolidato nella giurisprudenza amministrativa, secondo cui ciascuna fase del procedimento amministrativo, salvo che non sia diversamente disposto, è retta dalla normativa vigente al momento del suo svolgimento, per cui, ove nel corso di una fase procedimentale intervenga una modifica della relativa disciplina, questa trova immediata applicazione alla fase in svolgimento se non ancora conclusa;

che, in sede di delibazione del fumus boni iuris per la pronuncia cautelare, il giudice a quo ha ritenuto di dover sollevare d’ufficio la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni censurate, in via principale, per violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., in quanto con la nuova normativa viene capovolto un criterio fondamentale nei pubblici concorsi in ordine alla preferenza, a parità di altri titoli, al candidato con la maggiore età (art. 5 del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, e art. 5 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, modificato dal d.P.R. 30 ottobre 1996, n. 693), senza che vi soccorra un’adeguata giustificazione;

che quest’ultima non sembra rinvenibile nella circostanza che l’art. 3, comma 6, della legge n. 127 del 1997 abbia eliminato il limite di età per la partecipazione ai pubblici concorsi, in quanto tale eliminazione può essere derogata dai regolamenti delle singole amministrazioni e, in ogni caso, non sono venute meno le ragioni di preferenza per il candidato più anziano, per il quale vengono a diminuire le future possibilità di impiego;

che la ragionevolezza sarebbe altresì violata in quanto le disposizioni censurate appaiono tra loro contraddittorie perché, se da un lato vengono aboliti nei concorsi pubblici i titoli relativi all’età, dall’altro viene attribuita la preferenza al candidato più giovane;

che, in via subordinata, le disposizioni impugnate violerebbero il medesimo parametro costituzionale non essendo state, con norma transitoria, regolate le conseguenze del subentro della nuova disciplina sulle procedure concorsuali ancora in fase di svolgimento, con menomazione sull’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica;

che la questione è rilevante in quanto da essa dipende l’accoglimento o meno dell’istanza proposta dalla ricorrente;

che nel presente giudizio si è costituita la parte privata ricorrente nel giudizio a quo, deducendo l’inammissibilità e l’infondatezza della sollevata questione, operando la disposizione un contemperamento di interessi contrapposti;

che il preteso contrasto con il principio dell’affidamento del cittadino nella specie non sussisterebbe, e comunque tale principio non sarebbe protetto in sé, ma riceverebbe tutela solo se, e nei limiti in cui, sia inciso irragionevolmente (sentenze n. 416 del 1999, n. 229 del 1999, n. 211 del 1997 e n. 390 del 1995);

che si è altresì costituita una delle controricorrenti nel giudizio a quo, chiedendo in via principale l’accoglimento della questione di legittimità costituzionale sulla base di motivi sostanzialmente identici a quelli esposti nell’ordinanza di rimessione;

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso preliminarmente per l’inammissibilità della questione sia per difetto di motivazione sulla rilevanza sia perché, secondo la giurisprudenza amministrativa sul punto, è la normativa vigente alla data di emanazione del bando la lex specialis del concorso, mentre il diverso indirizzo citato dal giudice a quo non sarebbe univoco;

che, nella specie, lo jus superveniens, non prevedendo l’applicazione della nuova regola ai concorsi già banditi, può valere solo per il futuro;

che la questione è comunque infondata perché spetta alla discrezionalità del legislatore sia la fissazione dei requisiti di età per la partecipazione ai pubblici concorsi sia la determinazione dei criteri di preferenza tra i candidati a parità di punteggio;

che, infine, quanto all’asserita irragionevolezza per mancanza di una disciplina transitoria, essa non rileva, perché il concorso è stato bandito sotto la vecchia normativa che non prevedeva, nel caso di parità di punteggio, il nuovo criterio di preferenza del più giovane.

Considerato che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della legge n. 127 del 1997, come modificato dall’art. 2, comma 9, della legge n. 191 del 1998, nella parte in cui prevedono che, se due o più candidati ottengono, a conclusione delle operazioni di valutazione dei titoli e delle prove di esame, pari punteggio, è preferito il candidato più giovane d’età;

che ai fini della rilevanza, va rigettata l’eccezione di inammissibilità sollevata dalla difesa erariale perché il rimettente, sia pur in modo conciso, ha sufficientemente motivato sul criterio giurisprudenziale che consente l’applicazione dello jus superveniens ad una fase autonoma del corso di un procedimento amministrativo;

che detta scelta non appare implausibile, considerate le caratteristiche della fase di formazione e approvazione della graduatoria di merito, tanto più che queste operazioni sono spesso condotte dalla stessa amministrazione al termine del concorso;

che la censura – secondo cui la mancata previsione di una disciplina transitoria violerebbe il principio di affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica – è inammissibile perché il giudice a quo non ha adeguatamente motivato sugli elementi di specie (soprattutto il momento di conoscenza della posizione in graduatoria rispetto alla modifica normativa) che potevano ragionevolmente giustificare il preteso affidamento;

che, quanto alle restanti censure, le stesse sono manifestamente infondate perché, come è stato già altre volte affermato nella giurisprudenza di questa Corte (v. sentenza n. 466 del 1997), rientra nella discrezionalità del legislatore fissare i requisiti attinenti all’età dei concorrenti, purché non in modo arbitrario o irragionevole;

che, nella specie, tale arbitrarietà o irragionevolezza non sussiste perché, come è dato evincere anche dai lavori parlamentari sul punto, la disposizione censurata si inserisce in un progetto riformatore che ha per obiettivo di coniugare il principio di solidarietà con quello di efficienza della pubblica amministrazione, nel quadro della privatizzazione del pubblico impiego, ispirata ad un ampio rinnovamento del personale amministrativo, particolarmente investendo in risorse umane giovani e meritevoli, sì da garantire un servizio più efficiente e duraturo;

che di conseguenza la questione proposta, sotto il profilo qui esaminato, deve essere dichiarata manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo) come modificato dall’art. 2, comma 9, della legge 16 giugno 1998, n. 191 (Modifiche e integrazioni alle L. 15 marzo 1997, n. 59, e L. 15 maggio 1997, n. 127, nonché norme in materia di formazione del personale dipendente e di lavoro a distanza nelle pubbliche amministrazioni. Disposizioni in materia di edilizia scolastica), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza di cui in epigrafe;

2) dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 7, della stessa legge n. 127 del 1997, come modificato dall’art. 2, comma 9, della legge n. 191 del 1998, sollevata, in riferimento al medesimo parametro costituzionale, dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio con l’ordinanza di cui in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 luglio 2001.

Cesare RUPERTO, Presidente

Fernando SANTOSUOSSO, Redattore

Depositata in Cancelleria il 19 luglio 2001.