SENTENZA N.466
ANNO 1997
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato); dell'art. 402, comma 4, del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado) e dell'art. 2, primo comma, numero 2, ed ultimo comma del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), promosso con ordinanza emessa il 28 febbraio 1996 dal Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione III^, sul ricorso proposto da Lo Piano Vincenzo n. q. contro il Ministero della pubblica istruzione ed altro, iscritta al n. 1235 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46, prima serie speciale, dell'anno 1996.
Udito nella camera di consiglio del 15 ottobre 1997 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.
Ritenuto in fatto
1.— Nel corso del giudizio promosso con ricorso da Lo Piano Vincenzo, in qualità di esercente la potestà sulla figlia minore Lo Piano Carmela, avente ad oggetto l'impugnazione del decreto di esclusione di quest'ultima dal concorso per titoli ed esami per l'accesso ai ruoli degli insegnanti elementari della Provincia di Enna, emesso dal Provveditore agli Studi di Enna, il Tribunale amministrativo regionale della Sicilia, sezione staccata di Catania, sezione III^, con ordinanza del 28 febbraio 1996, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 37 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 8, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, e 402, comma 4, del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, nella parte in cui rinviano all'art. 2, primo comma, numero 2, ed ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
Le norme denunciate prescrivono il limite minimo di età di diciotto anni per la partecipazione ai concorsi per il reclutamento nelle scuole statali, da possedere alla data di scadenza dei termini di presentazione della domanda di ammissione: il provvedimento di esclusione della candidata dal concorso, in possesso del diploma di maturità magistrale, si fonda sulla carenza del requisito del compimento del diciottesimo anno di età nel detto termine.
In pendenza del ricorso la candidata, ammessa al concorso in via amministrativa e condizionatamente all'esito dell'impugnazione, oltre a raggiungere la maggiore età, ha superato le prove collocandosi — in riserva — in posizione utile nella graduatoria finale di merito.
Ad avviso del tribunale remittente, che preliminarmente insiste sulla sussistenza dell'interesse al ricorso avverso l'esclusione, stante l'ammissione con riserva al concorso della candidata, l'esame sistematico della legislazione succedutasi nel tempo in materia (regio-decreto 5 febbraio 1928, n. 577, d.lg.s. C.p.S. 21 aprile 1947, n. 373 e, da ultimo, legge 30 maggio 1965, n. 580) sui requisiti soggettivi per la partecipazione ai concorsi per posti di insegnante nelle scuole elementari evidenzierebbe che, in ragione della peculiarità del tipo di impiego, non v'era alcuna assimilazione, quanto alla disciplina del requisito minimo di età per l'ammissione ai concorsi, con quella prevista per gli altri impiegati dello Stato.
Il rinvio, dapprima, operato dall'art. 8, primo comma, del d.P.R. n. 417 del 1974, successivamente ribadito dall'art. 402, comma 4, del d.lgs. n. 297 del 1994, alla disciplina degli impiegati dello Stato, dando vita irrazionalmente ad un unico regime anche per gli insegnanti, oltre a rilevarsi irragionevole poiché non consentirebbe la partecipazione ai concorsi per l'accesso all'impiego di insegnante nelle scuole statali a coloro i quali, avendo conseguito la maturità magistrale, sono in possesso della specifica abilitazione all'insegnamento, violerebbe altresì il diritto di tutti i cittadini al lavoro espresso dall'art. 4 della Costituzione, nonché le previsioni della tutela del lavoro con specifico riguardo ai minori di età di cui agli artt. 35 e 37 della Costituzione.
2.— Nel giudizio dinanzi alla Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che preliminarmente eccepisce il difetto della rilevanza della questione come sollevata dal collegio remittente in quanto il rinvio a requisito prescritto per l'accesso agli impieghi civili dello Stato, operato dalle disposizioni denunciate, deve essere ormai riferito al regolamento sui concorsi per l'accesso (d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487). Di conseguenza l'art. 2, comma 1, numero 2, e comma 7, del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 è la disposizione che, in ordine al requisito del limite minimo di età, ha sostituito la disciplina contenuta originariamente nel testo unico degli impiegati civili dello Stato. A questa norma l'ordinanza non fa alcun richiamo.
Le violazioni denunciate, secondo la difesa erariale, devono essere disattese in linea generale dalla considerazione che per l'abilitazione all'insegnamento, inteso come titolo di idoneità professionale (idoneità didattica e specifica preparazione culturale), non è necessaria la previsione di limiti minimi di età. Il limite di età non è infatti previsto nelle procedure concorsuali per l'accesso alle cattedre e posti nelle scuole di istruzione secondaria e nelle scuole materne per il partecipante al solo fine del conseguimento della abilitazione.
Nel concorso magistrale (il relativo titolo di studio richiesto è di per sé abilitante) il legislatore si è preoccupato, nella sua discrezionalità, che gli insegnanti da assumere, in ragione degli aspetti pubblicistici delle loro funzioni, abbiano maturato un'età minima nell'esigenza del possesso di doti di carattere e di equilibrio. Il richiamo al diritto al lavoro sarebbe inconferente di fronte alle assorbenti esigenze del buon andamento amministrativo, per cui il rinvio alla disciplina generale delle assunzioni nella pubblica amministrazione si ispirerebbe ad esigenze di razionalità, di semplificazione e di chiarezza. D'altro canto l'insegnante minorenne potrebbe prestare la propria opera in una struttura privata.
La richiesta di età minima alla scadenza del termine per la domanda stabilito nel bando di concorso, contenuta nel d.P.R. n. 417 del 1974, comporta perplessità sulla rilevanza della questione prospettata. Inoltre sfalsare i tempi di possesso dei requisiti per la sola età minima potrebbe compromettere i criteri di semplificazione degli adempimenti ed incertezza sul termine di riferimento.
Considerato in diritto
1.— La questione sottoposta all'esame della Corte ha per oggetto gli artt. 8, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 e 402, comma 4, del d.lgs. 16 aprile 1994, n.297, nella parte in cui richiamano, per quanto concerne i concorsi per il reclutamento nelle scuole statali (nella specie scuole elementari), fra i requisiti prescritti per l'accesso agli impieghi civili dello Stato il limite di età minimo di diciotto anni, e stabiliscono che il requisito deve essere posseduto alla data di scadenza dei termini di presentazione della domanda di ammissione al concorso, in riferimento all'art. 2, primo comma, numero 2, ed ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3.
Il giudice a quo denuncia la illegittimità costituzionale delle norme sotto tre profili: il primo relativo alla violazione dell'art. 3 della Costituzione, prevedendosi un unico regime per il requisito dell'età minima all'ammissione ai concorsi per l'accesso al pubblico impiego anche del personale insegnante delle scuole elementari già munito di specifica abilitazione; il secondo in riferimento all'art. 4 della Costituzione, precludendosi ai minori di età l'esercizio dell'attività di insegnamento nelle scuole statali; il terzo, infine, con riguardo agli artt. 35 e 37 della Costituzione pregiudicando i minori di età che, in possesso dell'abilitazione all'insegnamento rilasciata dall'amministrazione pubblica, non possono partecipare ai concorsi pubblici (insegnanti delle scuole elementari statali) e quindi essere ammessi, a parità di condizioni con gli altri lavoratori, all'impiego pubblico.
2.— La questione deve essere ritenuta ammissibile, ancorché l'ordinanza contenga, oltre alle norme specifiche del settore, il richiamo alla norma dell'art. 2 del d.P.R. n. 3 del 10 gennaio 1957 (t.u. delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato) e non anche all'art. 2 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, avente peraltro contenuto sostanziale identico.
Per quanto riguarda i requisiti generali di ammissione ai concorsi il rinvio, operato con norme speciali del settore scuola statale aventi valore di legge (rispetto alle quali non si pone un problema di delegificazione per effetto delle norme generali sugli impieghi delle pubbliche amministrazioni), a quelli previsti in via generale per le procedure concorsuali di accesso per gli impieghi civili dello Stato, deve intendersi riferito ai medesimi requisiti stabiliti con le norme in vigore al momento del bando di concorso.
Pertanto resta operante il rinvio (art. 8, primo comma del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417, emanato in base alla delega legislativa conferita con legge 30 luglio 1973, n.477, poi trasfuso nel testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado, approvato con d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297, emanato in base alla legge 10 aprile 1991, n. 121, come modificata dalla legge 26 aprile 1993, n. 126) al limite minimo di età per la partecipazione ai concorsi di accesso agli impieghi civili dello Stato, attualmente confermato dall'art. 2 del d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, con disposizione sostanzialmente corrispondente a quella contenuta nell'invocato testo unico n. 3 del 1957.
Ai fini dell'ammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale è sufficiente mettere in rilievo che non si è prodotta (né si poteva produrre) alcuna delegificazione della norma che dispone per il personale docente della scuola statale il rinvio alla disciplina del requisito del limite minimo di età proprio dei concorsi di accesso agli impieghi statali. Natura regolamentare hanno invece assunto le nuove norme generali sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni introdotte dal d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (espressamente qualificato regolamento, emanato ai sensi dell'art. 87, comma quinto, della Costituzione con richiamo, tra l'altro, al decreto delegato n. 29 del 1993 e all'art. 17 — senza ulteriore specificazione — della legge 23 agosto 1988, n. 400). In ogni caso per poter ritenere il carattere innovativo e abrogativo della norma in quanto destinato ad incidere sui requisiti di accesso a pubbliche funzioni anche nel settore scuola pubblica, dovevano rinvenirsi nella legge almeno le "norme generali regolatrici della materia", in modo da far salva la riserva relativa di legge.
Ciò è sufficiente ai fini del decidere sulla ammissibilità della presente questione, che riguarda essenzialmente le norme di legge succitate (ancora in vigore nel settore scuola) che dispongono il rinvio o che autonomamente indicano la data di riferimento del possesso dei requisiti. Sono, infatti, irrilevanti i profili attinenti all'effetto abrogativo (o meno) del regolamento sulle precedenti norme generali di fonte secondaria o primaria, rispetto alle quali deve tenersi conto della duplice e concorrente riserva relativa di legge, prevista per i requisiti di accesso ai pubblici uffici dall'art. 51, primo comma, della Costituzione e, limitatamente all'organizzazione degli uffici pubblici collegata alla previsione concorsuale, dall'art. 97 della Costituzione.
3.— La questione di legittimità costituzionale è priva di fondamento.
Rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire i requisiti di età per l'accesso ai pubblici impieghi e nello stesso tempo fissare la data di riferimento dell'età minima richiesta, purché i detti requisiti non siano determinati in modo arbitrario o irragionevole.
Nella specie (concorso per l'accesso a posto di ruolo di insegnante statale) il legislatore ha stabilito con una scelta, immune da irragionevolezza e non arbitraria, di estendere i requisiti minimi di età fissati in via generale per gli impiegati civili dello Stato (con rinvio ricettizio mobile) alle relative norme che tradizionalmente richiedono il diciottesimo anno di età.
Autonomamente, invece, lo stesso legislatore, sempre in materia di requisiti di accesso per pubblici concorsi a posti di cattedre di insegnamento, ha stabilito un'unica data di riferimento, cioè quella "di scadenza dei termini per la presentazione della domanda" con una disposizione (art. 402, comma 4, del d.lgs. n. 297 del 1994) identica a quelle che si sono succedute nel tempo più recente nell'intero settore del pubblico impiego (art. 2, ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n.3; art. 3 della legge 8 marzo 1958, n. 233; art. 1 della legge 14 marzo 1958, n. 251; art. 3 della legge 26 marzo 1958, n. 425; art. 4 del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229; art. 6 della legge 31 ottobre 1961, n.1169; art. 8 della legge 8 giugno 1962, n. 604; art.22 della legge 19 luglio 1962, n. 959; art.26 della legge 12 agosto 1962, n. 1290; art. 2 della legge 27 marzo 1969, n. 130; art. 5 della legge 9 ottobre 1970, n. 740; art. 1 del d.P.R. 10 dicembre 1976, n. 998).
Non può ritenersi irragionevole stabilire il requisito dell'età in coincidenza con il raggiungimento della maggiore età, oltretutto costituente il limite di età più basso nel settore del pubblico impiego, tenuto conto delle responsabilità e della esigenza — valutata discrezionalmente dal legislatore — di una compiuta maturità richiesta per i soggetti cui viene affidato un settore delicato come l'insegnamento nella scuola pubblica. Non arbitrariamente il legislatore, pertanto, ha ritenuto di non ridurre il limite di età al di sotto di quello minimo contemplato nel settore dell'impiego pubblico (per il quale esistono per talune categorie anche limiti minimi di età più elevati).
Ugualmente non può assumere rilievo sul piano costituzionale il fatto che il titolo di studio richiesto (abilitazione magistrale) possa essere legittimamente acquisito in età inferiore, essendo diverse le valutazioni, connesse al conseguimento del titolo di studio (abilitante), rispetto a quelle inerenti ai requisiti di ammissione ad un concorso per l'accesso all'esercizio di funzioni pubbliche.
Né il requisito del limite minimo di età fissato a 18 anni può considerarsi ostativo al diritto al lavoro, potendo questo essere liberamente esercitato nel settore privato o in tutte le forme di lavoro autonomo, mentre nel settore pubblico vi sono esigenze di requisiti minimi di accesso, che la stessa Costituzione prende in considerazione richiedendo l'intervento della legge (riserva relativa).
Allo stesso modo la tutela dei minori prevista dall'art. 37 della Costituzione è destinata a proteggere nel lavoro la loro posizione, non certo ad assicurare a questi in ogni caso libertà di accesso al pubblico impiego.
4.— Le anzidette considerazioni portano anche all'infondatezza del profilo del riferimento alla data di scadenza dei termini fissati per la domanda di concorso.
Il legislatore si è attenuto — come sopra sottolineato — ad una tecnica procedimentale usuale, dettata dalla concorrente esigenza di attuare una omogeneizzazione del sistema dei requisiti di accesso e di assicurare parità di trattamento per i partecipanti, con contestale semplificazione dei meccanismi di verifica.
Del resto anche gli altri sistemi, alternativi a quello qui discusso, di agganciare il requisito dell'età alla data del bando (r.d. 5 febbraio 1928, n. 577; d.lgs. C.p.S. 21 aprile 1947, n. 373) o al 31 dicembre dell'anno solare del bando di concorso (legge 30 maggio 1965, n. 580) ovvero alla data di assunzione, presentano gli stessi problemi: il primo di essi restringe ulteriormente il campo dei partecipanti, sottraendo dal termine utile il periodo di tempo assegnato per la presentazione delle domande; il secondo sistema può essere più o meno favorevole ai candidati a seconda della data del bando prossima o meno al 31 dicembre; il terzo infine può risolversi in una limitazione per i concorrenti qualora vi sia un limite massimo di età e il superamento può dipendere dal ritardo della stessa amministrazione.
In definita non è irragionevole che il legislatore abbia voluto fissare un riferimento uniforme per la data di possesso dei requisiti di accesso a pubblico concorso, coniugando uniformità di trattamento e semplificazione nella verifica. Trattasi di opzione non obbligata sul piano costituzionale, essendo il legislatore libero di scegliere altre soluzioni (che a seconda dei casi possono restringere o incrementare le aspettative per gli aspiranti all'impiego pubblico, come nel caso di limiti massimi o requisiti di anzianità) anche differenziate tra i diversi requisiti, purché sia garantito, per un verso, il trattamento uniforme tra i concorrenti e, per l'altro, la natura attitudinale del requisito.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, primo comma, del d.P.R. 31 maggio 1974, n. 417 (Norme sullo stato giuridico del personale docente, direttivo ed ispettivo della scuola materna, elementare, secondaria ed artistica dello Stato); dell'art. 402, comma 4, del d.lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Approvazione del testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione, relative alle scuole di ogni ordine e grado) e dell'art. 2, primo comma, numero 2, ed ultimo comma, del d.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 35 e 37 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Sicilia, sezione distaccata di Catania, sezione III^, con ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1997.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Riccardo CHIEPPA
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1997.