ORDINANZA N. 238
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1997 dal Tribunale amministrativo regionale del Lazio sui ricorsi riuniti proposti da Fulvio Bustreo e altri contro il Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica e altri, iscritta al n. 726 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 48, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 maggio 2001 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, nel corso di un giudizio cautelare relativo a provvedimenti di diniego dell’iscrizione dei ricorrenti a facoltà universitarie o a corsi di diploma universitario (nella specie, odontoiatria e fisioterapia), ha sollevato, con ordinanza del 15 dicembre 1997, in riferimento agli artt. 33 e 34 della Costituzione e per violazione del «principio costituzionale della riserva di legge», questione di legittimità costituzionale dell’art. 9, comma 4, della legge 19 novembre 1990, n. 341 (Riforma degli ordinamenti didattici universitari), come modificato dall’art. 17, comma 116, della legge 15 maggio 1997, n. 127 (Misure urgenti per lo snellimento dell’attività amministrativa e dei procedimenti di decisione e di controllo), che ha attribuito al Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica il potere di determinare la limitazione degli accessi a taluni corsi universitari;
che il rimettente ritiene la questione rilevante, anche nella fase cautelare, trattandosi di ricorsi promossi da studenti non ammessi alla immatricolazione al primo anno (1997-98) dei corsi, per i quali l’amministrazione ha dettato il decreto ministeriale 21 luglio 1997, n. 245 (Regolamento recante norme in materia di accessi all’istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento) e le università hanno stabilito un numero massimo di iscrizioni;
che, secondo le ordinanze di rimessione, in base agli artt. 33 e 34 della Costituzione, sussisterebbe una riserva relativa di legge in materia di diritto allo studio, anche universitario; riserva che, pur non precludendo al legislatore ordinario di demandare ad altre fonti la disciplina della materia stessa, tuttavia consentirebbe ciò soltanto previa determinazione, da parte del legislatore medesimo, di una serie di precetti idonei a vincolare e indirizzare la normazione secondaria, o, comunque, previa individuazione delle linee essenziali della disciplina;
che – osserva il rimettente - la disposizione censurata, al contrario, conferisce al Ministro dell’università il potere di determinare la limitazione degli accessi all’istruzione universitaria, senza alcuna previa fissazione dei principi generali della disciplina e anzi attribuendo al Ministro stesso il compito di definire, con l’ausilio di altro organo della pubblica amministrazione (il Consiglio universitario nazionale), i criteri generali per la regolamentazione dell’accesso: ciò che sarebbe in contrasto con il principio della riserva di legge e comporterebbe altresì la violazione del principio della tutela del diritto allo studio, di cui agli artt. 33 e 34 della Costituzione;
che nel giudizio così promosso è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha rilevato che i dubbi di costituzionalità sollevati sono superati, nel merito, dalla pronuncia n. 383 del 1998 con cui questa Corte ha dichiarato l’infondatezza di identiche questioni, e che ha osservato inoltre, in una successiva memoria, che, recependo l’invito formulato in quella decisione, il legislatore ha introdotto una nuova normativa in materia di accessi all’università con la legge 2 agosto 1999, n. 264, il cui art. 5, in particolare, stabilisce una sanatoria delle posizioni degli studenti iscritti con riserva ai corsi degli anni accademici precedenti per effetto di provvedimenti cautelari adottati in sede giurisdizionale, concludendo per un riesame della rilevanza della questione da parte del giudice rimettente, stante la disciplina sopravvenuta, e comunque per l’infondatezza della questione medesima.
Considerato che, successivamente all’ordinanza di rimessione (emessa nell’anno 1997, ma pervenuta a questa Corte nel 2000), è sopravvenuta la legge 2 agosto 1999, n. 264 (Norme in materia di accessi ai corsi universitari), che disciplina (artt. 1 e 2) la programmazione a livello nazionale e di singole università degli accessi ai corsi di laurea e di diploma universitario che richiedono una limitazione nel numero degli studenti per esigenze formative, dettando (art. 3) principi e criteri ai quali le università devono attenersi per la determinazione del numero dei posti relativi ai medesimi corsi, e che in particolare (art. 5) dispone, con disciplina transitoria, la sanatoria delle posizioni degli studenti iscritti ai corsi negli anni accademici precedenti in virtù di ordinanze cautelari emesse dai giudici amministrativi anteriormente alla data di entrata in vigore della medesima legge, o che siano comunque stati ammessi dagli atenei entro il 31 marzo 1999;
che, essendo così mutato il quadro normativo, delle nuove disposizioni deve essere valutata l’incidenza nei giudizi che hanno dato origine alla presente questione di costituzionalità (v., analogamente, le ordinanze di questa Corte nn. 36 del 2001; 548, 486, 269 e 142 del 2000; 411 e 408 del 1999);
che pertanto gli atti devono essere restituiti al giudice rimettente per una nuova valutazione della rilevanza della questione medesima.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale del Lazio.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 luglio 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in Cancelleria il 6 luglio 2001.