ORDINANZA N.184
ANNO 2001
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare RUPERTO, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 17 settembre 1999 dal Pretore di Nocera Inferiore, iscritta al n. 444 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35, prima serie speciale, dell’anno 2000.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 21 marzo 2001 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che, con ordinanza in data 17 settembre 1999, il Pretore di Nocera Inferiore – nel corso di un procedimento penale nei confronti di un imputato del delitto di evasione (art. 385, terzo comma, del codice penale) – ha sollevato, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), "nella parte in cui esclude l’applicabilità delle sanzioni sostitutive delle pene detentive brevi previste dagli artt. 53 e ss. della stessa legge al reato di evasione ex art. 385, commi primo e terzo, del codice penale";
che il remittente premette che una precedente sentenza, emessa nell’ambito dello stesso procedimento, con la quale all’imputato era già stata applicata, ai sensi degli articoli 444 e ss. del codice di procedura penale, la pena di mesi quattro di reclusione, sostituita, ai sensi dell’articolo 53 della legge n. 689 del 1981, con la sanzione della libertà controllata per la durata di mesi otto, é stata annullata dalla Corte di cassazione proprio per la violazione del divieto di sostituzione della pena detentiva stabilito dall’articolo 60 della citata legge in caso di condanna per il reato di evasione;
che, ad avviso del remittente, quest’ultima disposizione violerebbe l’articolo 3 della Costituzione, in quanto determinerebbe una irragionevole discriminazione rispetto ad altri reati (segnatamente quelli di procurata evasione e di procurata inosservanza di pena, rispettivamente previsti dagli artt. 386 e 390 del codice penale), i quali, pur essendo, sul piano del trattamento sanzionatorio, di maggiore gravità, e pur appartenendo alla medesima "classe" dei delitti contro l’amministrazione della giustizia, sono ammessi al regime delle sanzioni sostitutive;
che il giudice a quo, richiamando quali tertia comparationis le specifiche ipotesi criminose sopra indicate, ritiene di poter superare le argomentazioni contenute nella sentenza n. 406 del 1997, con la quale questa Corte ha dichiarato non fondata analoga questione di legittimità costituzionale;
che, quanto alla rilevanza della questione, il Pretore di Nocera Inferiore ne afferma la sussistenza sulla base della duplice considerazione che, da un lato, non opererebbe nella specie alcuna delle preclusioni di ordine soggettivo di cui all’articolo 59 della legge n. 689 del 1981, e, dall’altro, la pena da irrogare eventualmente all’imputato per il reato di evasione, potrebbe rientrare nei limiti previsti dall’articolo 53 della medesima legge ai fini dell’applicazione delle sanzioni sostitutive;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, la quale ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile – perchè il giudice a quo avrebbe dovuto uniformarsi al principio di diritto affermato nel medesimo procedimento dalla Corte di cassazione – e comunque infondata.
Considerato che l’eccezione di inammissibilità proposta dall’Avvocatura dello Stato non può essere accolta poichè, secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, é consentito al giudice di rinvio sollevare questione di legittimità costituzionale della disposizione nell’interpretazione alla quale é vincolato in forza del principio di diritto affermato dalla Corte di cassazione (v., da ultimo, ordinanze n. 501 del 2000 e n. 11 del 1999);
che, con la sentenza n. 406 del 1997, richiamata dal remittente, questa Corte ha già ritenuto non fondata analoga questione di legittimità costituzionale, rilevando la non omogeneità dei reati allora posti a raffronto (omicidio colposo e, tra i delitti contro l’amministrazione della giustizia, frode processuale e subornazione) rispetto al delitto di evasione;
che a conclusioni non diverse deve pervenirsi anche in relazione ai nuovi tertia comparationis oggi indicati dal remittente (reati di procurata evasione e di procurata inosservanza di pena, sanzionati, rispettivamente, dagli articoli 386 e 390 del codice penale), giacchè questi non presentano caratteristiche di piena omogeneità con il delitto di evasione, diversa essendo la posizione di chi agevoli l’evasione o l’inosservanza della pena rispetto a quella di chi volontariamente si sottragga alla esecuzione della pena stessa;
che l’elemento che rende disomogenei i termini del giudizio di eguaglianza e che appare idoneo a giustificare il diverso trattamento ad essi riservato dal legislatore non consiste nè nella entità della pena edittale, che é anzi più grave nei due reati ammessi al beneficio, nè nella iscrivibilità dei reati nell’una piuttosto che nell’altra classe, ma nella efficacia deterrente che deve essere propria della pena e che, con riguardo alle sanzioni sostitutive, per i caratteri oggettivi della condotta, non irragionevolmente é stata ritenuta incomparabilmente minore, se non addirittura inesistente, nell’ipotesi di evasione;
che, benchè questa Corte abbia più volte auspicato un intervento del legislatore teso a razionalizzare il sistema delle sanzioni sostitutive e delle esclusioni oggettive, le quali, a causa della consistente stratificazione normativa, possono effettivamente dare luogo a incongruenze e disarmonie, la presente questione, nei termini prospettati, deve essere dichiarata manifestamente infondata, non essendo dato riscontrare alcuna arbitraria disparità di trattamento tra le situazioni indicate dal remittente.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 60 della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all’articolo 3 della Costituzione, dal Pretore di Nocera Inferiore, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 2001.
Cesare RUPERTO, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in Cancelleria l'8 giugno 2001.