Sentenza n. 600 del 2000

SENTENZA N. 5

ANNO 2025

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta da:

Presidente: Giovanni AMOROSO;

Giudici: Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI, Giovanni PITRUZZELLA, Antonella SCIARRONE ALIBRANDI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), promosso dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, nel procedimento vertente tra Cirsa Italia spa e altri e Agenzia delle dogane e dei monopoli – Direzione interregionale per il Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta e Ministero dell’economia e delle finanze, con ordinanza del 17 giugno 2024, iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2024 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 33, prima serie speciale, dell’anno 2024.

Visti gli atti di costituzione di Gamenet spa, Palabingo srl e Cirsa Italia spa, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udita nell’udienza pubblica del 26 novembre 2024 la Giudice relatrice Maria Rosaria San Giorgio;

uditi gli avvocati Luca Giacobbe per Palabingo srl e Cirsa Italia spa, Fabio Cintioli per Gamenet spa e l’avvocato dello Stato Laura Paolucci per il Presidente del Consiglio dei ministri;

deliberato nella camera di consiglio del 26 novembre 2024.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza iscritta al n. 145 del registro ordinanze 2024, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 25, 76, 111 e 125 della Costituzione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo).

Il rimettente riferisce di essere investito della cognizione del ricorso, azionato da Palabingo srl e Cirsa spa, contro il «silenzio inadempimento serbato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – Direzione Territoriale Piemonte, la Liguria e Valle d’Aosta, sede di Torino» in ordine ad un’istanza avanzata dalla prima delle due società ricorrenti.

Quest’ultima, in forza di contratti stipulati (in data 24 aprile e 24 maggio 2018) con la controinteressata Gamenet spa, concessionaria pubblica per la gestione telematica del gioco lecito, svolge e gestisce l’attività concernente i relativi apparecchi da gioco, ubicati all’interno di due «Sale bingo» di sua proprietà nel territorio dei Comuni di Alessandria e di Serravalle Scrivia. Approssimandosi la scadenza dei contratti, Palabingo srl aveva manifestato alla controparte l’intenzione di avvalersi della rete telematica di altro concessionario, Cirsa Italia spa, previa sostituzione degli apparecchi videoterminali. Ne era derivata una controversia civile, decisa con sentenza del Tribunale ordinario di Roma del 7 ottobre 2023, con la quale era stato accertato l’avvenuto esaurimento dei rapporti obbligatori tra le parti, afferenti all’attività di gioco lecito esercitata nei due menzionati locali.

Palabingo srl aveva, quindi, rivolto un’istanza all’amministrazione delle dogane e dei monopoli, presso la competente sede territoriale, diretta a ottenere «l’avvio del procedimento amministrativo con intimazione a carico del concessionario Gamenet s.p.a. di richiedere l’annullamento del relativo titolo autorizzativo correlato alla raccolta di gioco nelle Sale Bingo della ricorrente Palabingo S.r.l., pena, entro 30 giorni, l’adozione del provvedimento conclusivo di revoca del titolo autorizzativo predetto per consentire l’ingresso del nuovo Concessionario Cirsa Italia S.p.A.».

In assenza di riscontro a tale istanza, pur dopo il sollecito del 28 febbraio 2024, Palabingo srl e Cirsa Italia spa avevano adito il TAR rimettente. Nel costituirsi in giudizio, l’amministrazione resistente e la controinteressata avevano eccepito l’incompetenza territoriale del TAR Piemonte in virtù di quanto stabilisce l’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, cod. proc. amm., che devolve «alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma», «le controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

1.1.– Il giudice a quo, premessa la considerazione della rilevanza della questione di legittimità costituzionale della disposizione censurata – posto che esso non potrebbe «prendere cognizione della controversia, in quanto, stando al diritto positivo primario vigente, il Collegio dovrebbe pregiudizialmente spogliarsi della controversia per trasmetterla al Tribunale amministrativo del Lazio prima di qualsiasi altra decisione» –, nel merito, muove dal richiamo alla sentenza di questa Corte n. 174 del 2014 che, su rimessione dello stesso TAR Piemonte, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della medesima disposizione oggi censurata «nella parte in cui prevede la devoluzione alla competenza inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma, delle controversie aventi ad oggetto i provvedimenti emessi dall’autorità di polizia relativi al rilascio di autorizzazioni in materia di giochi pubblici con vincita in denaro».

Viene ricordato nell’ordinanza di rimessione che già la legge 6 dicembre 1971, n. 1034 (Istituzione dei tribunali amministrativi regionali) aveva prescelto, quale criterio principale di riparto della competenza tra i tribunali amministrativi regionali, quello dell’efficacia territoriale dell’atto impugnato («con la sola eccezione degli atti statali di carattere nazionale rimessa al tribunale amministrativo regionale con sede a Roma»). Tale impianto, fa notare il rimettente, è rimasto sostanzialmente invariato con la disciplina dettata, nel 2010, dal codice del processo amministrativo.

Si osserva altresì che una prima previsione di competenza funzionale del TAR Lazio, sede di Roma (da adesso in poi: TAR Lazio), introdotta dall’art. 4 della legge 12 aprile 1990, n. 74 (Modifica alle norme sul sistema elettorale e sul funzionamento del Consiglio superiore della magistratura), relativo alla competenza sui provvedimenti in materia di status dei magistrati ordinari adottati dal relativo organo di autogoverno, è stata ritenuta compatibile con gli artt. 3, 24 e 125 Cost. con la sentenza di questa Corte n. 189 del 1992. A tale pronuncia sono seguite altre previsioni legislative che hanno concentrato presso il TAR Lazio «ulteriori competenze funzionali inderogabili», fino a giungere all’attuale complessiva disciplina dettata dagli artt. 14 e 135 cod. proc. amm.

Il rimettente, nel riportare alcuni passaggi della motivazione della citata sentenza n. 174 del 2014, riguardanti il sindacato sulla non irragionevolezza delle norme processuali che derogano al sistema di riparto della competenza territoriale, richiama il «criterio rigoroso» di valutazione adottato dalla giurisprudenza di questa Corte sin dalla sentenza n. 237 del 2007. Infatti, precisa il rimettente, «ove non vi fossero limiti alla previsione di ipotesi di competenza funzionale inderogabile del TAR Lazio, il principio del decentramento della giustizia amministrativa e dell’individuazione del giudice di primo grado sulla base del criterio territoriale, a livello regionale, sarebbe esposto al rischio di essere svuotato di concreto significato». Come indicato dalla sentenza n. 159 del 2014, tale rigorosa valutazione deve passare attraverso l’apprezzamento di «uno scopo legittimo, giustificato da un idoneo interesse pubblico (che non si esaurisca nella sola esigenza di assicurare l’uniformità della giurisprudenza sin dal primo grado, astrattamente configurabile rispetto ad ogni categoria di controversie)», dell’esistenza di «una connessione razionale rispetto al fine perseguito» e, infine, della necessità della deroga «rispetto allo scopo, in modo da non imporre un irragionevole stravolgimento degli ordinari criteri di riparto della competenza in materia di giustizia amministrativa».

Il giudice a quo ritiene che, alla stregua di tale ratio decidendi, la concentrazione dinanzi al TAR Lazio di tutte le controversie concernenti provvedimenti emessi dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in danaro sia affetta da irragionevolezza e leda il principio del giudice naturale precostituito per legge, in violazione degli artt. 3 e 25 Cost. (recte: 25, primo comma, Cost.), e che inoltre essa confligga con l’art. 111 Cost. sul «diritto di impugnazione» e con l’art. 125 Cost. sulla «competenza dei tribunali amministrativi territoriali».

Il Collegio rimettente sospetta, altresì, il contrasto della disposizione censurata con l’art. 76 Cost., essendo la stessa «contenut[a] nel decreto delegato dall’articolo 44» della legge 18 giugno 2009, n. 69 (Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile). Nel richiamato art. 44, non si rileverebbe «il minimo spunto, più correttamente principio o criterio direttivo, che abbia indotto il legislatore delegato ad inserire la previsione della competenza funzionale inderogabile del Tribunale amministrativo regionale del Lazio in materia di provvedimenti sui giochi pubblici con vincita in denaro».

Viene, dunque, sollecitata a questa Corte una pronuncia che completi la declaratoria di illegittimità costituzionale della menzionata lettera q-quater) dell’art. 135 cod. proc. amm., limitata dalla sentenza n. 174 del 2014 alla sola seconda parte della stessa (relativa ai provvedimenti dell’autorità di polizia). Infatti, si osserva che nella specie «il rilascio di nuove diverse autorizzazioni all’esercizio di due "case da gioco” lecite preesistenti, situate l’una ad Alessandria, l’altra a Serravalle Scrivia, sono questioni che investono i poteri della Direzione Territoriale Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta e non direttamente dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, non rispondono a un criterio generale di rilascio delle autorizzazioni riguardante l’intero territorio dello Stato, non concernono affatto questioni di particolari prerogative costituzionali come il governo del personale di magistratura oppure la necessità che si formi una giurisprudenza necessariamente univoca, come nel caso delle autorità indipendenti».

2.– Con atto depositato il 2 settembre 2024 è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato.

La difesa erariale eccepisce, preliminarmente, l’inammissibilità delle questioni sollevate dal TAR Piemonte per «vizio di motivazione in ordine alla non manifesta infondatezza». L’eccezione viene articolata in quattro diversi profili. Anzitutto, si lamenta la violazione del «principio di autosufficienza», in quanto l’ordinanza di rimessione si sarebbe limitata a richiamare il precedente di questa Corte di cui alla sentenza n. 174 del 2014, e avrebbe altresì richiamato per relationem le ordinanze di rimessione dell’epoca senza riportarne i passaggi argomentativi.

In secondo luogo, si osserva che il rimettente assume come determinante, ai fini della non manifesta infondatezza delle questioni sollevate, la sentenza di questa Corte n. 174 del 2014 senza alcuna valutazione autonoma circa il rilievo che la stessa pronuncia presenterebbe con riguardo al caso di specie e senza alcuna illustrazione delle ragioni per le quali i parametri costituzionali evocati sarebbero violati.

Ancora, il rimettente avrebbe omesso di individuare e valutare il quadro normativo di riferimento e di ricostruire la genesi della disposizione censurata, introdotta, nel testo dell’art. 135 cod. proc. amm., dall’art. 10, comma 9-ter, del decreto-legge 2 marzo 2012, n. 16 (Disposizioni urgenti in materia di semplificazioni tributarie, di efficientamento e potenziamento delle procedure di accertamento), convertito, con modificazioni, in legge 26 aprile 2012, n. 44, nella prospettiva di un intervento di ampio respiro in materia di giochi, e non con il d.lgs. n. 104 del 2010.

Infine, il rimettente avrebbe omesso di compiere un tentativo di interpretazione conforme a Costituzione.

Nel merito, a giudizio dell’Avvocatura, le questioni non sarebbero fondate.

In ordine alla dedotta violazione dell’art. 3 Cost., si osserva che il caso in esame non potrebbe essere assimilato a quello dei provvedimenti adottati dalle questure, oggetto della sentenza di questa Corte n. 174 del 2014. L’individuazione, per la materia de qua, della competenza funzionale del TAR Lazio non sarebbe irragionevole, avuto riguardo sia alla «distribuzione delle competenze amministrative concentrata su un livello centrale o ultraregionale della Agenzia delle dogane e dei monopoli», sia alla «connessione delle funzioni di pertinenza della predetta Agenzia con l’attività di raccolta di capitali» a livello nazionale ed europeo, «in un settore particolarmente soggetto ad infiltrazioni criminali, potenzialmente destinatario del riciclaggio dei proventi derivanti da attività illecite». Qualunque «intervento giurisdizionale» sulle situazioni soggettive relative alla raccolta del gioco, che coinvolga l’Agenzia e i suoi concessionari, avrebbe infatti «ricadute in ambito nazionale» e i «giudicati di segno diverso per vicende sovrapponibili possono causare importanti alterazioni del mercato nazionale del gioco pubblico, comportando disparità tra concessionari che gestiscono lo stesso gioco». Si richiama, a titolo esemplificativo, l’«imponente contenzioso instaurato dai concessionari del gioco del bingo avverso l’imposizione di canoni per la gestione del gioco in proroga».

La scelta legislativa adottata con la norma in esame consentirebbe la «necessaria visione d’insieme» dell’Amministrazione sulla gestione dei giochi a livello nazionale, e sarebbe coerente con l’attribuzione della relativa competenza amministrativa ad una Agenzia che ha carattere di amministrazione centrale ed è articolata sul territorio con uffici di competenza sovraregionale, i cui atti hanno rilievo nazionale. Della esigenza di una tale visione d’insieme si troverebbe conferma nelle norme contenute nell’art. 10 del d.l. n. 16 del 2012, come convertito (il cui comma 9-ter, come precisato, ha inserito la disposizione censurata nel codice del processo amministrativo), che il legislatore ha introdotto anche per conformare il nostro ordinamento ai principi stabiliti dalla Corte di giustizia dell’Unione europea con la sentenza 16 febbraio 2012, nelle cause riunite C-72/10 e C-77/10, Costa e Cifone, in materia di gare per le concessioni di raccolta delle scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi.

La ratio della concentrazione della competenza in capo al TAR Lazio, conclusivamente, sarebbe «la spiccata specialità, la particolare rilevanza nazionale, e la centralizzazione amministrativa nella gestione del settore dei giochi in funzione della salvaguardia della continuità delle entrate erariali derivanti dal gioco pubblico e dell’esigenza di omogeneizzazione dell’azione amministrativa in applicazione di norme di legge che bilanciano sull’intero territorio nazionale il diritto di iniziativa economica privata e l’interesse fiscale con il diritto alla salute». Da ciò anche la «necessità di una tendenziale uniformità della giurisprudenza amministrativa fin dalle pronunce di primo grado e la sussistenza di esigenze di unitarietà, coordinamento e direzione».

Non sarebbe fondata, poi, neanche la questione sollevata in riferimento all’art. 25 Cost., posto che il principio della naturale precostituzione del giudice, secondo la giurisprudenza di questa Corte, lungi dall’ancorarsi ad un dato pre-normativo, quale la prossimità geografica del giudice stesso alla vicenda da giudicare, mirerebbe ad assicurare l’individuazione del giudice competente sulla base di criteri predeterminati, in via generale, dalla legge.

«[P]alesemente infondata» sarebbe, poi, la censura di violazione dell’art. 111 Cost., con riferimento al «diritto di impugnazione», posto che la contestata competenza funzionale del TAR Lazio non determinerebbe alcun impedimento a tale diritto.

Quanto alla dedotta violazione dell’art. 125 Cost., l’Avvocatura richiama la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’attribuzione di competenze funzionali al TAR Lazio è compatibile con quel parametro a condizione che non sia alterato, nel suo assetto di fondo, il sistema di giustizia amministrativa e purché si configurino (come accadrebbe nella specie) ragioni idonee a giustificare la deroga agli ordinari criteri di riparto della competenza tra gli organi di primo grado.

Infine, in ordine alla censura di eccesso di delega legislativa, l’Avvocatura parimenti ne sostiene la mancanza di fondamento richiamando, in proposito, la giurisprudenza di questa Corte secondo cui l’art. 76 Cost. riguarda esclusivamente i rapporti tra legge delegante e legge delegata. Nel caso di specie – si fa notare – la disposizione censurata è stata introdotta da una legge successiva al codice del processo amministrativo, non legata da alcun vincolo con la legge di delega del 2009.

3.– Nel giudizio innanzi a questa Corte si sono costituite, con atto collettivo, depositato il 2 settembre 2024, le due parti ricorrenti del giudizio a quo, Palabingo srl e Cirsa Italia spa.

Ricostruito il quadro fattuale di riferimento, nel quale è sorta la controversia portata alla cognizione del TAR Piemonte, esse affermano di condividere i dubbi argomentati dal giudice rimettente quanto alla legittimità costituzionale della norma che ha concentrato, presso il TAR Lazio, la competenza in ordine a tutti i provvedimenti emessi dall’amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro.

Nel sottolineare il carattere squisitamente locale della controversia da loro azionata, attinente «a provvedimenti emessi non già da un’autorità centrale, ma da un’autorità periferica», aventi effetti «circoscritti al solo territorio di Alessandria e Serravalle», le parti svolgono argomenti che ripercorrono le censure sollevate dal rimettente. In particolare, quanto alla denunciata violazione degli artt. 3, 25 e 125 Cost., viene ricordato che l’espressione utilizzata dalla disposizione censurata («provvedimenti emessi dall’amministrazione autonoma dei monopoli di Stato in materia di giochi pubblici con vincita in denaro») è tale da ricomprendere non solo atti amministrativi emessi dall’autorità centrale, aventi ad oggetto «il governo dei giochi pubblici in ambito nazionale», ma anche, ed in larga parte, «attività tecnico-operative sintetizzabili per lo più nella verifica dei requisiti amministrativi (soggettivi od oggettivi) necessari per operare in tale delicato settore, curate dalle diramazioni territoriali dell’Agenzia».

In tale quadro, si fa anche presente che l’Agenzia menzionata «possiede una articolazione multilivello particolarmente complessa» che contempla una direzione generale centrale (avente il compito di governare la materia dei giochi pubblici mediante adozione di atti normativi, direttive, pareri e circolari di carattere generale, oltre al compito di controllo circa l’esercizio della raccolta delle singole tipologie di giochi), «venti direzioni territoriali regionali nonché un centinaio di uffici territoriali provinciali» (cui spetterebbero, invece, poteri ispettivi, di controllo e accertamento con dimensione prettamente locale).

La devoluzione del sindacato di legittimità di tali provvedimenti esclusivamente alla competenza del TAR Lazio non potrebbe essere giustificata da un principio di "straordinarietà”, né dalla esigenza di fronteggiare una situazione di emergenza. Nemmeno potrebbe invocarsi un interesse alla uniformità della giurisprudenza amministrativa fin dal primo grado di giudizio, non essendo tale uniformità garantita dall’attuale riparto di competenze, tenuto anche conto che le probabilità di pronunce contrastanti tra i vari uffici giudiziari dislocati sul territorio non sarebbe «superiore a quanto accade nella generalità delle controversie attribuite alla cognizione dei giudici amministrativi territoriali». Peraltro, il carattere di uniformità sarebbe comunque garantito dalle pronunce del Consiglio di Stato, e, in particolare, dell’Adunanza plenaria.

Infine, quanto alla censura relativa alla violazione dell’art. 76 Cost., si osserva che tra i principi e criteri direttivi stabiliti dalla legge n. 69 del 2009 non è rinvenibile alcun elemento tale da abilitare il legislatore delegato a riformare l’istituto della competenza.

4.– Nel giudizio si è altresì costituita la controinteressata Gamenet spa, già parte nel processo principale, che ha concluso per la inammissibilità e, nel merito, per la non fondatezza delle questioni.

Anzitutto, assume che l’ordinanza di rimessione, sia carente di motivazione sulla non manifesta infondatezza. Essa non illustrerebbe le ragioni della dedotta violazione dei parametri di legittimità costituzionale evocati, limitandosi a richiamarli «tutti insieme e senza chiarire sotto quali profili e per quali ragioni vi sarebbe un contrasto con ciascuna di tali norme costituzionali». Donde l’inammissibilità delle questioni sollevate.

Nel merito, queste sarebbero comunque non fondate, alla luce dell’«esigenza di un’amministrazione unitaria e coordinata» nella materia rimessa alla competenza dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.

La parte mette a confronto la fattispecie odierna con quelle che hanno formato oggetto sia della sentenza n. 159 del 2014 di questa Corte (che ha dichiarato non fondate le questioni concernenti l’attribuzione, alla sede di Roma del TAR Lazio, della competenza funzionale inderogabile sulle controversie relative ai provvedimenti dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, di cui all’art. 135, comma 1, lettera p, cod. proc. amm.), sia della sentenza n. 174 del 2014, di poco successiva (che, invece, ha accolto, come già riferito, la questione concernente la seconda parte della lettera q-quater dell’art. 135 cod. proc. amm., relativa alla competenza del TAR Lazio sui provvedimenti emessi dall’autorità di polizia in materia di giochi pubblici).

N

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, dell’Allegato 1 (Codice del processo amministrativo) al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104 (Attuazione dell’articolo 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69, recante delega al governo per il riordino del processo amministrativo), sollevata, in riferimento all’art. 111 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 135, comma 1, lettera q-quater), prima parte, cod. proc. amm., sollevate, in riferimento agli artt. 3, 25, primo comma, 76 e 125 Cost., dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, sezione prima, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 novembre 2024.

F.to:

Giovanni AMOROSO, Presidente

Maria Rosaria SAN GIORGIO, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 24 gennaio 2025