ORDINANZA N. 573
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
- Massimo VARI
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di ammissibilità del conflitto tra poteri dello Stato, sorto a seguito dell’art. 9, comma 7, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 1999 (Disciplina dell’autonomia finanziaria e contabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri) e del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 aprile 2000 (Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri), promosso dalla Corte dei conti con ricorso depositato il 26 giugno 2000 e iscritto al n. 160 del registro ammissibilità conflitti.
Udito nella camera di consiglio del 15 novembre 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il Presidente della Corte dei conti, a seguito delle deliberazioni n. 39 del 5 aprile 2000 e n. 48 del 18 maggio 2000 della Sezione del controllo, ha proposto ricorso per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato nei confronti del Governo, in relazione all’art. 9, comma 7, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 1999 (Disciplina dell’autonomia finanziaria e contabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri) e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 aprile 2000 (Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri), per violazione degli artt. 76 e 100, secondo comma, della Costituzione, in riferimento alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 (art. 3), e alla legge 15 marzo 1997, n. 59 (artt. 11, comma 1, lettera a), e 12, comma 2);
che, per quanto concerne la legittimazione soggettiva, nel ricorso si richiama la giurisprudenza costituzionale che ha riconosciuto alla Corte dei conti nell’esercizio della funzione di controllo la qualità di potere dello Stato (sentenze nn. 406 del 1989, 466 del 1993, 302 del 1995, 457 del 1999);
che, con riferimento ai presupposti oggettivi, la ricorrente richiama il precedente costituito dalla sentenza n. 457 del 1999 a proposito dell’ammissibilità di conflitti di attribuzione su atti con forza di legge, affermando in particolare che il conflitto non ha “ad oggetto – a differenza del giudizio impugnatorio della legge – l’annullamento per illegittimità costituzionale di un determinato atto legislativo”, bensì si propone “di ottenere la rimozione di qualsiasi comportamento, atto o attività cui sia ascrivibile la lesione delle suddette competenze”;
che, sulla materia oggetto del conflitto, nel ricorso si rileva che la legge n. 20 del 1994, nell’introdurre una generale funzione di controllo sulla gestione, ha mantenuto con il suo art. 3 in capo alla Corte dei conti il controllo preventivo di legittimità su alcune categorie di atti del Governo; ma l’art. 9, comma 7, del decreto legislativo n. 303 del 1999 ha inciso su tale assetto, sottraendo al controllo i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri emanati in base agli artt. 7, 8 e 9 del medesimo decreto legislativo, attinenti all’organizzazione della Presidenza del Consiglio, alla sua autonomia contabile e di bilancio e al personale in essa inquadrato;
che, inoltre, i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 23 dicembre 1999 e del 15 aprile 2000 sono, ad avviso della ricorrente, le “più cospicue e dirette applicazioni illegittime” del decreto legislativo n. 303 del 1999, e pertanto vengono impugnati assieme a quest’ultimo;
che, ancora, nel ricorso viene lamentata la violazione dell’art. 76 della Costituzione, per eccesso di delega riguardo all’emanazione del citato decreto legislativo n. 303, poiché gli artt. 11, comma 1, lettera a), e 12, comma 2, della legge n. 59 del 1997, nel conferire la delega alla razionalizzazione dell’ordinamento della Presidenza del Consiglio, non avrebbero in alcun modo autorizzato il Governo a emanare una disciplina riduttiva del controllo preventivo di legittimità, disciplina che rappresenta dunque “una non consentita incisione del regime dei controlli sui ‘nuovi’ atti amministrativi del Governo”;
che, inoltre, i tre atti impugnati violerebbero complessivamente le attribuzioni conferite alla Corte dei conti dall’art. 100, secondo comma, della Costituzione, sottraendo a essa competenze che la ricorrente ritiene definite da un “quadro costituzionale rigido ed immodificabile” che risulterebbe dal parallelismo inderogabile tra il complesso degli artt. 92-95 della Costituzione e i termini soggettivi e oggettivi della funzione di controllo.
Considerato che la Corte dei conti, in persona del suo Presidente, sulla base delle determinazioni nn. 39 e 48 del 2000 della Sezione del controllo, ha proposto conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione all’art. 9, comma 7, del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303 (Ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri, a norma dell’art. 11 della legge 15 marzo 1997, n. 59), al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 23 dicembre 1999 (Disciplina dell’autonomia finanziaria e contabilità della Presidenza del Consiglio dei ministri) e al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 15 aprile 2000 (Ordinamento delle strutture generali della Presidenza del Consiglio dei ministri), per violazione degli artt. 76 e 100, secondo comma, della Costituzione, in relazione alla legge 14 gennaio 1994, n. 20 (art. 3) e alla legge 15 marzo 1997, n. 59 (artt. 11, comma 1, lettera a), e 12, comma 2);
che, nella presente fase del giudizio, a norma dell’art. 37, terzo e quarto comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, questa Corte è chiamata a deliberare senza contraddittorio sull’ammissibilità del ricorso sotto il profilo dell’esistenza della “materia di un conflitto la cui risoluzione spetti alla sua competenza”;
che, dal punto di vista dei presupposti soggettivi, alla Corte dei conti, nell’esercizio della sua funzione di controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, spetta la legittimazione a proporre conflitto costituzionale di attribuzioni a norma dell’art. 134 della Costituzione, in quanto tale funzione, sia pure di natura ausiliare, è caratterizzata, oltre che dalla sua previsione nell’art. 100, secondo comma, della Costituzione, dalla posizione di piena indipendenza dell’organo chiamato a esercitarla (sentenze nn. 406 del 1989 e 302 del 1995);
che, con riferimento ai presupposti oggettivi, il ricorso è indirizzato alla garanzia della sfera di attribuzioni determinata da norme costituzionali, in quanto la lesione lamentata concerne competenze della Corte dei conti configurate dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20, riconducibili alla previsione dell’art. 100, secondo comma, della Costituzione;
che, circa il profilo dell’idoneità a determinare conflitto di atti aventi natura legislativa, quali il decreto legislativo n. 303 del 1999 in questione, questa Corte ha già dato una risposta affermativa (sentenza n. 457 del 1999; ordinanze nn. 280 e 23 del 2000, 323 del 1999);
che dal ricorso è dato rilevare le ragioni del conflitto e le norme costituzionali che regolano la materia, secondo quanto prescrive l’art. 26, primo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale;
che pertanto il ricorso deve essere dichiarato ammissibile.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara ammissibile, ai sensi dell’art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, nei confronti del Governo della Repubblica, il conflitto di attribuzioni proposto dalla Corte dei conti con il ricorso indicato in epigrafe;
dispone:
a) che la cancelleria di questa Corte dia immediata comunicazione della presente ordinanza all’organo ricorrente;
b) che, a cura del ricorrente, il ricorso e la presente ordinanza siano notificati al Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri, entro il termine di sessanta giorni dalla comunicazione di cui sub a), per essere successivamente depositati presso la cancelleria di questa Corte entro il termine fissato dall’art. 26, terzo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 dicembre 2000.
Fernando SANTOSUOSSO, Presidente
Gustavo ZAGREBELSKY, Redattore
Depositata in cancelleria il 21 dicembre 2000.