Ordinanza n. 544/2000

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ORDINANZA N.544

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

- Massimo VARI

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA

- Gustavo ZAGREBELSKY

- Valerio ONIDA

- Carlo MEZZANOTTE

- Fernanda CONTRI

- Guido NEPPI MODONA

- Piero Alberto CAPOTOSTI

- Annibale MARINI

- Franco BILE

- Giovanni Maria FLICK

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, settimo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), promosso con ordinanza della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, emessa il 3 dicembre 1998 sul ricorso proposto da Casavola Clelia contro il Provveditorato agli studi di Taranto, iscritta al n. 163 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, prima serie speciale, n. 17 dell'anno 2000.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 ottobre 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.

Ritenuto che la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con ordinanza del 3 dicembre 1998 (pervenuta a questa Corte il 23 marzo 2000), ha sollevato, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, settimo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), "nella parte in cui stabilisce il termine di novanta giorni per la impugnativa dei provvedimenti di riscatto in materia di servizi non di ruolo";

che l’incidente di costituzionalità é stato proposto nel corso di un giudizio pensionistico, nel quale ¾ come rammenta l’ordinanza ¾ una dipendente pubblica, impugnando il provvedimento del Provveditorato agli studi di Taranto che le aveva determinato il trattamento di quiescenza, a decorrere dal 10 settembre 1983, senza includere, nel computo dell’anzianità complessiva di servizio utile a pensione, una parte del prestato servizio pre-ruolo, ha chiesto "il riconoscimento, il computo, la riunione e la ricongiunzione" dell’esclusa anzianità di servizio;

che il rimettente, nell’evidenziare che il ricorso, "per l’impugnativa del decreto ... con cui sono stati ammessi a riscatto anni uno e mesi sette di servizio pre-ruolo", é stato "proposto a decorso compiuto del termine di novanta giorni prescritto" dalla denunciata disposizione, assume che, giusta la perentorietà di detto termine, "dovrebbe dichiararsi l’irricevibilità o l’improponibilità del gravame";

che, tanto premesso, il giudice a quo ritiene che la disposizione censurata contrasti con il "principio di uguaglianza", giacchè ¾ posta l’indubbia natura di diritto soggettivo patrimoniale "della posizione soggettiva espressa dal riscatto e il carattere paritetico, e non autoritativo, dei relativi provvedimenti amministrativi" di accertamento ¾ non trova ragionevole giustificazione la disparità di trattamento tra il regime giuridico del termine decadenziale di impugnazione dei provvedimenti relativi al riscatto e quello del termine prescrizionale "per azionare le pretese patrimoniali collegate al rapporto di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, stabilito in cinque anni";

che, inoltre, ad avviso del rimettente, non sussiste neppure una ragionevole giustificazione della diversità di disciplina per quanto concerne l'impugnativa, soggetta soltanto a prescrizione, degli atti di riunione e ricongiunzione di servizi ai sensi della legge 7 febbraio 1979, n. 29, "istituti simili al riscatto e produttivi di effetti analoghi sulla determinazione dell’an e del quantum del trattamento di pensione";

che, pertanto, secondo il rimettente, la questione di costituzionalità, così proposta, presenta "caratteri di novità rispetto a quella già risolta, nel senso della manifesta infondatezza", dalla ordinanza n. 120 del 1991 di questa Corte;

che é intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, il quale ha chiesto che la questione venga dichiarata inammissibile o, in subordine, infondata, insistendo nelle medesime conclusioni con memoria illustrativa successivamente depositata.

Considerato che l’art. 6, settimo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46, nella parte in cui stabilisce il termine di decadenza di novanta giorni dalla notifica per l’impugnativa innanzi alla Corte dei conti dei provvedimenti in materia di riscatto di servizi, é stato già oggetto di scrutinio da parte di questa Corte, che, con le ordinanze n. 126 del 1992 e n. 120 del 1991, ha dichiarato manifestamente infondate le rispettive questioni di costituzionalità, sollevate anche sotto il profilo di un’ingiustificata ed irrazionale disparità di trattamento tra la disciplina della pensione (non soggetta a termini decadenziali quanto all’impugnativa dei relativi provvedimenti) e quella del riscatto "che é ad essa finalizzato", evidenziando, a tal fine, la "diversità tra il diritto di pensione e diritto al riscatto, il cui esercizio é ragionevolmente sottoposto ad un termine di decadenza, compatibile con la sua funzione";

che le ragioni allora addotte restano ferme anche di fronte alla prospettazione dell’attuale rimettente, che evoca diversi termini di comparazione, i quali, tanto più se rapportati a quello considerato nelle precedenti occasioni, sono, tuttavia, ben lungi dal rappresentare situazioni aventi un carattere di omogeneità rispetto al diritto di riscatto;

che, difatti, l’ambito previdenziale in cui quest’ultimo opera rende, di per sè, privo di ogni fondamento il raffronto con la disciplina prescrizionale concernente i crediti retributivi;

che, per altro verso, anche rispetto all’istituto della ricongiunzione di cui alla legge 7 febbraio 1979, n. 29, nonostante che entrambe le figure giuridiche in comparazione siano funzionali alla determinazione del trattamento di quiescenza, risultano riconoscibili evidenti diversità strutturali e di natura giuridica, essendo il riscatto volto, essenzialmente, all’incremento della posizione assicurativa, mentre la ricongiunzione opera il cumulo dei periodi già assicurati, con trasferimento dei contributi da una gestione all’altra;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, settimo comma, della legge 15 febbraio 1958, n. 46 (Nuove norme sulle pensioni ordinarie a carico dello Stato), sollevata, in riferimento all’art. 3, primo comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 novembre 2000.

Fernando SANTOSUOSSO, Presidente

Massimo VARI, Redattore

Depositata in cancelleria il 4 dicembre 2000.