Ordinanza n. 330/2000

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ORDINANZA N. 330

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), promosso con ordinanza emessa il 19 novembre 1999 dalla Commissione tributaria provinciale di Verbania sui ricorsi riuniti proposti da Vidoli Claudio ed altro contro l’Ufficio delle entrate di Verbania, iscritta al n. 71 del registro ordinanze 2000 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 10, prima serie speciale, dell’anno 2000.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 luglio 2000 il Giudice relatore Annibale Marini.  

Ritenuto che la Commissione tributaria provinciale di Verbania, con ordinanza emessa il 19 novembre 1999, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 76 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’articolo 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), nella parte in cui non prevede né «la sospensione necessaria per pregiudizialità», né la «sospensione su istanza delle parti»;

 che, ad avviso della Commissione rimettente, la disposizione denunciata, limitando la sospensione del processo tributario alle sole ipotesi in cui sia stata presentata querela di falso o debba essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio, si porrebbe in contrasto con l’art. 3, primo comma, della Costituzione, per la irragionevole diversità di disciplina che si verrebbe in tal modo a determinare rispetto a quella prevista nel processo civile, nel quale la sospensione necessaria per pregiudizialità e su istanza delle parti sarebbe invece ammessa dagli artt. 295 e 296 del codice di procedura civile;

 che, a parere dello stesso giudice, la citata norma violerebbe altresì il criterio direttivo di cui all’art. 30, comma 1, lettera g), della legge delega 30 dicembre 1991, n. 413 (Disposizioni per ampliare le basi imponibili, per razionalizzare, facilitare e potenziare l’attività di accertamento; disposizioni per la rivalutazione obbligatoria dei beni immobili delle imprese, nonché per riformare il contenzioso e per la definizione agevolata dei rapporti tributari pendenti; delega al Presidente della Repubblica per la concessione di amnistia per reati tributari; istituzione dei centri di assistenza fiscale e del conto fiscale), che sancisce l’adeguamento delle norme del processo tributario a quelle del processo civile;

 che la riduzione della mole del contenzioso tributario renderebbe non più attuale l’argomento con cui questa Corte - in relazione all’esigenza di rapida definizione dei processi tributari - ha in altra occasione ritenuto non fondata analoga questione di legittimità costituzionale;

che nel giudizio dinanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che venga dichiarata l’infondatezza della questione in quanto già decisa, quanto al primo profilo con la sentenza n. 31 del 1998, quanto al secondo, con l’ordinanza n. 8 del 1999.

Considerato che questa Corte, rispettivamente con la sentenza n. 31 del 1998 e con l’ordinanza n. 8 del 1999, ha dichiarato non fondate due questioni sostanzialmente identiche a quella sollevata nel presente giudizio;

che, in particolare, quanto alla violazione dell’art. 3, primo comma, della Costituzione, si è affermato che la scelta del legislatore di limitare i casi di sospensione del processo tributario, in quanto diretta a rendere più rapida e agevole la definizione del processo medesimo, non risulta lesiva del criterio di ragionevolezza (sentenza n. 31 del 1998);

che, con riferimento alla violazione dell’art. 30, comma 1, lettera g), della legge n. 413 del 1991, questa Corte ha osservato come il criterio direttivo di carattere generale in esso contenuto è quello dell’adeguamento, e non dell’uniformità delle norme del processo tributario a quelle del processo civile (ordinanza n. 8 del 1999);

che è stato altresì evidenziato come ulteriore criterio direttivo di carattere specifico previsto dal citato art. 30, comma 1, lettera g), n. 3, quanto alla disciplina dei casi di sospensione, interruzione ed estinzione del processo tributario, sia quello della sollecita definizione del processo medesimo (ordinanza n. 8 del 1999);

che, dunque, alla luce delle suesposte considerazioni, la mancata previsione - nella norma denunciata - delle ipotesi di sospensione necessaria per pregiudizialità e su istanza delle parti, di cui agli artt. 295 e 296 cod. proc. civ., non viola la legge delega n. 413 del 1991 e, conseguentemente, l’art. 76 della Costituzione;

che, quanto all’asserita riduzione della mole del contenzioso tributario, si tratta di una circostanza di fatto che, in quanto tale, non può incidere sull’esigenza, evidenziata nelle citate pronunce, di assicurare una definizione quanto più rapida ed agevole del processo tributario;

che, quindi, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, l’ordinanza di rimessione non prospetta nuovi ed apprezzabili profili rispetto a quelli già esaminati da questa Corte;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’articolo 39 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 (Disposizioni sul processo tributario in attuazione della delega al Governo contenuta nell’articolo 30 della legge 30 dicembre 1991, n. 413), sollevata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 76 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Verbania con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'11 luglio 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Annibale MARINI, Redattore

Depositata in cancelleria il 21 luglio 2000.