Ordinanza n. 245/2000

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ORDINANZA N. 245

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Cesare MIRABELLI, Presidente

- Francesco GUIZZI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO

- Riccardo CHIEPPA 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Fernanda CONTRI 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

- Giovanni Maria FLICK 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 223, comma 5, ultima parte, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), promossi con ordinanze emesse il 2 aprile 1999 dal Pretore di Padova, sezione distaccata di Camposampiero e l'11 giugno 1999 (n. 2 ordinanze) dal Tribunale di Padova, rispettivamente iscritte ai nn. 372, 570 e 571 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 26 e 42, prima serie speciale, dell'anno 1999.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 maggio 2000 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che il Pretore di Padova, sezione distaccata di Camposampiero, nel corso di un procedimento instaurato a seguito di opposizione, ex art. 22 della legge n. 689 del 1981, a provvedimento prefettizio di sospensione della patente di guida in relazione alla contestata violazione dell’art. 189, commi 1, 6 e 7, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), ha sollevato, con ordinanza del 2 aprile 1999 (R.O. n. 372 del 1999), questione di legittimità costituzionale dell’art. 223, comma 5, dello stesso decreto, nella parte in cui prevede che avverso il provvedimento di sospensione della patente, di cui al comma 3, è ammessa opposizione "ai sensi dell’art. 205 c.d.s.", anziché "avanti il giudice penale procedente e, in caso di già avvenuta definizione del procedimento penale, ai sensi dell’art. 205 c.d.s.";

che, ad avviso del rimettente, l’attribuzione del giudizio di opposizione al provvedimento prefettizio in questione alla competenza del pretore in sede civile si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione per irragionevolezza della disciplina;

che tale disciplina costringerebbe, anzitutto, l’interprete ad improvvisare la soluzione di questioni applicative essenziali, tipico oggetto della scelta discrezionale-sistematica del legislatore, quale, ad esempio, quella del rapporto tra la sospensione provvisoria e quella definitiva eventualmente applicata dal giudice penale, o dallo stesso prefetto nei casi in cui il procedimento penale si chiuda senza pronuncia di merito;

che, inoltre, riferendosi le ipotesi nelle quali il prefetto può o deve sospendere provvisoriamente la patente a casi nei quali necessariamente è iniziato un procedimento penale, avente per oggetto proprio l’accertamento del fatto in discussione, la previsione della opposizione ex art. 205 c.d.s. davanti al giudice civile imporrebbe l’apertura di un controprocedimento parallelo a quello penale, avente, in definitiva, ad oggetto l’accertamento del reato, presupposto della legittimità dell’applicazione della misura provvisoria;

che ne risulterebbe, secondo il rimettente, la irragionevolezza della scelta legislativa, per almeno un duplice ordine di incongruenze: l’affidamento al giudice civile della cognizione di un fatto e di una problematica sui quali è già pendente la cognizione dell’autorità giudiziaria penale; la previsione di una controistruttoria da parte del giudice civile, in pendenza di un procedimento penale caratterizzato pur sempre, almeno nella fase delle indagini preliminari, dalla tendenziale segretezza dell’attività di indagine e dai connessi vincoli, con rischio di scardinare l’ordinario andamento del procedimento stesso;

che, sempre secondo l’ordinanza di rimessione, non varrebbe il richiamo al principio dell’autonomia del procedimento civile rispetto a quello penale, affermato dal nuovo codice di procedura penale, perché, in realtà, nel procedimento ex art. 22 della legge n. 689 del 1981 il giudice ha pieni poteri di autonoma ricerca probatoria, sicché, strutturalmente, detto procedimento sarebbe del tutto simile al procedimento penale e comunque del tutto peculiare rispetto ai canoni probatori del procedimento civile;

che nemmeno potrebbe sostenersi - si afferma nella ordinanza - che il provvedimento prefettizio, per la sua provvisorietà ed autonomia rispetto al successivo provvedimento definitivo, abbia delle sue peculiarità, tali da giustificarne l’attribuzione alla competenza del giudice civile, in quanto in realtà detto provvedimento si caratterizza per la natura sostanzialmente anticipatoria degli effetti propri della sanzione accessoria che verrà applicata, ciò che rafforzerebbe la necessità che la cognizione sia data al giudice che già conosce della intera problematica;

che la soluzione proposta dal giudice a quo sarebbe, ad avviso dello stesso, ricavabile univocamente dal sistema normativo vigente e non richiederebbe alcun intervento riservato alla discrezionalità del legislatore, essendo sufficiente il riferimento al giudice penale che potrebbe provvedere in camera di consiglio, ex art. 127 cod. proc. pen. e 38, secondo comma, disp. att. stesso codice, mentre il mantenimento del richiamo all’art. 205 c.d.s. consentirebbe di disciplinare esaurientemente anche l’ipotesi residuale di una definizione del procedimento penale avvenuta prima dell’adozione del provvedimento di sospensione provvisoria;

che la medesima questione è stata sollevata, con altre due ordinanze di identico contenuto - emesse in data 11 giugno 1999, dal Tribunale di Padova (R.O. nn. 570 e 571 del 1999) - salvo il riferimento, nella prima, ad una istanza da parte della prefettura convenuta nel giudizio a quo, di sospensione di detto giudizio ex art. 295 cod. proc. civ., in attesa della definizione del procedimento penale - in relazione alla quale non risulta se il rimettente si sia già pronunciato -;

che nel giudizio introdotto con la ordinanza del Pretore di Padova (R.O. n. 372 del 1999), è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, con il patrocinio dell’Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per la infondatezza della questione, osservando, per un verso, che il sistema normativo delineato dall’art. 223, comma 5, c.d.s. costituisce coerente e rigorosa applicazione del fondamentale principio della tutelabilità dei diritti e degli interessi legittimi innanzi agli organi giurisdizionali contro gli atti della p.a., ai sensi dell’art. 113 della Costituzione, che riserva al legislatore di individuare gli organi di giurisdizione che possono annullare gli atti della stessa; che, per l’altro, la norma impugnata va valutata nel complessivo impianto predisposto dal codice della strada che disciplina la irrogazione delle sanzioni amministrative, sia pecuniarie che accessorie, e i relativi rimedi impugnatori: la sospensione provvisoria della patente di guida si inquadra coerentemente nella generale disciplina, dettata dall’art. 218 per tutte le ipotesi di irrogazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente, avverso la cui adozione è ammessa la opposizione al pretore regolata dall’art. 205 c.d.s.;

che, inoltre, la previsione di tale mezzo impugnatorio - sempre secondo la difesa dello Stato - garantirebbe una più ampia tutela dell’interesse giuridico leso dal provvedimento impugnato, di quella che potrebbe conseguirsi nel caso in cui la competenza fosse devoluta al giudice penale, in quanto nel giudizio di opposizione regolato dagli artt. 22 e 23 della legge 24 novembre 1981, n. 689, al giudice sono attribuiti poteri ben più incisivi ed efficaci diretti all’annullamento e alla modifica dell’atto impugnato, rispetto a quelli di cui dispone il giudice penale.

Considerato che, stante la sostanziale identità oggettiva delle questioni proposte dalle ordinanze del Pretore e del Tribunale di Padova, relative tutte all’art. 223, comma 5, ultima parte, del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) - recte: di detto articolo nel testo risultante a seguito della modifica introdotta con l’art. 120 del d.lgs. 10 settembre 1993, n. 360 - i giudizi possono essere riuniti e congiuntamente decisi;

che le questioni prospettate, che si risolvono nella contestazione della scelta del legislatore di affidare alla giurisdizione del giudice civile (anziché al giudice penale) la tutela avverso il provvedimento del prefetto di sospensione in via provvisoria della patente, di cui al comma 3 dell’art. 223 citato, attraverso il richiamo alla procedura di "opposizione ai sensi dell’art. 205", contenuto nel comma 5, ultima parte dello stesso art. 223, sono manifestamente infondate;

che la norma denunciata deve essere inquadrata - ai fini della valutazione di non manifesta irragionevolezza della scelta - in un sistema che considera di carattere generale ed onnicomprensivo il rimedio oppositorio previsto dalla legge 24 novembre 1981, n. 689 (artt. 22, 22-bis e 23, richiamati dall’art. 205 c.d.s.) (cfr., tra le molteplici, sentenze n. 330 del 1998 e n. 31 del 1996), avente carattere rescissorio e caratterizzato da particolari poteri officiosi del giudice (sentenza n. 31 del 1996, citata);

che la sospensione provvisoria della patente nei casi previsti dall'art. 223 c.d.s. è un provvedimento amministrativo, di natura squisitamente cautelare, emesso dal prefetto sulla base della valutazione della esigenza di immediata tutela dell'incolumità e dell'ordine pubblico (cfr. ordinanze nn. 169, 168 e 167 del 1998; n. 389 del 1987 e sentenza n. 6 del 1962);

che, alla stregua dei rilievi che precedono, non è manifestamente irragionevole la scelta effettuata dal legislatore di attribuire al giudice civile la competenza a conoscere della opposizione al provvedimento di cui si tratta, scelta che si inscrive in un indirizzo generale di alleggerire la giurisdizione penale da compiti non strettamente repressivi e punitivi;

che, pertanto, le questioni sollevate devono essere dichiarate manifestamente infondate.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell’art. 223, comma 5, ultima parte, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Padova, sezione distaccata di Camposampiero, e dal Tribunale di Padova, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 19 giugno 2000.

Cesare MIRABELLI, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 26 giugno 2000.