ORDINANZA N. 201
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 24 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni) e degli artt. 1, comma 2, del decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 568 (Modifiche alle tariffe d'estimo a norma dell'articolo 2 della legge 24 marzo 1993, n. 75) e 2, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, promosso con ordinanza emessa il 13 gennaio 1998 dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze, sul ricorso proposto da Marconi Pierfilippo contro l’Ufficio del registro di Firenze, iscritta al n. 887 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 12 aprile 2000 il Giudice relatore Massimo Vari.
Ritenuto che, con ordinanza del 13 gennaio 1998 (R.O. n. 887 del 1998), la Commissione tributaria provinciale di Firenze, nel corso di un giudizio promosso da un contribuente avverso un avviso di liquidazione di imposta di successione, ha sollevato questione di legittimità costituzionale:
¾ dell'art. 24 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), "nella parte in cui non prevede la deducibilità delle spese di ultima malattia sostenute dal coerede il quale abbia rinunciato all'eredità";
¾ dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 568 (Modifiche alle tariffe d'estimo a norma dell'art. 2 della legge 24 marzo 1993, n. 75) e dell'art. 2, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75 nella parte in cui consentono l'applicazione, a partire dal 1° gennaio 1992, delle tariffe d'estimo rideterminate ai sensi del menzionato decreto legislativo n. 568 del 1993, limitatamente alle imposte dirette;
che, quanto alla prima questione, il giudice rimettente ¾ nel premettere che, nella specie, la rinunzia all’eredità, da parte del coerede che aveva sostenuto le spese di malattia, era avvenuta prima della presentazione della denuncia di successione ¾ ritiene che il menzionato art. 24 del decreto legislativo n. 346 del 1990 si ponga in contrasto con:
¾ l'art. 3 della Costituzione, a causa della discriminazione fra l’ipotesi in cui la rinuncia all'eredità, da parte del coerede, avvenga prima della presentazione della dichiarazione di successione, con conseguente indeducibilità delle spese per ultima malattia, e quella in cui tale rinuncia avvenga dopo, nel quale caso la deducibilità sussiste, come pure tra la situazione oggetto di giudizio e quella attinente alle spese sostenute dal chiamato all’eredità ex art. 460 del codice civile che “restano a carico dell’eredità (e sono ovviamente deducibili quali elementi passivi della stessa) anche nell'ipotesi di rinuncia del chiamato alla qualità di erede (art. 461)”;
¾ l'art. 31, primo comma, della Costituzione, a causa del trattamento ingiustificatamente pregiudizievole e discriminatorio, posto in essere proprio in danno di familiari impegnati a far fronte ad onerosi obblighi di assistenza verso un congiunto;
¾ l'art. 53, primo comma, della Costituzione, per l'omessa valutazione della capacità contributiva dei cittadini in punto di deduzioni fiscali;
che, quanto alla seconda questione, il rimettente rileva che l'Ufficio tributario ¾ nel determinare il valore dei beni relitti, in base agli estimi catastali, così come richiesto dal contribuente ¾ ha fatto riferimento, in applicazione di quanto previsto dall'art. 2, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16, convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75 e dall’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 568, alle rendite catastali vigenti alla data di apertura della successione e non a quelle discendenti dalle più favorevoli previsioni di detto ultimo decreto;
che, tuttavia, ad avviso del giudice a quo, le disposizioni di cui sopra ¾ nel prevedere che le tariffe rideterminate ai sensi del menzionato decreto legislativo n. 568 del 1993, ove più favorevoli, si applichino, dal 1° gennaio 1992, solo per le imposte dirette e non anche per tutti gli altri settori impositivi, per i quali la decorrenza di tali tariffe risulta fissata al 1° gennaio 1994 ¾ porrebbero in essere una ingiustificata penalizzazione del settore dell'imposizione indiretta rispetto a quello dell'imposizione diretta, in contrasto, oltre che con l'art. 3 della Costituzione, anche con il principio di capacità contributiva posto dall'art. 53, primo comma, della Costituzione;
che è intervenuto, con memoria dell'8 gennaio 1999, il Presidente del Consiglio dei ministri, il quale ha chiesto che entrambe le questioni siano dichiarate manifestamente infondate.
Considerato, quanto alla prima delle questioni, che la stessa viene prospettata in maniera perplessa, dal momento che il giudice, nel sollevarla, muove da una premessa interpretativa che egli stesso mostra di non condividere, tanto da affermare espressamente, nell’ordinanza, che della deducibilità delle spese di cui trattasi il ricorrente potrebbe avvalersi con piena legittimità, visto che le stesse sono state sostenute dal coerede, e che le condizioni di legge possono ritenersi rispettate;
che, in ragione di ciò, la questione è da reputare manifestamente inammissibile;
che, quanto all'altra questione ¾ e cioè quella attinente alle tariffe catastali prese a riferimento per determinare, in maniera forfettaria (c.d. calcolo tabellare), il valore dei beni relitti, ai fini dell'imposta di successione ¾ la stessa è da reputare manifestamente infondata, venendo posti a raffronto ambiti impositivi non omogenei cui fa riscontro anche una diversità di meccanismi di tassazione;
che, inoltre, come questa Corte ha già avuto occasione di affermare, il carattere facoltativo della valutazione forfettaria, ovvero automatica, non comporta alcun attentato alla capacità contributiva del soggetto tassato, considerata la non cogenza, in fattispecie quali quella all’esame del giudice a quo, del criterio di determinazione del valore dei beni in base agli estimi catastali, restando, infatti, libero il contribuente di dichiarare un valore inferiore a quello tabellare, qualora ritenga questo incongruo (v. sentenza n. 211 del 1998);
che, pertanto, la seconda delle prospettate censure è manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara:
¾ la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 24 del decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l'imposta sulle successioni e donazioni), sollevata, in riferimento agli artt. 3, 31 e 53 della Costituzione, dalla Commissione tributaria provinciale di Firenze con l'ordinanza in epigrafe;
¾ la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo 28 dicembre 1993, n. 568 (Modifiche alle tariffe d'estimo a norma dell'art. 2 della legge 24 marzo 1993, n. 75) e 2, comma 1, quarto periodo, del decreto-legge 23 gennaio 1993, n. 16 (Disposizioni in materia di imposte sui redditi, sui trasferimenti di immobili di civile abitazione, di termini per la definizione agevolata delle situazioni e pendenze tributarie, per la soppressione della ritenuta sugli interessi, premi ed altri frutti derivanti da depositi e conti correnti interbancari, nonché altre disposizioni tributarie), convertito, con modificazioni, nella legge 24 marzo 1993, n. 75, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, dalla medesima Commissione tributaria con la stessa ordinanza.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l'8 giugno 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Massimo VARI, Redattore
Depositata in cancelleria il 16 giugno 2000.