ORDINANZA N. 106
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Cesare MIRABELLI, Presidente
- Francesco GUIZZI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Fernanda CONTRI
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
- Giovanni Maria FLICK
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5, dello stesso decreto legislativo, 133 del codice penale, 444 e 445 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 21 ottobre 1998 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Bertoli Giovanni, iscritta al n. 274 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 20, prima serie speciale, dell'anno 1999.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 marzo 2000 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto che il Pretore di Brescia - nel corso di un giudizio penale, a séguito dell'annullamento, da parte della Corte di cassazione, della sentenza resa ex art.444 cod. proc. pen. dallo stesso giudice, limitatamente all'omessa applicazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, di cui all'art. 222 del codice della strada - ha sollevato, con ordinanza del 21 ottobre 1998, questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione all'art. 218, commi 1, 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, all'art. 133 del codice penale, ed agli artt. 444 e 445 del codice di procedura penale;
che, secondo il rimettente, le norme denunciate - imponendo al giudice l'applicazione d'ufficio della sanzione amministrativa accessoria anche con la sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen., senza che il punto possa formare oggetto dell'accordo delle parti - contrastano: a) con gli artt. 101 e 111 Cost., perché il giudice del patteggiamento è tenuto a fissare, entro il minimo ed il massimo di legge, la durata della sospensione della patente di guida, senza aver cognizione del merito della causa e senza disporre (diversamente dall'autorità amministrativa) di alcun parametro di giudizio; b) con l'art. 24 Cost., perché l'imputato non può né interloquire in giudizio, né impugnare per motivi di merito la decisione sulla durata della sospensione della patente di guida;
che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per la declaratoria di manifesta infondatezza della sollevata questione, già decisa in tal senso con ordinanza n. 25 del 1999 dalla Corte costituzionale.
Considerato che identica questione, sollevata dallo stesso rimettente sulla base di uguali considerazioni, è stata dichiarata manifestamente infondata con ordinanza n. 264 del 1999, pronunciata in data successiva alla proposizione dell’odierno incidente di costituzionalità;
che in tale sede questa Corte ha rilevato che il giudice a quo, nel prospettare la questione di legittimità costituzionale, muove dal presupposto che la sanzione amministrativa della sospensione della patente di guida, per una durata determinata dal giudice entro il minimo ed il massimo di legge, sia accessoria all'accertamento del reato (secondo la formulazione della rubrica dell'art. 222 cod. strada) e, perciò, ad una dichiarazione di responsabilità incompatibile con la pronuncia di applicazione della pena su richiesta delle parti ai sensi dell'art. 444 cod. proc. pen.;
che la Corte, nella citata ordinanza, ha rammentato di aver già rilevato l'erroneità di tale assunto, poiché la sanzione amministrativa di cui al denunciato art. 222 non presuppone, logicamente o normativamente, la declaratoria di responsabilità penale attraverso una sentenza di condanna in senso proprio, bastando invece l'accertamento del mero fatto lesivo dell'interesse pubblico: accertamento di certo compatibile con la pronuncia di cui all'art. 444 cod. proc. pen. (ordinanza n. 25 del 1999);
che in particolare va ribadito che, contrariamente a quanto opinato dal giudice a quo, il diritto vivente - interpretandosi l'espressione «accertamento del reato», contenuta nella rubrica dell'articolo stesso, nel senso di accertamento, nell'àmbito e nei limiti del procedimento di cui all'art. 444 cod. proc. pen., del fatto lesivo dell'interesse pubblico, al quale consegue l'applicazione di una pena - impone al giudice di merito, per la determinazione della durata della sospensione della patente di guida e per la relativa motivazione, di attenersi ai parametri di cui al succitato art. 218;
che - come già osservato nell’ordinanza n. 264 del 1999 - la libertà nella scelta del procedimento di cui all'art. 444 cod proc. pen. e la discrezionalità nella valutazione prognostica degli effetti conseguenti a tale scelta, escludono che la mancata impugnabilità per vizi di merito della determinazione giudiziale della durata della sospensione della patente di guida costituisca lesione del diritto di difesa garantito dall'art. 24 della Costituzione;
che, pertanto, la questione proposta è manifestamente infondata in riferimento a tutti i parametri evocati.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 222 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), in relazione agli artt. 218, commi 1, 2 e 5 dello stesso decreto legislativo, 133 del codice penale, 444 e 445 del codice di procedura penale, sollevata - in riferimento agli artt. 101, 111 e 24 della Costituzione - dal Pretore di Brescia con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 2000.
Cesare MIRABELLI, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 18 aprile 2000.