Ordinanza n. 84/2000

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ORDINANZA N. 84

ANNO 2000

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Francesco GUIZZI, Presidente

- Cesare MIRABELLI 

- Fernando SANTOSUOSSO 

- Massimo VARI 

- Cesare RUPERTO 

- Riccardo CHIEPPA 

- Gustavo ZAGREBELSKY 

- Valerio ONIDA 

- Carlo MEZZANOTTE 

- Guido NEPPI MODONA 

- Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Annibale MARINI 

- Franco BILE 

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e 4 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione dell'esercizio dell'attività libero-professionale dei medici veterinari dipendenti dal Servizio Sanitario Nazionale), promossi con due ordinanze emesse il 15 luglio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte sui ricorsi proposti da G. Z. contro Azienda sanitaria regionale di Chieri n. 8 ed altra e da L. B. ed altri contro Azienda sanitaria regionale n. 16 di Mondovì - Ceva ed altra, iscritte ai numeri 672 e 673 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visti gli atti di costituzione di G. Z., L. B. ed altri nonché gli atti di costituzione della Regione Piemonte;

udito nell'udienza pubblica dell'8 febbraio 2000 il Giudice relatore Piero Alberto Capotosti;

uditi l'avv. Sebastiano Zuccarello per G. Z., L. B. ed altri e Gustavo Romanelli per la Regione Piemonte.

Ritenuto che nel corso di due giudizi aventi rispettivamente ad oggetto l’annullamento dell’atto con cui l’Azienda sanitaria regionale del Piemonte n. 8 ha intimato ad un medico veterinario da essa dipendente la chiusura di un ambulatorio privato, nonché l’annullamento della nota con cui l’Azienda sanitaria regionale n. 16 del Piemonte ha chiesto ad alcuni medici veterinari da essa dipendenti informazioni sulla loro attività libero professionale, il Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte, con due ordinanze emesse il 15 luglio 1998, ha sollevato questione di costituzionalità, nel primo giudizio dell’art. 2 della legge della Regione Piemonte 3 gennaio 1997, n. 4 (Regolamentazione dell'esercizio dell'attività libero-professionale dei medici veterinari dipendenti dal Servizio Sanitario Nazionale), nel secondo degli articoli 1, comma 2, 2, 3 e 4 della stessa legge, in relazione agli articoli 3, 4, 35, 117 e 120 della Costituzione;

che, ad avviso del collegio, le disposizioni impugnate disciplinano la libera professione dei medici veterinari del Servizio Sanitario Nazionale con modalità così restrittive da impedirne sostanzialmente l’esercizio, ed appaiono quindi irragionevoli e in contrasto con il diritto costituzionale al lavoro, con i principi della legislazione statale e con il diritto dei cittadini di esercitare in ogni parte del territorio nazionale la loro professione;

che secondo i giudici a quibus l’art. 2 della legge, prevedendo il divieto di svolgere, nel territorio dell’azienda sanitaria di appartenenza, la libera professione sugli "animali d’affezione", viola gli articoli 4 e 35 della Costituzione, in quanto "determina un grave affievolimento delle facoltà professionali del veterinario senza raccordarsi funzionalmente a specifiche esigenze della struttura sanitaria pubblica", e sovrappone il criterio territoriale a quello della potenziale situazione di conflitto, che impone di "procedere alla individuazione in concreto delle situazioni pregiudizievoli per i fini istituzionali del Servizio sanitario nazionale";

che l’art. 3 della legge impugnata implica, per i rimettenti, una analoga "soppressione di ogni possibilità di esercizio della libera professione", in quanto la consente sugli animali "da reddito" solo "in caso di carenza di veterinari libero-professionisti", e pone quindi una preclusione che difetta di "ogni ponderato collegamento con le esigenze del servizio sanitario pubblico", sicché è inficiato da vizi che riguardano anche il successivo art. 4, il quale estende la disciplina degli articoli 2 e 3 all’attività veterinaria sul "cavallo sportivo", apparendo altresì illegittimo anche l’art. 1, comma 2 della legge in ragione della sua "connessione" con la disciplina dei precedenti articoli 2, 3 e 4;

che, ad avviso del Tar, le norme impugnate vulnerano l’articolo 3 della Costituzione, dato che prima riconoscono, e poi, contraddittoriamente, restringono fino a vanificare il diritto dei veterinari pubblici all’esercizio dell’attività libero-professionale, nonché l’articolo 120 della Costituzione, a causa dell’indebito limite territoriale che la legge impugnata appone allo svolgimento della libera professione;

che la legge regionale sarebbe altresì in contrasto con l’art. 117 della Costituzione, in quanto, in una materia nella quale "la competenza regionale (...) conserva un ruolo secondario, ovvero attuativo di principi e norme stabilite a livello statale", essa violerebbe i principi fondamentali posti dall’art. 47 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 (Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale), dall’art. 36, primo comma, del d.P.R. 20 dicembre 1979, n. 761 (Stato giuridico del personale delle unità sanitarie locali), e dall’art. 4, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), i quali stabiliscono il diritto dei veterinari pubblici dipendenti all’esercizio dell’attività libero-professionale;

che si è costituita in giudizio la Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale, convenuta in entrambi i giudizi principali, chiedendo che le questioni di costituzionalità siano dichiarate inammissibili, in quanto il decreto del Ministro della sanità 31 luglio 1997 - recante disposizioni sulla "Attività libero professionale e incompatibilità del personale della dirigenza sanitaria del Servizio Sanitario Nazionale" - conterrebbe disposizioni di contenuto analogo a quello delle norme impugnate, con la conseguenza che, anche a seguito di una decisione di illegittimità costituzionale, esso rimarrebbe comunque in vigore, facendo "quindi venir meno l’interesse dei ricorrenti all’impugnativa";

che, secondo la difesa della Regione, le questioni sarebbero comunque infondate, in quanto le norme impugnate disciplinerebbero la libera professione dei veterinari pubblici "secondo un criterio non irragionevole", "finalizzato ad assicurare la migliore funzionalità del servizio pubblico sanitario", mentre il riferimento all’art. 4 della Costituzione non sarebbe pertinente, poiché detta norma costituzionale "concerne precipuamente l’accesso al mercato del lavoro";

che si sono costituiti i ricorrenti nei due giudizi principali, svolgendo argomentazioni a sostegno dell’accoglimento delle questioni di costituzionalità e deducendo in particolare che limiti all’attività libero-professionale dei veterinari pubblici possono venire disposti soltanto per grave e comprovato pregiudizio al servizio sanitario nazionale, e che il legislatore regionale non avrebbe rispettato il principio che essi "devono essere dimensionati in relazione al tipo di attività svolta nell’ambito della struttura pubblica, e non anche in riferimento al luogo in cui opera il veterinario".

Considerato che i giudizi hanno ad oggetto le medesime disposizioni di legge in riferimento agli stessi parametri costituzionali e quindi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che, successivamente alle ordinanze di rimessione, è stato emanato il decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (Norme per la razionalizzazione del servizio sanitario nazionale, a norma dell’art. 1 della legge 30 novembre 1998, n. 419), il quale, fra l’altro, ha stabilito, all’art. 13, una nuova disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie, la quale, come questa Corte ha rilevato, ha determinato il superamento della "stessa summa divisio fra regime dei sanitari che svolgono attività c.d. extramuraria e regime dei sanitari che svolgono attività intramuraria" (sentenza n. 63 del 2000);

che, in particolare, l’art. 15-quater del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, nel testo modificato dall’art. 13 dello stesso decreto legislativo n. 229 del 1999, ha disciplinato, al comma 3, anche il rapporto di lavoro di coloro che erano già alle dipendenze del Servizio Sanitario Nazionale, stabilendo, a seguito della ulteriore modifica introdotta dall'art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2000, n. 49 (Disposizioni correttive del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229, concernenti il termine di opzione per il rapporto esclusivo da parte dei dirigenti sanitari), che entro il 14 marzo 2000 "tutti i dirigenti in servizio alla data del 31 dicembre 1998 sono tenuti a comunicare al direttore generale l’opzione in ordine al rapporto esclusivo", e che anche "in assenza di comunicazione si presume che il dipendente abbia optato per il rapporto esclusivo", prevedendo altresì, al comma 1, che i dirigenti sanitari "con i quali sia stato stipulato il contratto di lavoro o un nuovo contratto di lavoro in data successiva al 31 dicembre 1998, nonché quelli che, alla data di entrata in vigore del presente decreto (...) abbiano optato per l’esercizio dell’attività libero professionale intramuraria, sono assoggettati al rapporto di lavoro esclusivo";

che, infine, il successivo art. 15 sexies, comma 1, dispone che lo stesso rapporto di lavoro dei dirigenti sanitari, che abbiano comunicato l'opzione per l'esercizio della libera professione extramuraria, "comporta la totale disponibilità nell'ambito dell'impegno di servizio, per la realizzazione dei risultati programmati e lo svolgimento delle attività professionali di competenza";

che la predetta sopravvenuta disciplina modifica il quadro normativo di riferimento considerato dai giudici rimettenti, cosicché si impone un nuovo esame della rilevanza delle questioni di costituzionalità nei giudizi a quibus.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 2000.

Francesco GUIZZI, Presidente

Piero Alberto CAPOTOSTI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28 marzo 2000.