ORDINANZA N.73
ANNO 2000
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Francesco GUIZZI, Presidente
- Cesare MIRABELLI
- Fernando SANTOSUOSSO
- Massimo VARI
- Cesare RUPERTO
- Riccardo CHIEPPA
- Gustavo ZAGREBELSKY
- Valerio ONIDA
- Carlo MEZZANOTTE
- Guido NEPPI MODONA
- Piero Alberto CAPOTOSTI
- Annibale MARINI
- Franco BILE
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 565, comma 1, 464, comma 1, 456, commi 1, 3 e 5, 429, commi 1 e 2, e 555, comma 2, del codice di procedura penale; dell’art. 555, comma 2, del codice di procedura penale; dell’art. 459 del codice di procedura penale e dell’art. 2 della legge 16 luglio 1997, n. 234 (Modifica dell’art. 323 del codice penale, in materia di abuso d’ufficio, e degli articoli 289, 416 e 555 del codice di procedura penale); e degli artt. 416 e 555 del codice di procedura penale, come modificati dalla medesima legge n. 234 del 1997, e 459 dello stesso codice, promossi con ordinanze emesse il 4 maggio 1999 dal Pretore di Camerino, il 28 maggio 1999 (2 ordinanze) dal Pretore di Brescia, il 19 maggio 1999 (2 ordinanze) dal Pretore di Firenze e il 13 aprile 1999 dal Pretore di S. Maria Capua Vetere – sezione distaccata di Aversa, rispettivamente iscritte ai nn. 460, 463, 464, 466, 467 e 471 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 38, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 9 febbraio 2000 il Giudice relatore Gustavo Zagrebelsky.
Ritenuto che il Pretore di Camerino ha sollevato, con ordinanza del 4 maggio 1999 (R.O. 460/99), questione di legittimità costituzionale dell’art. 555, comma 2, cod. proc. pen., in combinato disposto con gli artt. 565, comma 1, 464, comma 1, 456, commi 1, 3 e 5, e 429, commi 1 e 2, del medesimo codice, in riferimento all’art. 3, secondo comma, della Costituzione;
che il Pretore, chiamato a trattare il giudizio dibattimentale a seguito dell’opposizione dell’imputato a decreto penale di condanna, osserva che nel corso dell’indagine preliminare non é stata data all’imputato stesso comunicazione dell’invito a presentarsi per rendere l’interrogatorio, e che ciò é conforme all’assetto legislativo vigente, il quale non pone in tal senso un obbligo, stabilito a pena di nullità del decreto che dispone il giudizio emesso dal giudice per le indagini preliminari per effetto di opposizione al decreto penale (art. 565, comma 2, in relazione all’art. 464 cod. proc. pen.);
che di tale omissione legislativa, peraltro, il rimettente sostiene l’incostituzionalità, per "violazione del principio di uguaglianza sostanziale di cui al secondo comma dell’art. 3" della Costituzione, poichè all’imputato che sia chiamato a giudizio a seguito della sua opposizione al decreto penale é data una possibilità di difesa ridotta rispetto a quella accordata all’imputato citato a giudizio nel procedimento "ordinario" a norma dell’art. 555 cod. proc. pen., il quale, a seguito della riforma recata dalla legge 16 luglio 1997, n. 234, prescrive l’invito a presentarsi per rendere interrogatorio, nel corso delle indagini preliminari, a pena di nullità del decreto di citazione a giudizio;
che la differenziazione – osserva ancora il rimettente – appare ingiustificata, sia per la considerazione che le due situazioni anzidette appaiono assimilabili, essendo sostanzialmente rimessa a scelte discrezionali e non controllabili del pubblico ministero l’adozione dell’uno o dell’altro modello processuale, sia alla luce della ratio della citata riforma, il cui obiettivo é stato quello di imporre al pubblico ministero, prima dell’esercizio dell’azione penale, la presa in considerazione a favore dell’indagato degli elementi di prova forniti dallo stesso;
che con due identiche ordinanze del 28 maggio 1999 (R.O. 463 e 464/99) il Pretore di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di costituzionalità dell’art. 555, comma 2, cod. proc. pen., nella parte in cui non prevede che il decreto che dispone il giudizio, emesso dal giudice per le indagini preliminari a seguito di opposizione al decreto penale, sia nullo qualora non sia stato preceduto dall’invito all’indagato a presentarsi per rendere l’interrogatorio a norma dell’art. 375, comma 3, cod. proc. pen.;
che, secondo il Pretore, la mancata inclusione del suddetto decreto che dispone il giudizio tra gli atti per i quali é prevista la nullità per il caso di omissione dell’invito a presentarsi determina una ingiustificata disparità di trattamento, con pregiudizio delle garanzie di difesa, in danno dell’imputato soggetto al procedimento speciale per decreto, rispetto a chi sia sottoposto a procedimento penale ordinario, potendo solo il secondo, e non il primo, "eccepire la nullità del giudizio instauratosi nei suoi confronti" in ragione della mancata effettuazione dell’invito;
che il Pretore di Firenze ha sollevato, con due ordinanze di contenuto corrispondente, entrambe del 19 maggio 1999 (R.O. 466 e 467/99), questione di legittimità costituzionale dell’art. 459 cod. proc. pen. e dell’art. 2 della legge n. 234 del 1997, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che il rimettente da un lato richiama altra identica questione da lui stesso sollevata (R.O. 93/99), dall’altro osserva che il dubbio di costituzionalità ora riproposto non può dirsi venuto meno a seguito dell’ordinanza n. 432 del 1998 della Corte costituzionale, che ha dichiarato la manifesta infondatezza di altra questione affine;
che, infatti, anche se nella decisione sopra citata la Corte ha escluso la necessità di omologare lo schema processuale del rito per decreto a quello "ordinario", proprio sotto il profilo dell’invito a presentarsi e delle conseguenze della sua omissione, ritiene tuttavia il rimettente, in senso contrario, che sussista pur sempre il problema della differenza di trattamento tra indagati nella fase delle indagini preliminari, fase nella quale non v’é differenza tra indagato che sarà citato in giudizio in forma ordinaria e indagato per il quale verrà richiesto il decreto penale di condanna, a entrambi dovendo essere riconosciute le stesse garanzie e anzi risultando maggiormente degna di tutela la posizione del destinatario di un decreto penale;
che pertanto la mancata previsione legislativa dell’obbligo di formulare l’invito ex art. 375, comma 3, cod. proc. pen., allorchè il procedimento penale sia svolto nella forma del rito per decreto, diversamente da quanto é stabilito per il processo ordinario, si tradurrebbe in disparità di trattamento non giustificata e lesiva degli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che il Pretore di S. Maria Capua Vetere – sezione distaccata di Aversa, con ordinanza del 13 aprile 1999 (R.O. 471/99), denuncia di incostituzionalità l’art. 459 cod. proc. pen., unitamente agli artt. 416 e 555 dello stesso codice (come modificati dalla citata legge n. 234 del 1997), in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione;
che, svolgendo un’eccezione di incostituzionalità sollevata dalla difesa, il rimettente osserva che l’indagato soggetto a un decreto penale di condanna é privato del diritto di rendere l’interrogatorio a seguito di invito, e subisce pertanto una menomazione delle proprie garanzie di difesa, in relazione alla fase delle indagini preliminari, nel raffronto con l’indagato che sia citato a giudizio in forma ordinaria;
che, ad avviso del remittente, ciò comporta la violazione degli artt. 3 e 24 della Costituzione, secondo la medesima prospettazione svolta dal Pretore di Firenze;
che nei giudizi promossi dai Pretori di Camerino, Brescia e S. Maria Capua Vetere (R.O. 460, 463, 464 e 471/99) é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato;
che, rilevando l’eterogeneità dei modelli processuali messi a raffronto – essendo il procedimento per decreto caratterizzato da esigenze di particolare speditezza e dalla struttura di processo a contraddittorio differito – nonchè richiamando precedenti decisioni di manifesta infondatezza rese da questa Corte su questioni analoghe (ordinanze nn. 325 del 1999 e 432 del 1998), l’Avvocatura ha concluso nel senso della manifesta infondatezza delle questioni sollevate.
Considerato che le sei ordinanze di rimessione sollevano, in termini identici o analoghi tra loro, questioni di costituzionalità sostanzialmente corrispondenti e che pertanto i relativi giudizi possono essere riuniti e definiti con unica pronuncia;
che, pur nella varietà delle disposizioni di volta in volta denunziate e delle argomentazioni svolte, i giudici rimettenti individuano la possibile lesione del principio di uguaglianza e della garanzia della difesa nella mancata inclusione del procedimento per decreto tra quelli per i quali é stabilito, quale requisito di validità del giudizio, l’obbligo di effettuare l’invito all’indagato a presentarsi per rendere l’interrogatorio, a norma dell’art. 375, comma 3, cod. proc. pen., così come é previsto per il procedimento ordinario a seguito delle modifiche recate dalla legge n. 234 del 1997;
che peraltro, successivamente alle ordinanze di rimessione, é intervenuta la legge 16 dicembre 1999, n. 479 (Modifiche alle disposizioni sul procedimento davanti al tribunale in composizione monocratica e altre modifiche al codice di procedura penale. Modifiche al codice penale e all’ordinamento giudiziario. Disposizioni in materia di contenzioso civile pendente, di indennità spettanti al giudice di pace e di esercizio della professione forense), che, nell’ambito di una generale revisione del procedimento penale dinanzi al tribunale, anche in composizione monocratica, ha, in particolare, modificato le norme denunciate e quelle assunte dai rimettenti quali termini di raffronto ai fini della prospettazione del dubbio di costituzionalità;
che, per effetto della nuova disciplina, il previo invito all’indagato a presentarsi per rendere interrogatorio nell’ambito delle indagini preliminari non costituisce più un obbligo incondizionato per il pubblico ministero, bensì é previsto solo in seguito a una richiesta in tal senso da parte dell’indagato, cui deve essere comunicato l’"avviso della conclusione delle indagini preliminari" (art. 415-bis cod. proc. pen., introdotto dall’art. 17, comma 2, della legge n. 479 del 1999);
che, in connessione con la diversa configurazione dell’eventuale contraddittorio tra pubblico ministero e indagato, é stata correlativamente posta una nuova e diversa disciplina circa la nullità degli atti di citazione a giudizio, nei casi di omissione degli atti sopra detti (v. gli artt. 416, comma 1, e 552, comma 2 – quest’ultimo "sostitutivo" dell’art. 555 previgente – cod. proc. pen., quali modificati dagli artt. 17, comma 3, e 44 della legge n. 479 del 1999);
che, stante il complessivo mutamento del quadro normativo assunto dai rimettenti a premessa delle censure di incostituzionalità, occorre restituire gli atti agli stessi giudici, a essi spettando di valutare se, a seguito delle modifiche intervenute nella disciplina processuale in esame, le questioni sollevate siano, nei giudizi principali, tuttora rilevanti nei termini in cui sono state proposte.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
ordina la restituzione degli atti al Pretore di Camerino, al Pretore di Brescia, al Pretore di Firenze e al Pretore di S. Maria Capua Vetere – sezione distaccata di Aversa.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 marzo 2000.
Francesco GUIZZI, Presidente
Gustavo Zagrebelsky, Redattore
Depositata in cancelleria il 17 marzo 2000.