ORDINANZA N. 445
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Prof. Giuliano VASSALLI, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 309, commi 5 e 10, del codice di procedura penale, promossi con due ordinanze emesse il 15 dicembre 1998 dal Tribunale di Napoli, sezione per il riesame delle misure cautelari coercitive, iscritte ai nn. 292 e 358 del registro ordinanze 1999 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 21 e 32, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 27 ottobre 1999 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto che, con due ordinanze di analogo contenuto (R.O. nn. 292 e 358 del 1999) emesse nel corso di distinti giudizi il 15 dicembre 1998, pervenute a questa Corte, rispettivamente, il 30 aprile e il 3 giugno 1999, il Tribunale di Napoli, sezione per il riesame delle misure cautelari coercitive, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, 13 e 24 della Costituzione, dell'art. 309 (Riesame delle ordinanze che dispongono una misura coercitiva), commi 5 e 10, del codice di procedura penale, "nella parte in cui non è prevista la perdita di efficacia dell'ordinanza che dispone la misura coercitiva in caso di non immediato avviso della presentazione della richiesta di riesame all'autorità giudiziaria procedente";
che il giudice a quo prende atto della soluzione interpretativa adottata da questa Corte con la sentenza n. 232 del 1998, secondo cui il termine perentorio di cinque giorni per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame decorre dal momento in cui perviene alla cancelleria del medesimo la richiesta di riesame, e che dunque entro tale termine si deve collocare anche l'"immediato avviso" che deve esserne dato all'autorità procedente affinché provveda alla tempestiva trasmissione degli atti; ma lo stesso giudice ritiene di doversi discostare da tale soluzione interpretativa, giudicata in contrasto con il tenore dell'art. 309, comma 5, cod. proc. pen.;
che, su questa premessa, il Tribunale remittente ritiene di non avere altra alternativa che quella di sollevare nuovamente la questione di legittimità costituzionale delle disposizioni denunciate, non potendo assegnare alla formula normativa un significato ritenuto incompatibile con la Costituzione; e pertanto promuove l’incidente per le medesime ragioni già disattese da questa Corte, all'uopo richiamando e facendo proprie le motivazioni dell'ordinanza di rimessione della Corte di cassazione del 9 giugno 1997 (R.O. n. 674 del 1997), che diede luogo al giudizio di legittimità costituzionale concluso con la sentenza n. 232 del 1998;
che in entrambi i giudizi è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata, sulla base dell'interpretazione adottata da questa Corte nella citata sentenza n. 232 del 1998.
Considerato che le due ordinanze sollevano la stessa questione, sicché può disporsi la riunione dei giudizi affinché siano decisi con un’unica pronuncia;
che, come ricorda il giudice a quo, questa Corte ha già in altra occasione deciso identica questione, dichiarandola non fondata sulla base di una ricostruzione del sistema normativo in esame - pure ricordata dal remittente - alla luce dei principi costituzionali relativi alla garanzia giurisdizionale in materia di libertà personale (sentenza n. 232 del 1998);
che successivamente questa Corte, con ordinanza n. 269 del 1999, ha dichiarato la stessa questione manifestamente infondata, prendendo atto che la Corte di cassazione a sezioni unite, con sentenza 18 gennaio 1999, n. 25, aveva accolto e a sua volta argomentato la soluzione interpretativa adottata da questa Corte nella predetta sentenza n. 232 del 1998;
che il Tribunale solleva nuovamente la questione ritenendo di non condividere la predetta soluzione interpretativa;
che le ordinanze di rimessione sono però anteriori alla sentenza delle sezioni unite della Corte di cassazione n. 25 del 1999 sopra ricordata, e dunque non hanno potuto tenerne conto;
che, dopo la detta pronuncia del giudice di legittimità, la controversia interpretativa sul dies a quo della decorrenza del termine per la trasmissione degli atti al tribunale del riesame può, allo stato, ritenersi risolta nel senso dell'accoglimento della richiamata interpretazione ancorata ai principi costituzionali: interpretazione che deve essere confermata, e alla cui luce la questione ora nuovamente sollevata risulta manifestamente non fondata (ordinanza n. 269 del 1999).
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 309, commi 5 e 10, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli articoli 3, 13 e 24 della Costituzione, dal Tribunale di Napoli, sezione per il riesame, con le ordinanze in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costitu-zionale, Palazzo della Consulta, il 22 novembre 1999.
Giuliano VASSALLI, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in cancelleria il 1° dicembre 1999.