Sentenza n. 426/99

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SENTENZA N. 426

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Carlo MEZZANOTTE

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio per conflitto di attribuzione sorto a seguito del decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali del 27 febbraio 1997, recante determinazione e assegnazione delle quote in quintali di zucchero e isoglucosio, promosso con ricorso della Regione Lombardia, notificato il 7 maggio 1997, depositato in cancelleria il 26 successivo ed iscritto al n. 32 del registro conflitti 1997.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, e l’atto di intervento della Società Fondiaria Industriale Romagnola S.p.A. (S.F.I.R. S.p.A.);

udito nell’udienza pubblica del 22 giugno 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte;

uditi l’avvocato Giuseppe Ferrari per la Regione Lombardia, l’avvocato dello Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Vincenzo Cerulli Irelli per la Società Fondiaria Industriale Romagnola S. p. A. (S.F.I.R. S.p.A.).

Ritenuto in fatto

1.1. — Con ricorso notificato il 7 maggio 1997 e depositato il 26 successivo, la Regione Lombardia ha sollevato conflitto di attribuzione contro lo Stato in relazione al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali 27 febbraio 1997, concernente la determinazione ed assegnazione delle quote di produzione di zucchero e di isoglucosio in vigore a partire dalla campagna bieticolo-saccarifera 1997-98, per violazione degli articoli 3, 5, 11, 41, 43, 97, 117 e 118 della Costituzione.

La ricorrente censura la determinazione delle quote attribuite alle società operanti nelle Regioni del Nord e, quindi, anche nel proprio territorio, e in particolare l’ammontare della quota attribuita alla società Eridania. Il decreto impugnato, ad avviso della Regione Lombardia, confermando per la campagna 1997-1998 i quantitativi già decurtati attribuiti alla Eridania nella precedente stagione, opererebbe una rinnovata decurtazione a sfavore di tale gruppo, in quanto assegnerebbe ad esso una quota complessivamente inferiore al quantitativo storicamente prodotto.

1.2. — Premesso che, in base alla disciplina comunitaria e nazionale, per l’impresa  saccarifera  la quota rappresenterebbe un fondamentale valore patrimoniale, in funzione del quale verrebbero predisposti gli investimenti e che le Regioni subirebbero ovvie conseguenze, in termini diretti ed immediati, da spostamenti delle quote da una impresa all’altra, e più ancora da una parte all’altra del territorio nazionale, la ricorrente censura il decreto ministeriale innanzitutto perché esso non rispetterebbe né i criteri ispiratori della disciplina comunitaria del settore – tra i quali figurerebbe in particolare quello della concentrazione della coltivazione della barbabietola nelle zone più idonee – né quelli posti dalla normativa interna, attuativa di quella comunitaria, consistenti sia nella concentrazione della produzione di bietole e di saccarosio nei bacini regionali più vocati, sia nella concentrazione della produzione di zucchero in un numero più ristretto di impianti, adeguati a garantire una produttività vicina alla media europea.

Il decreto impugnato, adottato, secondo la ricorrente, senza un’adeguata istruttoria, non rispetterebbe tali criteri ma penalizzerebbe una eccezionale sottoproduzione  delle  Regioni  del  Nord  dovuta a fattori climatici e accrediterebbe alle altre Regioni quote produttive superiori alla produzione effettiva dell’anno precedente, ponendo in essere “un attentato all’autonomia costituzionale delle Regioni interessate – come la Lombardia – che hanno visto pregiudicata la loro capacità di governo del settore”.

Ne risulterebbe così violato, in riferimento agli articoli 5, 117 e 118, l’articolo 3 della Costituzione, sia sotto il profilo della disparità di trattamento tra Regioni, sia sotto il profilo della irrazionalità, perché il decreto impugnato perseguirebbe i fini dichiarati (garanzia di una gestione del settore conforme al diritto comunitario; concorrenzialità del “particolare comparto”) impiegando criteri decisionali assolutamente contrastanti, come quello della considerazione di un’annata produttiva particolarmente infelice e quello dell’incentivo alla produzione in zone non vocate. Il decreto ministeriale sarebbe anche affetto da irragionevolezza perché esso non perseguirebbe la razionalizzazione della produzione, ma la distribuzione delle quote produttive con finalità essenzialmente assistenziali.

1.3. — Il decreto si porrebbe in contrasto, poi, ad avviso della Regione ricorrente, con l’articolo 11 della Costituzione, dal momento che l’articolo 25 del regolamento CEE n. 1785/81 del Consiglio del 30 giugno 1981 (relativo all’organizzazione comune dei mercati nel settore dello zucchero) impegnerebbe gli Stati ad effettuare la redistribuzione delle quote di produzione saccarifera, sottratte ad alcune imprese nell’ambito dei progetti di ristrutturazione della coltura della barbabietola, in favore di imprese stabilite “nella stessa regione delle imprese cui detti quantitativi sono sottratti”.

Inoltre, poiché il rispetto della norma comunitaria da un lato sarebbe funzionale alla più efficiente amministrazione del settore saccarifero (e quindi all’attuazione dell’articolo 97 della Costituzione), perché consentirebbe alle Regioni di contare su dati produttivi certi nell’esercizio delle loro attribuzioni, e dall’altro consentirebbe alle Regioni (e allo Stato) di indirizzare l’iniziativa privata a fini sociali, in un quadro generale di programmazione, risulterebbero violati anche gli articoli 41 e 43 della Costituzione.

1.4. — La ricorrente rileva, infine, che, se il provvedimento impugnato potesse essere considerato come atto programmatorio, esso, in quanto atto di determinazione dei criteri generali di governo del settore, avrebbe dovuto essere adottato previa consultazione della Conferenza Stato-Regioni, il che non sarebbe avvenuto. Se, invece, il decreto in questione fosse ritenuto atto “immediatamente dispositivo di specifiche situazioni individuali di operatori economici e di Regioni”, esso avrebbe dovuto essere adottato previa consultazione individuale delle Regioni direttamente interessate, cosa che, ugualmente, non si sarebbe verificata.

2. — Nel giudizio innanzi alla Corte ha depositato atto di intervento la Società Fondiaria Industriale Romagnola S.p.A. (S.F.I.R. S.p.A.), chiedendo che il ricorso della Regione Lombardia sia dichiarato inammissibile o comunque infondato.

3.1. — Si è costituita in giudizio l’Avvocatura generale dello Stato prospettando, in via preliminare, nella memoria depositata in prossimità dell’udienza, vari profili di inammissibilità del ricorso.

In primo luogo, l’Avvocatura eccepisce il difetto di interesse della Regione Lombardia, in quanto le quote zucchero farebbero riferimento alle industrie saccarifere e non anche ai singoli produttori agricoli, l’interesse dei quali riceverebbe una tutela soltanto indiretta.

In secondo luogo, l’Avvocatura rileva che, poiché nel territorio della Regione Lombardia opera un solo stabilimento di proprietà del gruppo Eridania (che può contare su altri dieci stabilimenti in Italia), la Regione ricorrente potrebbe avere interesse a lamentare l’invasione della sua sfera di attribuzione in materia di agricoltura ove fosse dimostrato – ma nel caso concreto non sarebbe avvenuto – che la diminuzione della quota del gruppo, confermata dal decreto impugnato, abbia inciso sulla produzione dell’unico stabilimento ubicato nel suo territorio, nel senso che questo stabilimento abbia assorbito meno “barbabietole lombarde” di quante ne assorbiva prima della riduzione.

In via subordinata, l’Avvocatura eccepisce l’inammissibilità del ricorso per difetto di notifica ad almeno una Regione controinteressata.

Infine, l’Avvocatura contesta che la Regione Lombardia abbia veste giuridica per farsi portatrice degli interessi dell’”Italia del Nord” o delle “Regioni del Nord”.

3.2. — Nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato ritiene prive di fondamento le deduzioni della ricorrente in riferimento alla lamentata violazione degli artt. 3, 5, 11, 117 e 118 della Costituzione, per il mancato perseguimento degli obiettivi imposti dall’Unione Europea della “concentrazione della produzione di bietole e di saccarosio nei bacini regionali più vocati” e della “concentrazione della produzione di zucchero in un numero più ristretto di impianti”.

Dopo aver premesso che tali deduzioni integrerebbero più una critica della politica statale nel settore bieticolo-saccarifero che vere e proprie censure di illegittimità dell’atto impugnato, l’Avvocatura rileva che l’obiettivo della concentrazione degli impianti sarebbe stato perseguito e raggiunto dallo Stato, dal momento che dal 1968 ad oggi gli impianti di trasformazione si sarebbero ridotti da 79 a 23; contesta poi che le Regioni del Nord siano quelle più vocate alla produzione bieticola, ed osserva che l’unico stabilimento di trasformazione gestito dal gruppo Eridania, ubicato nel territorio lombardo, malgrado le riduzioni apportate dai decreti ministeriali, non avrebbe subito contrazioni nella produzione.

Del resto, la riduzione della quota Eridania disposta dal decreto 19 febbraio 1996 e confermata dal decreto impugnato, prosegue l’Avvocatura, sarebbe motivata dalla necessità di procedere ad un riequilibrio delle assegnazioni, avendo diverse imprese presentato significativi divari nell’utilizzo delle quote assegnate, e dall’esigenza di adeguare le quote alla effettiva capacità produttiva dell’impresa, allo scopo di utilizzare a pieno le risorse comunitarie. E il gruppo Eridania (il solo che abbia un legame territoriale con la ricorrente) presenterebbe da quattro campagne saccarifere un significativo minus produttivo in rapporto alle quote di produzione assegnate, sicché nessuna irragionevolezza o irrazionalità sarebbe ravvisabile nell’esercizio del potere statale.

Quanto al lamentato difetto di istruttoria, l’Avvocatura rileva che il decreto impugnato è basato sulla constatazione degli indirizzi produttivi acquisiti e prevedibili, nonché  sui  dati  previsionali  relativi  agli  investimenti  bieticoli  della campagna 1997-1998 forniti dalle associazioni agricole rappresentanti la quasi totalità della produzione bieticola.

Né, ad avviso dell’Avvocatura, potrebbe sostenersi che dalla normativa comunitaria discenda un obbligo, per lo Stato membro, di riassegnare le quote nell’ambito della medesima Regione, giacché l’articolo 25, paragrafo 3, del regolamento CEE n. 1785/81, invocato dalla ricorrente, rinvia all’articolo 24, paragrafo 2, nel quale il termine “regione” non individuerebbe una circoscrizione territoriale, ma gli stessi Stati membri.

Da ultimo, l’Avvocatura osserva che l’atto impugnato non avrebbe contenuto programmatorio e che nessuna norma nazionale vigente prevederebbe in materia la consultazione della Conferenza Stato-Regioni.

4. — Anche la Regione Lombardia ha depositato una memoria, nella quale ribadisce le argomentazioni svolte e le conclusioni formulate nell’atto introduttivo del presente giudizio.

La ricorrente, in particolare, rileva che il provvedimento impugnato irrazionalmente non terrebbe alcun conto dell’unico dato obiettivo, rappresentato dalla estensione dei terreni destinati alla produzione di barbabietole e quindi dalla potenzialità produttiva, essendo esso, al contrario, ispirato dalla considerazione di circostanze contingenti e temporanee, non controllabili e non prevedibili, quali la ridotta produzione di saccarosio, a parità di superfici coltivate a barbabietola, a causa delle avverse condizioni meteorologiche e climatiche.

Quanto alla dedotta violazione del principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni, la ricorrente osserva che la legislazione nazionale si è orientata nel senso del rafforzamento di quel principio, avendo previsto l’intesa del Ministero per le politiche agricole con la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato e Regioni con riferimento alla elaborazione delle linee guida in tema di agricoltura (articolo 2 del decreto legislativo 4 giugno 1997, n. 143, recante «Conferimento alle Regioni delle funzioni amministrative in materia di agricoltura e pesca e riorganizzazione dell’Amministrazione centrale»).

La Regione Lombardia contesta infine la ammissibilità dell’intervento della S.F.I.R. S.p.A., e, in ogni caso, la fondatezza di tutte le eccezioni prospettate dalla interveniente.

5. — Nella pubblica udienza del 22 giugno 1999, questa Corte, con ordinanza, ha differito al merito la decisione sull’ammissibilità dell’intervento della S.F.I.R. S.p.A.

La Regione Lombardia ha depositato ulteriore documentazione.

Considerato in diritto

1. — Il presente giudizio ha ad oggetto il conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Lombardia nei confronti dello Stato in relazione al decreto del Ministro delle risorse agricole, alimentari e forestali in data 27 febbraio 1997, concernente la determinazione ed assegnazione delle quote di produzione di zucchero e di isoglucosio in vigore a partire dalla campagna bieticolo-saccarifera 1997-1998.

Ad avviso della ricorrente, il decreto impugnato, disponendo la “rinnovata decurtazione” delle quote di produzione saccarifera di imprese dell’Italia del Nord a favore di altre zone del Paese, sarebbe illegittimo, per violazione degli articoli 3, 5, 11, 41, 43, 97, 117 e 118 della Costituzione, in quanto: immotivatamente e irragionevolmente opererebbe una evidente discriminazione tra Regioni; violerebbe l’articolo 25 del regolamento CEE del Consiglio n. 1785 del 30 giugno 1981, che prevederebbe la redistribuzione delle quote di produzione “nella stessa Regione” al fine di una più efficiente amministrazione del settore, tale da indirizzare l’iniziativa privata a fini sociali in un quadro generale di programmazione; sarebbe stato adottato senza acquisire il parere né della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato e le Regioni e le Province autonome, né delle singole Regioni interessate.

Nel giudizio è intervenuta la Società Fondiaria Industriale Romagnola S.p.A. (S.F.I.R. S.p.A.), eccependo in primo luogo l’inammissibilità del ricorso proposto dalla Regione Lombardia, e concludendo nel merito per la reiezione del ricorso stesso.

2. — Sono inammissibili sia l’atto di intervento della SFIR S.p.A., sia il ricorso per conflitto di attribuzione proposto dalla Regione Lombardia.

E’ risaputo l’orientamento della giurisprudenza costituzionale secondo il quale nel giudizio sul conflitto di attribuzione tra Stato e Regioni non possono intervenire soggetti diversi da quelli legittimati a promuovere il conflitto o a resistervi (sentenze nn. 375 del 1997; 419 del 1995; 497 e 458 del 1993; 162 del 1990). Tale orientamento, nei limiti in cui è inteso a salvaguardare il tono costituzionale dei conflitti affidati al giudizio della Corte e a far sì che questi non mettano capo a controversie di diritto comune, deve essere tenuto fermo.

Ragioni non dissimili depongono nel senso dell’inammissibilità del ricorso tutte le volte in cui questo abbia ad oggetto atti a destinatari determinati, identificabili come sicuri titolari di situazioni giuridicamente protette, e non vi sia coinvolgimento di attribuzioni di rango costituzionale. Uno scrutinio attento in punto di ammissibilità è imposto, in simili casi, dall’esigenza che il ricorso per conflitto, da presidio dell’integrità di competenze costituzionali, non trasmodi in anomalo strumento di sostegno della posizione di alcuno dei destinatari dell’atto impugnato ai danni di altri.

3. — Il decreto in esame ha come destinatarie le imprese produttrici di zucchero e come oggetto la determinazione ed assegnazione a ciascuna di esse delle quote di zucchero e di isoglucosio per la campagna bieticolo-saccarifera 1997-1998.

La Regione Lombardia non rivendica come proprio il potere esercitato dal Ministro di determinare ed assegnare alle diverse imprese le quote. Ritiene invece che tale potere, la cui spettanza allo Stato non è controversa, sia stato esercitato illegittimamente ed abbia menomato le sue attribuzioni, giacché la “rinnovata decurtazione” della quota zucchero del gruppo Eridania (in realtà, conferma della quota già ridotta nel periodo precedente) non sarebbe stata bilanciata da una riassegnazione di quote ad imprese operanti nell’Italia settentrionale.

Ad avviso della ricorrente, il decreto, avvantaggiando la produzione delle imprese operanti nelle Regioni dell’Italia centrale e meridionale, pregiudicherebbe le imprese del Nord e insieme la capacità di programmazione delle Regioni settentrionali, e quindi della Lombardia, nel settore bieticolo-saccarifero

4. — Nell’attuale assetto normativo del comparto della produzione bieticolo-saccarifera non esiste un collegamento così stretto tra entità della quota zucchero assegnata alle singole imprese, da un lato, e sviluppo agro-industriale della circoscrizione del territorio regionale circostante, dall’altro, tale da lasciar supporre che ad ogni variazione di una quota faccia riscontro una variazione della produzione dello zucchero e della coltura delle barbabietole nella Regione nella quale è situato un impianto dell’impresa destinataria del provvedimento ministeriale.

Rilevanti fenomeni di concentrazione hanno fatto sì che titolari delle quote zucchero siano prevalentemente grandi gruppi industriali, ciascuno dei quali ha insediato i propri stabilimenti in più Regioni e fra questi distribuisce territorialmente la produzione secondo criteri di convenienza economica. Può così accadere che, nonostante la diminuzione della sua quota, un gruppo industriale incrementi la produzione in uno stabilimento situato in una determinata Regione approvvigionandosi in quella stessa Regione o in un’altra.

E’ certo  vero che al sistema delineato dai regolamenti comunitari (regolamenti nn. 1785/81 del Consiglio del 30 giugno 1981 e 193/82 del Consiglio del 26 gennaio 1982, e successive modificazioni) e dagli atti nazionali di attuazione non è estranea un’istanza di connessione territoriale tra produzione della materia prima e sua trasformazione. L’esigenza che siano fornite eque garanzie sia ai fabbricanti che ai produttori bieticoli, per quanto concerne la loro occupazione e il loro tenore di vita, è positivamente affermata nel diritto comunitario ed è anzi obiettivo primario, esplicitamente enunciato, dello stesso regime delle quote; un regime che, se orienta l’interesse nazionale all’integrale utilizzazione dei quantitativi globali assegnati allo Stato italiano (da qui l’indubbia competenza statale), legittima l’aspirazione dei fabbricanti di zucchero a produrre per intero la quota loro assegnata e insieme quella degli agricoltori a collocare presso gli zuccherifici la totalità dei loro prodotti. Lo stesso “Aggiornamento” del piano bieticolo-saccarifero del Ministro dell’agricoltura e delle foreste del novembre 1990 si mostra partecipe, come è stato osservato in dottrina, dell’esigenza di superare una visione atomistica del processo produttivo agricolo mediante interventi organici sull’intero comparto che facciano riferimento, più che a imprese o a gruppi di imprese, ad ambiti territoriali a vocazione bieticola, giungendosi ad auspicare “la messa a punto” di un sistema di accordi locali tra bieticoltori e società saccarifere finalizzato alla reciproca garanzia di collocamento delle bietole e di copertura del fabbisogno aziendale (paragrafo 34 del citato Aggiornamento).

Lo strumento che collega in maniera più stretta l’interesse degli zuccherifici a quello degli agricoltori non consiste però in atti vincolanti della autorità pubblica mediante i quali venga addossato alle imprese l’obbligo di utilizzare la quota zucchero, o un suo quantitativo prestabilito, solo in quel determinato impianto, o di approvvigionarsi, per quella frazione di quota, solo presso gli agricoltori della specifica Regione ove l’impianto è ubicato. Questo collegamento è affidato ad atti di autonomia collettiva ed individuale delle parti del processo produttivo, e trascende l’interesse delle singole Regioni. Nel quadro di accordi interprofessionali a livello nazionale, interregionale e regionale, sono previsti contratti di coltivazione e vendita, promossi dalle medesime organizzazioni sindacali, tra produttori agricoli, singoli o associati, e imprese di trasformazione o commercializzazione, singole o associate. E’ in forza di questi contratti che a carico della parte industriale si determina un vincolo a ritirare tutta la produzione che la parte agricola si impegna a consegnare (artt. 7 e 8 della legge 16 marzo 1988, n. 88); ed è così che bacini bieticoli si collegano territorialmente a determinate imprese o a determinati impianti.

Senza un accordo tra le parti private, non vi è dunque alcuna garanzia  né alcuna certezza che l’impresa spenda invariabilmente la stessa frazione della quota di cui è titolare presso un impianto ubicato in una determinata Regione, e per converso non vi è alcuna garanzia che da tale impianto venga assorbita la produzione agricola di quella Regione: basti considerare che dal citato “Aggiornamento” risultano Regioni ove sono ubicati bacini bieticoli ma nessun impianto industriale di trasformazione.

Dall’assenza di un collegamento, diverso da eventuali vincoli contrattuali tra le parti, che congiunga ambito regionale, coltura delle barbabietole e impianti di trasformazione, consegue linearmente il difetto di interesse della ricorrente e quindi l’inammissibilità del ricorso. Del resto, la stessa Regione Lombardia, a fondamento del proprio ricorso, individua non tanto un proprio interesse quanto un interesse del Nord del Paese, contrapposto a quello del Centro e del Sud: si vede cioè quasi costretta a farsi portatrice, in questa sede, di una diversa e più ampia sfera di interessi, quella dell’intero Nord d’Italia, che, per il carattere strettamente territoriale della rappresentanza politica regionale, non spetta alle Regioni tutelare con lo strumento del conflitto di attribuzione. Una volta esclusa la configurabilità di un interesse che si puntualizzi nella Regione ricorrente, la dimensione degli interessi giustiziabili non riguarda, nella specie, attribuzioni costituzionali e resta soltanto quella delle situazioni soggettive dei privati coinvolti dal provvedimento plurimo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla Regione Lombardia, con il ricorso in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 10 novembre 1999.

 

Ordinanza letta nell’udienza pubblica del 22 giugno 1999

Visto l’atto d’intervento con il quale la Società Fondiaria Industriale Romagnola S.p.A. (S.F.I.R. S.p.A.) chiede che sia dichiarata ammissibile la sua costituzione in giudizio;

udito il difensore della S.F.I.R. S.p.A., avv. Vincenzo Cerulli Irelli e i difensori delle altre parti.

Ritenuto opportuno che la questione relativa alla ammissibilità di tale intervento venga decisa insieme al merito.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dispone procedersi alla discussione del ricorso per conflitto.

Firmato: Renato Granata, Presidente