ORDINANZA N. 423
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12- sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall’articolo 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), promosso con ordinanza emessa il 18 settembre 1998 dal Pretore di Ancona nel procedimento penale a carico di Piero Sacchetti, iscritta al n. 161 del registro ordinanze 1999 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 12, prima serie speciale, dell’anno 1999.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 29 settembre 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto che con ordinanza emessa il 18 settembre 1998 nel corso di un processo penale promosso con l’imputazione di non aver adempiuto l’obbligo di corrispondere l’assegno stabilito a favore del coniuge divorziato, il Pretore di Ancona ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), nella parte in cui, disponendo che al coniuge che si sottrae all’obbligo di corrispondere l’assegno fissato con la sentenza che pronuncia lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio si applicano le pene stabilite dall’art. 570 del codice penale, non prevede che il reato sia punibile a querela della persona offesa;
che, ad avviso del giudice rimettente, il rinvio all’art. 570 cod. pen., contenuto nella disposizione denunciata, riguarderebbe soltanto le pene previste per il reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, ma non comprenderebbe la disciplina della punibilità del reato a querela della persona offesa; su questa base, il Pretore ritiene che il reato previsto dall'art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970 sia perseguibile d’ufficio anche quando riguardi l'inadempimento in danno dell'ex coniuge, a differenza del delitto previsto dall'art. 570 cod. pen., che egli considera analogo quando la violazione degli obblighi di assistenza familiare consista nella mancata corresponsione dei mezzi economici necessari al mantenimento del coniuge convivente o legalmente separato;
che il Pretore di Ancona denuncia la lesione del principio di eguaglianza (art. 3 Cost.) e della tutela accordata alla famiglia come società naturale fondata sul matrimonio (art. 29 Cost.), giacché la procedibilità a querela soltanto del delitto di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod. pen.), e non invece dell’analogo reato commesso dal coniuge divorziato, determinerebbe una ingiustificata disparità di trattamento e rafforzerebbe la tutela dell’ex coniuge sotto il profilo delle modalità di impulso processuale del reato, mentre minore sarebbe la protezione del coniuge convivente o separato;
che il giudice rimettente considera la soluzione del dubbio di legittimità costituzionale rilevante per il giudizio del quale è investito, giacché, se la questione fosse accolta, egli dovrebbe emanare una sentenza di non doversi procedere per sopravvenuta remissione della querela;
che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione di legittimità costituzionale sia dichiarata manifestamente inammissibile o manifestamente infondata, sottolineando che questioni identiche sono già state esaminate dalla Corte e dichiarate inammissibile o manifestamente inammissibile (sentenza n. 325 del 1995 e ordinanza n. 209 del 1997).
Considerato che la questione di legittimità costituzionale è diretta ad assimilare, quanto alla procedibilità a querela della persona offesa, il reato commesso dall’ex coniuge che si sottrae all’obbligo di corrispondere l’assegno dovuto per il mantenimento del coniuge divorziato dopo lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio (art. 12-sexies della legge n. 898 del 1970, aggiunto dall’art. 21 della legge n. 74 del 1987) al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare (art. 570 cod. pen.) per la mancata corresponsione dei mezzi economici necessari al mantenimento del coniuge convivente o legalmente separato senza colpa;
che il giudice rimettente, nel sollevare il dubbio di legittimità costituzionale, interpreta il rinvio all’art. 570 cod. pen., operato dalla norma denunciata, come esclusivamente riferito alle sanzioni previste per quel reato, senza comprendere la procedibilità a querela della persona offesa;
che la questione prospettata coglie, nelle situazioni poste a raffronto, solamente l’aspetto della diversa procedibilità del reato, senza considerare altri elementi di diversità della disciplina, relativi anche alle condotte penalmente sanzionate, rispettivamente, dall’art.12-sexies della legge n. 898 del 1970 e dall’art. 570 cod. pen.; sicché ¾ come questa Corte ha già affermato, dichiarando inammissibile (sentenza n. 325 del 1995) e manifestamente inammissibile (ordinanza n. 209 del 1997) questioni identiche o analoghe ¾ l’intervento richiesto non renderebbe omogenee le discipline poste a raffronto, ma, riguardando soltanto il regime della procedibilità, toccherebbe esclusivamente uno degli elementi che diversificano le fattispecie considerate (cfr., inoltre, sentenza n. 472 del 1989 e ordinanza n. 299 del 1998);
che l’ordinanza di rimessione invoca impropriamente l’art. 29 della Costituzione per denunciare quella che ritiene essere una minore tutela del coniuge convivente o separato rispetto all’ex coniuge, mentre l’oggetto della questione di costituzionalità non è la condizione del coniuge in costanza di matrimonio o separato; d’altra parte la Corte ha già altre volte ritenuto l’art. 29 della Costituzione parametro non utile per sindacare modalità di impulso processuale di reati attinenti a rapporti familiari (sentenza n. 46 del 1970; ordinanza n. 535 del 1987);
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 12-sexies della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), aggiunto dall'art. 21 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 29 della Costituzione, dal Pretore di Ancona con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 ottobre 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 4 novembre 1999.