SENTENZA N. 394
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 907 del cod. civ., promosso con ordinanza emessa il 4 settembre 1998 dal Pretore di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Marasca Velio ed altra e Borioni Mario ed altri, iscritta al n. 778 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 43, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 7 luglio 1999 il Giudice relatore Cesare Ruperto.
Ritenuto in fatto
Nel corso di un procedimento per denuncia di nuova opera - promosso dai condomini, proprietari di un appartamento, nei confronti dei proprietari dell'appartamento sottostante, i quali, al piano terra, avevano avviato la realizzazione di una tettoia di legno in aderenza all'edificio, senza il rispetto delle distanze minime previste dalla legge - il Pretore di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, ha sollevato, con ordinanza emessa il 4 settembre 1998, questione di legittimità costituzionale - in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione - dell'art. 907 del codice civile, nella parte in cui preclude al giudice «ogni bilanciamento tra l'obiettiva funzione di tutela della riservatezza della costruzione e la difesa della veduta spettante al proprietario limitrofo».
Il rimettente deduce l'irrazionalità di una disciplina che, introdotta dal codice civile del 1865 quale limitazione del diritto di proprietà a tutela dei rapporti di vicinato, non tiene conto dell'esigenza di tutela della riservatezza nell'àmbito dell'abitazione e delle sue pertinenze, quando si tratti, come nella specie, di costruzioni aventi la funzione di riparare dagli sguardi di chi si trovi sul balcone soprastante. A suo giudizio, la norma denunciata sacrificherebbe in modo definitivo il diritto fondamentale alla riservatezza, senza consentire (in violazione del diritto di difesa), previa una valutazione comparativa degli interessi, la «compressione» del diritto alla veduta.
Considerato in diritto
1.- Il Pretore di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, dubita della legittimità costituzionale dell'art. 907 del codice civile, nella parte in cui preclude al giudice «ogni bilanciamento tra l’obiettiva funzione di tutela della riservatezza della costruzione e la difesa della veduta spettante al proprietario limitrofo».
Secondo il rimettente, la norma impugnata si pone in contrasto: a) con l’art. 3 Cost., per irrazionalità, non tenendo conto dell’esigenza di tutela della riservatezza nell’àmbito dell’abitazione e delle sue pertinenze; b) con l’art. 2 Cost., per il sacrificio del diritto fondamentale alla riservatezza della persona, rispetto al diritto di veduta; c) con l’art. 24 Cost., per la conseguente violazione del diritto di difesa del convenuto, cui viene inibito di opporre al diritto dominicale di controparte il proprio diritto alla riservatezza.
2.- La questione non è fondata.
2.1.- La ratio sottesa alla vigente normativa codicistica sull'apertura e la tutela delle vedute è mutuata dal codice civile del 1865, che - ribadendo il nesso di necessaria complementarità tra la c.d. servitus ne luminibus officiatur e il diritto di veduta, senza inoltre distinguere tra i diversi modi d'acquisto di tale diritto - aveva predeterminato un contemperamento legale tra gli interessi confliggenti dei proprietari di fondi contigui, nel quadro d'un armonico assetto dei rapporti di vicinato. Il legislatore ha tenuto presente che il conflitto si pone essenzialmente tra l’interesse del proprietario del muro di ricevere luce, aria e amenità all’interno della sua costruzione, anche mediante la possibilità di spaziare con lo sguardo al di fuori di questa, e l’interesse del vicino di impedire che l’esercizio delle facoltà altrui incida sull’esclusività del suo dominio cagionando la lesione o la messa in pericolo della sua sfera di sicurezza e riservatezza. La normativa (che comunque, per diritto vivente, fa salva una diversa regolamentazione pattizia) compone appunto il contrasto immanente alle reciproche interferenze che derivano dall'uso normale di beni immobili contigui appartenenti a soggetti diversi: conformando il diritto di proprietà in modo da tutelare gli interessi contrapposti. Infatti, da un lato, si impone a ciascun proprietario di rispettare una determinata distanza per aprire vedute dirette, laterali o oblique verso il fondo confinante (artt. 905 e 906), così garantendo il vicino da sguardi indiscreti; dall'altro lato, si stabilisce che, una volta acquisito il diritto alla veduta, la fruizione di esso non può essere neutralizzata unilateralmente dal confinante, al quale viene inibito di costruire a una distanza tale da impedire l'esercizio della veduta stessa (art. 907).
La priorità dell'acquisto del diritto di veduta giustifica, all'evidenza, la corrispondente compressione dell'altrui diritto alla riservatezza. Compressione che, del resto, può considerarsi intrinseca a quel diritto, regolato da una normativa (appunto i citati artt. 905 e 906) di cui il successivo art. 907 non è che lo sviluppo logico-giuridico.
Né appare irragionevole che a codesto contemperamento si sia provveduto attraverso la fissazione di misure rigidamente oggettive delle distanze minime, così prescindendo dalle particolarità del caso di specie e, quindi, non rimettendosi alla valutazione in concreto del giudice. La necessità di prevenire un contenzioso dalle imprevedibili dimensioni tra soggetti confinanti offre, infatti, adeguata ragione d'una consimile scelta di politica legislativa, ispirata al criterio dell'uso normale della proprietà nel rispetto dei diritti fondamentali, i cui modi e limiti - come questa Corte ha più volte precisato - spetta al legislatore individuare, restando poi affidato alla sua stessa discrezionalità valutare se rimettere alla intermediazione del giudice la soluzione caso per caso dei relativi conflitti.
2.2.- La denunciata disposizione, dunque, va letta non isolatamente ma nel contesto del sistema legale di regolamentazione dei suindicati contrapposti interessi, finalizzato a consentire - attraverso la previsione di reciproche limitazioni - il tendenziale massimo sfruttamento possibile delle rispettive proprietà e delle connesse facoltà. In tal modo, risulta anche palese che la tutela della riservatezza, la quale è qui da intendere in senso obiettivo, trova già un suo particolare rilievo nell'operato bilanciamento con l'interesse alla salvaguardia del diritto di veduta, il cui contenuto ha innegabilmente un suo valore sociale poiché luce e aria assicurano l'igiene degli edifici soddisfacendo bisogni elementari di chi li abita.
2.3. - Ne consegue che non è ravvisabile la prospettata violazione, né dell'art. 2, né dell'art. 3 Cost.
Quanto poi all'art. 24 Cost., trattasi di parametro evocato in modo non pertinente, poiché esso attiene all'àmbito delle garanzie processuali della parte e non già al diverso atteggiarsi della disciplina dei rapporti sostanziali (v., proprio con riguardo alla materia delle distanze nelle costruzioni, sentenza n. 120 del 1996 e ordinanza n. 205 del 1988).
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 907 del codice civile, sollevata, in riferimento agli artt. 2, 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Ancona, sezione distaccata di Fabriano, con l’ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 ottobre 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare RUPERTO, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 ottobre 1999.