Ordinanza n. 334/99

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ORDINANZA N. 334

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI               

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Avv.    Fernanda CONTRI               

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente                  

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 69, ultimo comma, del regio decreto-legge 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali), promossi con due ordinanze emesse il 14 luglio 1995 dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Campania di Napoli - sui ricorsi proposti da De Simone Mario e da Scognamiglio Costantino contro l'I.n.p.d.a.p., iscritte ai nn. 594 e 595 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Udito nella camera di consiglio del 9 giugno 1999 il Giudice relatore Riccardo Chieppa.

Ritenuto che la Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Campania di Napoli - con ordinanze del 14 luglio 1995 (R.O. nn. 594 e 595 del 1997), ha sollevato, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, ultimo comma, del regio decreto-legge 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della Cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali), nella parte in cui dispone che, ai fini del trattamento di quiescenza, gli impiegati iscritti alla cassa di previdenza, muniti di laurea o di titolo equipollente, possono chiedere il riscatto degli anni di studio corrispondente alla durata legale del corso, con decorrenza dalla data del conferimento della laurea o del titolo equipollente, dubitando che tale ultimo disposto sia in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in quanto detta una disciplina che sarebbe meno favorevole di quella prevista dall'art. 13 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), a norma del quale, per i dipendenti civili e militari dello Stato, la durata legale del corso universitario si calcola con decorrenza dall'inizio dell'anno accademico d'iscrizione.

Considerato che le due ordinanze sollevano l'identica questione, sicchè i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;

che, questa Corte, in relazione ad analoga questione sollevata con riferimento all'art. 13 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ha escluso che le norme di cui agli artt. 69, ultimo comma, del r.d.l. 3 marzo 1938, n. 680 e 13 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 pur dettando una disciplina diversa in materia di calcolo del periodo di studi universitario riscattabile ai fini del trattamento di quiescenza, abbiano intenti ed effetti discriminatori, ovvero siano irrazionali (sentenza n. 73 del 1979);

che, anche senza considerare che le norme in questione si riferiscono a dipendenti pubblici i cui trattamenti di quiescenza sono assoggettati a disciplina per molti aspetti diversa e, quindi, non del tutto comparabile, deve ribadirsi l'indirizzo costantemente affermato da questa Corte, secondo cui rientra nella discrezionalità del legislatore - fermo per ogni intervento legislativo il limite generale della ragionevolezza come svolgimento dell'art. 3 della Costituzione (sentenze nn. 209 del 1975; 63 del 1998) - sottoporre situazioni analoghe a trattamenti normativi diversi e non per questo discriminatori;

che nella specie la differenza consiste, per i soli laureati dopo un periodo di fuori corso, nel riferire il periodo di riscatto degli anni di corso di università all'epoca iniziale (durata prevista nell'ordinanza) ovvero all'ultimo periodo computando gli anni di fuori corso (sempre nei limiti di durata previsti). Ciò può, in ambedue le soluzioni, essere di vantaggio o di svantaggio a seconda dei periodi di coincidenza con altre contribuzioni, ferma rimanendo, tuttavia, la durata del beneficio del riscatto;

che il giudice a quo non propone ulteriori o nuovi argomenti rispetto a quelli già esaminati con la citata sentenza n. 73 del 1979 o, comunque, tali da indurre ad un diverso scrutinio di costituzionalità;

che, pertanto, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, ultimo comma, del regio decreto-legge 3 marzo 1938, n. 680 (Ordinamento della cassa di previdenza per le pensioni agli impiegati degli enti locali), sollevata, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, dalla Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Campania di Napoli - con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 luglio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Riccardo CHIEPPA, Redattore

Depositata in cancelleria il 20 luglio 1999.