SENTENZA N. 296
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1-bis, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), aggiunto dall’art. 12, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), promosso con ordinanza emessa il 27 ottobre 1997 dal Pretore di Taranto, iscritta al n. 899 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 3, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 14 aprile 1999 il Giudice relatore Valerio Onida.
Ritenuto in fatto
1.— Nel corso di un giudizio penale in cui l’imputato é stato rinviato a giudizio, fra l’altro, per truffa ai danni dello Stato, per avere ad esso causato un danno patrimoniale, consistito nell’erogazione indebita di un assegno assistenziale per invalidi civili, cui non avrebbe avuto diritto perchè già beneficiario di una rendita INAIL, il Pretore di Taranto, con ordinanza emessa il 27 ottobre 1997, pervenuta a questa Corte il 19 dicembre 1997, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento all’art. 3 (erroneamente indicato come art. 34 nel dispositivo dell’ordinanza) della Costituzione, dell’art. 12, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (recte: dell’art. 3, comma 1-bis, della legge 29 dicembre 1990, n. 407, "Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993", aggiunto dall’art. 12, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412, "Disposizioni in materia di finanza pubblica"). Il denunciato comma 1-bis dell’art. 3, nel disporre, ai fini della incompatibilità, sancita dal comma 1, delle prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell’interno con prestazioni a carattere diretto concesse a causa di invalidità, che "sono fatti salvi i diritti acquisiti dai cittadini che abbiano conseguito le prestazioni pensionistiche per i minorati civili erogate dal Ministero dell’interno alla data dell’1.1.1992", darebbe luogo ad una illegittima disparità di trattamento nella parte in cui "tale norma possa essere interpretata nel senso che i diritti acquisiti sono quelli per i quali é intervenuto un provvedimento formale alla data dell’1.1.1992".
Il remittente premette, in punto di rilevanza, che la spettanza o meno del beneficio in questione assume un’importanza fondamentale ai fini della decisione, in quanto, qualora si acceda all’interpretazione secondo cui il diritto acquisito dal prevenuto é fatto salvo ai sensi del citato comma 1-bis dell’art. 3 della legge n. 407 del 1990, nessun danno potrebbe lamentare la pubblica amministrazione, e quindi sarebbe insussistente il reato di truffa.
Egli osserva poi che il comma 1-bis in questione ricollega la salvezza del diritto al dato formale dell’emissione del decreto di liquidazione del beneficio, e non al dato sostanziale dell’epoca in cui il diritto é sorto.
Tale disciplina, ad avviso del remittente, creerebbe una disparità di trattamento fra situazioni fra loro sostanzialmente uguali, poichè, fra più soggetti già percettori di rendite per invalidità, taluno potrebbe vedersi negare il beneficio sol perchè l’erogazione di questo sia avvenuta successivamente alla data del 1° gennaio 1992, mentre altri soggetti, in eguale situazione, che abbiano proposto la stessa domanda in pari data o anche successivamente, potrebbero vedersi attribuito il beneficio sol perchè il procedimento amministrativo nei loro confronti sia stato più celere, pur essendo il diritto al beneficio medesimo sorto prima del 1° gennaio 1992, dato che il relativo procedimento assumerebbe carattere di mero accertamento.
In proposito il giudice a quo richiama la sentenza di questa Corte n. 209 del 1995, che ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 9, comma 2, del d.lgs. n. 509 del 1988 nella parte in cui non prevedeva, ai fini dell’attribuzione delle provvidenze di invalidità civile, che restassero salvi anche i diritti dei cittadini che avessero presentato domanda prima della data fissata, ma per i quali il riconoscimento dei requisiti sanitari all’epoca della domanda fosse intervenuto successivamente.
2.— Non vi é stata costituzione di parti nè intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.
Considerato in diritto
1.— L’art. 3, comma 1, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), sancisce la incompatibilità delle prestazioni pensionistiche erogate dal Ministero dell’interno a favore dei minorati civili con (fra l’altro) "prestazioni a carattere diretto, concesse a seguito di invalidità contratte per causa di guerra, di lavoro o di servizio", dando facoltà all’interessato di optare per il trattamento economico più favorevole.
L’art. 12, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), ha aggiunto all’art. 3 della legge n. 407 del 1990, dopo il menzionato comma 1, un comma 1-bis, il quale dispone che "sono fatti salvi i diritti acquisiti dai cittadini che abbiano conseguito le prestazioni pensionistiche per i minorati civili erogate dal Ministero dell’interno alla data dell’1.1.1992".
Il Pretore di Taranto solleva questione di legittimità costituzionale di detto comma 1-bis nella parte in cui "tale norma possa essere interpretata nel senso che i diritti acquisiti sono quelli per i quali é intervenuto un provvedimento formale alla data dell’1.1.1992". Il remittente, ancorchè in alcuni passaggi dell’ordinanza sembri prospettare una mera ipotesi interpretativa, non compiutamente verificata, accanto ad altre, in realtà muove dalla premessa secondo cui, in base alla norma censurata, sarebbe decisiva, ai fini della conservazione o meno del doppio beneficio, la data del decreto di liquidazione della prestazione pensionistica erogata dal Ministero dell’interno, e non quella in cui sono maturate le condizioni per il riconoscimento della stessa, o quella in cui é stata presentata la relativa domanda. Così disponendo, ad avviso del giudice a quo, la norma si porrebbe in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, in quanto farebbe dipendere la possibilità o meno di conservare il doppio beneficio dalla maggiore o minore celerità del procedimento amministrativo per la liquidazione dell’assegno di invalidità.
2.— La questione é infondata.
Questa Corte non ha motivo di pronunciarsi sulla correttezza dell’interpretazione da cui, non implausibilmente, prende le mosse il remittente, in quanto, anche se essa fosse accolta, non ne conseguirebbe il riconoscimento della illegittimità costituzionale della norma.
La incompatibilità, infatti, fra le due provvidenze collegate all’invalidità é sancita dall’art. 3, comma 1, della legge n. 407 del 1990, fin dalla sua entrata in vigore, con norma – non contestata – operante per il periodo temporale successivo a tale data.
Il comma 1-bis aggiunto al citato art. 3 dall’art. 12, comma 2, della legge n. 412 del 1991 ha operato una restrizione della portata dell’incompatibilità, in quanto ha consentito la conservazione del doppio beneficio a favore di coloro che già avessero conseguito l’assegno di invalidità alla data del 1° gennaio 1992 – il giorno successivo a quello di entrata in vigore della stessa legge n. 412, che ha disposto tale nuova più favorevole disciplina –, riconoscendo alle posizioni di costoro la consistenza di diritti acquisiti anche per il futuro, sui quali non viene più ad operare la norma che sancisce l’incompatibilità.
In questa prospettiva, non può ritenersi precluso al legislatore di limitare nel tempo la efficacia della disciplina di maggior favore, anche consentendo la conservazione del beneficio, in deroga all’incompatibilità sancita dalla legge, soltanto a coloro che non solo avessero in precedenza maturato le condizioni per godere dell’assegno di invalidità, ma già si fossero visti attribuire la prestazione medesima.
La differenza di trattamento che, così interpretando la norma, ne discenderebbe fra i soggetti che avessero già ottenuto a quella data l’assegno in questione, e i soggetti che non l’avessero ancora ottenuto, pur avendo maturato le relative condizioni e presentato la relativa domanda, non potrebbe dirsi manifestamente irragionevole, in quanto sarebbe riconducibile alla diversità di situazione fra chi, all’entrata in vigore della nuova disciplina, aveva già fruito della prestazione, e chi invece, alla stessa data, non ne aveva ancora concretamente goduto.
In ogni caso, s’intende, resta salvo, a seguito del successivo riconoscimento, il godimento dell’assegno relativamente al periodo di tempo anteriore all’entrata in vigore della norma che ha sancito la incompatibilità dei due tipi di beneficio.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, comma 1-bis, della legge 29 dicembre 1990, n. 407 (Disposizioni diverse per l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993), aggiunto dall’art. 12, comma 2, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Pretore di Taranto con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 luglio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in cancelleria il 14 luglio 1999.