ORDINANZA N. 207
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'articolo 49 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni amministrative e penali), promosso con ordinanza emessa il 3 febbraio 1998 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano, iscritta al n. 298 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 18, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Udito nella camera di consiglio del 27 gennaio 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.
Ritenuto che il Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano, in sede di udienza preliminare nel procedimento a carico di una persona imputata del reato di cui agli articoli 40 e 49 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni legislative concernenti le imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni amministrative e penali), per aver trasportato sulla propria autovettura 115 litri di olio da gas senza la specifica documentazione prevista in relazione all'accisa e comunque con modalità atipiche ai sensi dell'art. 11 del citato decreto legislativo, prima di pronunciarsi sulla istanza di patteggiamento avanzata dall'imputato, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 49 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, nella parte in cui punisce il trasporto di oli minerali senza la specifica documentazione con la stessa pena prevista per la sottrazione del prodotto all'accertamento e al pagamento dell'imposta, e cioé con la pena minima di sei mesi di reclusione e di quindici milioni di multa stabilita dall'art. 40 dello stesso decreto legislativo;
che, ad avviso del giudice a quo, la previsione di una sanzione minima così elevata potrebbe risultare del tutto sproporzionata rispetto al disvalore sociale della condotta, perchè non consentirebbe di tenere conto delle minime violazioni di imposta (nel caso di specie l'imposta evasa ammonterebbe a lire 85.959) e della realtà sociale del fenomeno (che il più delle volte riguarderebbe persone di modeste condizioni economiche che si recherebbero nella vicina Austria per acquistare a un minor prezzo pochi litri di gasolio da riscaldamento);
che, prosegue il remittente, il legislatore avrebbe previsto, apparentemente senza motivo, un'attenuante per il solo gas metano qualora la quantità sottratta al pagamento dell'imposta sia inferiore a 5.000 metri cubi (art. 40, comma 5, del citato decreto legislativo), mentre per gli oli minerali la possibilità di irrogare solo una sanzione amministrativa, stabilita nel caso in cui venga sottratta al pagamento dell'accisa una quantità di prodotto inferiore a 100 chilogrammi, sarebbe limitata alle sole ipotesi contemplate dall'art. 40, comma 1, lettera c) (usi soggetti ad imposta o a maggiore imposta di prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate);
che, pertanto, conclude il remittente, la disposizione censurata contrasterebbe sia con l'art. 3 della Costituzione, sotto il profilo della disparità di trattamento in casi assolutamente analoghi, sia con l'art. 27 della Costituzione, per la violazione del fine rieducativo che non potrebbe essere realizzato da una pena "eccessiva".
Considerato che l'articolo 1, comma 4, della legge 29 ottobre 1993, n. 427, ha delegato il Governo ad adottare un decreto legislativo contenente un testo unico nel quale siano raccolte e riordinate le disposizioni vigenti in materia di imposte di fabbricazione e di consumo e le relative sanzioni penali e amministrative, apportando le necessarie modificazioni al fine del loro coordinamento ed aggiornamento, anche in relazione alle esigenze derivanti dal processo di integrazione europea;
che l'art. 49 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, approvato dal Governo nell'esercizio della delega suddetta, stabilisce che "i prodotti sottoposti ad accisa […] trasportati senza la specifica documentazione prevista in relazione a detta imposta […] si presumono di illecita provenienza. In tali casi si applicano al trasportatore e allo speditore le sanzioni previste per la sottrazione del prodotto all'accertamento o al pagamento dell'imposta";
che l'art. 40 punisce con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa dal doppio al decuplo dell'imposta evasa, non inferiore in ogni caso a lire quindici milioni, chiunque, tra l'altro, sottrae con qualsiasi mezzo gli oli minerali, compreso il gas metano, all'accertamento o al pagamento dell'accisa;
che il medesimo art. 40 stabilisce, al comma 5, che se la quantità di gas metano sottratto all'accertamento o al pagamento dell'accisa é inferiore a 5.000 metri cubi la pena é della sola multa dal doppio al decuplo dell'imposta evasa, non inferiore in ogni caso a lire un milione e, al comma 6, che per le violazioni concernenti la destinazione ad usi soggetti ad imposta o a maggiore imposta di prodotti esenti o ammessi ad aliquote agevolate, in quantità inferiore a 100 chilogrammi, si applica esclusivamente la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro dal doppio al decuplo dell'imposta evasa;
che, come questa Corte ha più volte affermato, la configurazione delle fattispecie criminose e la determinazione delle pene appartengono alla politica legislativa e, quindi, alla discrezionalità del legislatore, censurabile solo in caso di manifesta irragionevolezza (v. ordinanze nn. 456 del 1997 e 435 del 1998);
che, contrariamente a quanto affermato dal giudice a quo, tanto la qualificazione come illecito penale del trasporto dei prodotti sottoposti ad accisa senza la specifica documentazione prevista, quanto la sua equiparazione, quoad penam, alla sottrazione di prodotti petroliferi all'accertamento o al pagamento dell'imposta ineriscono ad una condotta volta ad eludere le esigenze fiscali dello Stato, caratterizzata, quindi, nel non arbitrario apprezzamento del legislatore, da rilevante disvalore sociale, sicchè non appare manifestamente irragionevole il fatto che sia per la sanzione detentiva che per quella pecuniaria, stabilita in misura proporzionale al valore delle imposte evase, sia previsto un limite minimo elevato;
che, se la scelta di assoggettare tale condotta ad una sanzione penale non può essere censurata e se non appare manifestamente irragionevole nè sproporzionato al disvalore della condotta il minimo edittale, non vi é ragione di discostarsi dall'orientamento consolidato della giurisprudenza costituzionale secondo il quale non spetta alla Corte rimodulare le scelte punitive effettuate dal legislatore, nè stabilire quantificazioni sanzionatorie (sentenze nn. 370 e 217 del 1996, ordinanze nn. 190, 165 e 89 del 1997);
che, quanto alla denunciata disparità di trattamento tra chi sottrae all'accertamento o al pagamento dell'imposta oli minerali e chi destina ad usi diversi prodotti petroliferi esenti da imposta o sottoposti ad imposta inferiore (condotta, quest'ultima, punita solo con una sanzione amministrativa qualora il quantitativo del prodotto non sia superiore a 100 chilogrammi), appare evidente la diversità delle fattispecie, posto che nel secondo caso non si tratta di trasporto illecito, ma di impropria utilizzazione di prodotto esente da imposta o assoggettato ad imposta agevolata, sicchè non vi é luogo ad una utile comparazione ai fini del giudizio di eguaglianza;
che, quanto alla ulteriore censura di violazione dell'art. 3, primo comma, della Costituzione, per avere il legislatore previsto una ipotesi delittuosa attenuata solo per la sottrazione del gas metano all'accertamento o al pagamento dell'imposta, qualora il quantitativo non sia superiore a 5.000 metri cubi, si deve rilevare che tale scelta rinviene il proprio fondamento giustificativo non solo nel diverso importo dell'imposta su tale prodotto rispetto a quello, sensibilmente superiore, dovuto sugli oli minerali, ma anche nella più agevole occultabilità di questi ultimi e, quindi, nella più elevata difficoltà nei controlli;
che, conclusivamente, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 49 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504, deve essere dichiarata manifestamente infondata sotto tutti i profili prospettati dal giudice a quo.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'articolo 49 del decreto legislativo 26 ottobre 1995, n. 504 (Testo unico delle disposizioni concernenti imposte sulla produzione e sui consumi e relative sanzioni amministrative e penali), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 27 della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Bolzano, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 maggio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Carlo MEZZANOTTE, Redattore
Depositata in cancelleria il 3 giugno 1999.