Ordinanza n. 165

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ORDINANZA N. 165

ANNO 1997

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott. Renato GRANATA, Presidente

- Prof. Giuliano VASSALLI

- Prof. Francesco GUIZZI

- Prof. Cesare MIRABELLI  

- Prof. Fernando SANTOSUOSSO

- Avv. Massimo VARI

- Dott. Cesare RUPERTO

- Dott. Riccardo CHIEPPA

- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

- Prof. Valerio ONIDA

- Prof. Guido NEPPI MODONA

- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 707 del codice penale, promossi con ordinanze emesse il 9 febbraio 1996 dal Pretore di Verbania - sezione distaccata di Domodossola - nel procedimento penale a carico di Maffei Guerrino Settimo ed altri, iscritta al n. 1196 del registro ordinanze 1996 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1996 ed il 13 novembre 1996 dalla Corte d'appello di Messina nel procedimento penale a carico di Finocchiaro Domenico ed altro, iscritta al n. 39 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 aprile 1997 il Giudice relatore Francesco Guizzi.

Ritenuto che nel corso del procedimento penale a carico di Maffei Guerrino, Colombo Pierluigi e Dapoto Nicola, imputati della contravvenzione di cui all'art. 707 del codice penale, perchè colti in possesso, non giustificato, di attrezzi atti a forzare serrature, il difensore ha sollevato questione di legittimità costituzionale della disposizione in esame per contrasto con gli artt. 3 e 27 della Costituzione;

che il Pretore di Verbania - sezione distaccata di Domodossola - ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 707 del codice penale, nella parte in cui prevede la pena minima edittale di mesi sei di arresto, anzichè quella generale di cui all'art. 25 dello stesso codice (giorni cinque);

che con una previsione generale, valida qualora specificatamente non derogata, l'art. 25 del codice penale stabilisce che la pena dell'arresto ha una soglia minima di cinque giorni, e l'art. 708, che ha in comune con la incriminazione de qua il presupposto soggettivo, statuisce che il minimo non superi la pena di tre mesi di arresto;

che il furto semplice viene punito con un minimo di quindici giorni di pena detentiva di fatto applicata, attraverso il giudizio di equivalenza fra le circostanze di reato, anche quando sia stato ipotizzato un furto aggravato ai sensi dell'art. 625 dello stesso codice;

che, pertanto, conseguirebbe un trattamento più severo per coloro che pongono in essere quei semplici atti preparatori, in quanto tali non punibili, ma sottoposti a sanzione dall'art. 707 in considerazione dei soli precedenti penali dell'imputato;

che si tratterebbe, certo, di una sanzione detentiva più grave di quella normalmente irrogabile nel caso dell'esecuzione di un furto semplice (quand'anche commesso mediante l'uso di piccole pinze, o strumenti analoghi, o con l'asportazione della piastra magnetica applicata agli oggetti esposti sui banchi dei grandi magazzini);

che il possesso anche di un unico attrezzo, in sè non significativo di alcuna particolare pericolosità del soggetto, sarebbe sottoposto a una sanzione sproporzionata, tale da vanificare la finalità rieducativa della pena (sentenza n. 341 del 1994, ove si riferisce l'art. 27, terzo comma, della Costituzione, pure alla fase cognitiva del processo);

che nel corso di un altro procedimento penale la Corte di appello di Messina ha sollevato d'ufficio, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 707 del codice penale;

che, ad avviso del Collegio rimettente, la disposizione denunciata riserverebbe un trattamento sanzionatorio minimo, per un reato contravvenzionale di mero pericolo, più grave di quello stabilito per il delitto di furto consumato (ove é prevista una pena minima di 15 giorni di reclusione), con lesione dei principi di uguaglianza e ragionevolezza, nonchè con violazione del principio della finalità rieducativa della pena stabilito dall'art. 27 della Costituzione;

che in entrambi i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, concludendo per l'inammissibilità e, comunque, per la non fondatezza.

Considerato che la questione di legittimità costituzionale dell'art. 707 del codice penale, nella parte in cui prevede la pena minima edittale di mesi sei di arresto, anzichè quella generale di cui all'art. 25 dello stesso codice (giorni cinque), addirittura più grave della pena stabilita per il furto consumato (e, in concorso di circostanza attenuante, anche del reato di furto aggravato), sollevata dai giudici a quibus in relazione agli artt. 3, primo comma, e 27, terzo comma, della Costituzione, ha già formato oggetto di pronuncia di non fondatezza da parte di questa Corte con la sentenza n. 370 del 1996;

che rientra nella discrezionalità del legislatore la determinazione della quantità o qualità della sanzione, purchè si osservi il limite della ragionevolezza, non violata, nel caso di specie, per la diversità delle situazioni comparate;

che, pertanto, riuniti i giudizi, la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 707 del codice penale, sollevata, in relazione agli artt. 3 e 27 della Costituzione, dal Pretore di Verbania - sezione distaccata di Domodossola - e dalla Corte d'appello di Messina, con le ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 2 giugno 1997.

Renato GRANATA: Presidente

Francesco GUIZZI: Redattore

Depositata in cancelleria il 4 giugno 1997.