SENTENZA N. 196
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 13, sesto comma, prima e seconda parte, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro sull’artigianato), promossi con due ordinanze emesse il 10 aprile 1997 dalla Corte di cassazione, iscritte, rispettivamente, ai nn. 657 e 658 del registro ordinanze 1997 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 41, prima serie speciale, dell’anno 1997.
Visti gli atti di costituzione dell’INPS;
udito nell’udienza pubblica del 9 dicembre 1998 il Giudice relatore Valerio Onida;
udito l’avv. Fabio Fonzo per l’INPS.
Ritenuto in fatto
1.- Con due ordinanze di identico tenore, emesse il 10 aprile 1997 e pervenute a questa Corte il 25 agosto 1998 (R.O. nn. 657 e 658 del 1997), la Corte di cassazione, a sezioni unite, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli articoli 3, primo comma, 38, quarto comma, e 116 della Costituzione, dell’art. 13, sesto comma, primo e secondo periodo, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro sull’artigianato).
Le sezioni unite, investite di ricorsi in tema di inquadramento ai fini previdenziali, da parte dell’INPS, di due società cooperative a responsabilità limitata nel ramo industriale anzichè fra le imprese artigiane, premettono che le cause sono state ad esse rimesse per la risoluzione di un contrasto interpretativo insorto all’interno della sezione lavoro. L’art. 3, secondo comma, della legge quadro sull’artigianato n. 443 del 1985 stabilisce che é artigiana l’impresa la quale, nei limiti dimensionali fissati dalla stessa legge e con gli scopi in essa previsti, "é costituita ed esercitata in forma di società, anche cooperativa, escluse le società a responsabilità limitata e per azioni ed in accomandita per azioni, a condizione che la maggioranza dei soci … svolga in prevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nell’impresa il lavoro abbia funzione preminente sul capitale". Da una parte é stato affermato che tutte le società cooperative, anche a responsabilità limitata, aventi i requisiti richiesti dalla legge debbono essere inquadrate fra le imprese artigiane; dall’altra, tale inquadramento é stato escluso per le società cooperative a responsabilità limitata.
La Corte di cassazione ritiene peraltro che nei giudizi davanti ad essa proposti, riferentisi a società aventi sede nella Regione Friuli-Venezia Giulia, e iscritte nel relativo albo delle imprese artigiane, dovrebbe farsi applicazione non tanto della disposizione di cui all’art. 3, secondo comma, quanto dell’art. 13, sesto comma, della stessa legge, ai cui sensi le norme della legge in questione non si applicano nel territorio delle Regioni a statuto speciale aventi competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale, e in dette Regioni l’efficacia costitutiva dell’iscrizione negli albi disciplinati dai rispettivi ordinamenti "fa stato a tutti gli effetti di legge". Ciò in relazione all’art. 5 della legge regionale del Friuli-Venezia Giulia 24 febbraio 1970, n. 3, secondo cui l’iscrizione nell’albo "costituisce prova della qualifica artigiana dell’impresa e dà titolo all’applicazione, nei confronti della stessa e del titolare, delle disposizioni legislative e amministrative concernenti il settore artigiano"; e all’art. 3 della legge regionale 10 aprile 1972, n. 17, il quale definisce l’impresa artigiana con una espressione letterale formalmente diversa da quella dell’art. 3, secondo comma, della legge statale n. 443 del 1985 ("é considerata artigiana l’impresa costituita in forma cooperativa o in altra forma societaria, escluse le società per azioni, a responsabilità limitata o in accomandita semplice o per azioni ..."). L’interpretazione che dovrebbe essere data di quest’ultima norma regionale, e soprattutto la questione dell’efficacia ai fini previdenziali dell’iscrizione nell’albo regionale sarebbero infatti prevalenti rispetto alla interpretazione da dare alla norma statale controversa.
Tuttavia la Corte remittente considera non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del citato art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985, in riferimento ai parametri indicati, in quanto esso, impedendo l’applicazione nel territorio delle Regioni speciali delle altre disposizioni della stessa legge, compresa quella dell’art. 3, secondo comma, sulla definizione dell’impresa artigiana, e conferendo efficacia costitutiva a tutti gli effetti di legge all’iscrizione negli albi di dette Regioni, sarebbe suscettibile di determinare, senza una plausibile ragione, una disparità di trattamento fra imprese aventi caratteristiche uniformi, in materia, come quella previdenziale, riservata dalla Costituzione alla legge dello Stato.
Il giudice a quo ricorda che nella sentenza n. 336 del 1989 questa Corte, pur dichiarando inammissibile per difetto di rilevanza la questione allora proposta nei riguardi dell’art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985 (ma dichiarando l’illegittimità costituzionale di una successiva norma di interpretazione autentica del medesimo articolo, che espressamente estendeva, retroattivamente, gli effetti costitutivi dell’iscrizione negli albi regionali anche ai fini previdenziali), affermò che il principio costituzionale di eguaglianza non consente disparità di trattamento, motivate dalla mera localizzazione territoriale dei soggetti interessati, in materia, come quella previdenziale, che il legislatore costituzionale ha considerato a sè stante, escludendo in essa ogni competenza delle Regioni ordinarie e riconoscendo alle Regioni speciali una mera competenza legislativa di integrazione ed attuazione delle norme statali.
2.- In entrambi i giudizi si é costituito l’INPS, chiedendo l’accoglimento della questione, in adesione alle censure mosse dalla Corte remittente.
In prossimità dell’udienza la difesa dell’INPS ha presentato una memoria, nella quale si sottolinea che, qualora la Corte costituzionale dovesse accogliere i presupposti interpretativi su cui si é fondata la Corte di cassazione nell’ordinanza di rimessione - che conducono a ritenere che la norma impugnata abiliti le Regioni a statuto speciale ad incidere sulla definizione dell’impresa artigiana anche ai fini previdenziali - il dubbio di costituzionalità prospettato apparirebbe sicuramente fondato, sulla base degli orientamenti già espressi dalla giurisprudenza costituzionale: si richiamano, in proposito, le sentenze n. 168 del 1987, n. 336 del 1989 e n. 307 del 1996.
Tuttavia l’INPS rileva che, a ben vedere, le norme da sospettare di illegittimità costituzionale dovrebbero essere quelle delle leggi regionali che disciplinano gli effetti dell’iscrizione nell’albo e definiscono le imprese artigiane, norme che sarebbero in contrasto con i limiti della potestà legislativa della Regione.
L’INPS prospetta allora la seguente alternativa: o si segue l’interpretazione indicata nelle ordinanze di rimessione, e si dovrebbe giungere ad una dichiarazione di illegittimità costituzionale, ritenendosi viziate pure le norme regionali richiamate; oppure si esclude, alla luce dei criteri interpretativi adottati da questa Corte nella sentenza n. 336 del 1989, che la potestà legislativa delle Regioni a statuto speciale possa incidere sulla materia previdenziale, diventando allora inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985. In tal caso la norma andrebbe interpretata nel senso che l’efficacia costitutiva dell’iscrizione negli albi delle Regioni speciali fa stato a tutti gli effetti di legge con eccezione della materia previdenziale, sottratta alla competenza primaria regionale.
Ove quest’ultima dovesse essere la decisione - conclude la difesa dell’INPS - la stessa dovrebbe atteggiarsi come "una sentenza interpretativa di rigetto", per la rilevanza che tale interpretazione non potrebbe non avere nei giudizi a quibus.
Considerato in diritto
1.– I due giudizi, aventi il medesimo oggetto, possono essere riuniti per essere decisi con unica pronunzia.
2.– La questione sollevata concerne l’art. 13, sesto comma, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro sull’artigianato), ai cui sensi le norme della stessa legge "non si applicano nel territorio delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome che abbiano competenza primaria in materia di artigianato e formazione professionale" (primo periodo), e "nelle medesime l’efficacia costitutiva dell’iscrizione negli albi disciplinati dai rispettivi ordinamenti fa stato a tutti gli effetti di legge" (secondo periodo).
La Corte remittente ritiene che sia la prima che la seconda parte di tale disposizione contrastino con gli articoli 3, primo comma, 38, quarto comma, e 116 della Costituzione, in quanto, escludendo l’applicabilità delle altre disposizioni della stessa legge nel territorio delle Regioni titolari, come la Regione Friuli-Venezia Giulia, di competenza primaria in materia di artigianato, e attribuendo efficacia a tutti gli effetti di legge all’iscrizione negli albi delle imprese artigiane disciplinati da dette Regioni, determinerebbero una ingiustificata disparità di trattamento fra imprese aventi caratteristiche omogenee, nella materia previdenziale, riservata alla competenza dello Stato ai sensi dell’art. 38, quarto comma, della Costituzione, e sottratta alla competenza (salvo quella meramente integrativa e di attuazione) delle predette Regioni.
3.– La questione non può ritenersi priva di rilevanza, in presenza della non implausibile motivazione addotta in proposito dalla Corte remittente, la quale riconduce alla disposizione censurata, contenuta nell’art. 13, sesto comma, della legge statale n. 443 del 1985, il fondamento della applicabilità, nei giudizi principali, delle disposizioni delle leggi regionali, e comunque della non applicabilità, alla materia controversa, dell’art. 3, secondo comma, della medesima legge statale n. 443 del 1985.
Ciò resta vero pur se poi, affrontando la questione nel merito, questa Corte possa non condividere – come in effetti non condivide – l’interpretazione del giudice a quo.
4.– La questione é infondata nei termini di seguito precisati.
Questa Corte si é già pronunciata in argomento in sede di scrutinio della legittimità costituzionale dell’art. 5, comma 9, del decreto legge 30 dicembre 1987, n. 536, che, in via di interpretazione autentica della disposizione in questa sede denunciata, e con efficacia retroattiva, stabiliva espressamente che l’iscrizione negli albi delle Regioni a statuto speciale aventi competenza primaria in materia di artigianato facesse stato anche agli effetti della qualificazione dell’impresa ai fini previdenziali: affermando, nella sentenza n. 336 del 1989, che, essendo la materia previdenziale riservata allo Stato (salva la limitata potestà di sola integrazione ed attuazione, o in alcuni casi concorrente, demandata ad alcune Regioni), non é ammissibile che ai fini previdenziali la nozione dell’impresa artigiana sia, in dette Regioni, diversa da quella della legge statale; mentre la nozione adottata dalle Regioni medesime nell’esercizio e nei limiti della competenza primaria ad esse attribuita in materia di artigianato può valere solo per effetti diversi da quelli previdenziali e afferenti – si può qui aggiungere – a oggetti sui quali la Regione abbia la relativa competenza.
In quella occasione la Corte non dovette occuparsi dell’art. 13, sesto comma, della legge n. 443 del 1985, in quanto tale disposizione non veniva in rilievo in quella sede, data la sua inapplicabilità a rapporti anteriori alla sua entrata in vigore; mentre nella successiva sentenza n. 307 del 1996 fu chiarito, in via interpretativa, che l’iscrizione nell’albo delle imprese artigiane, anche nell’ambito delle Regioni a statuto speciale, non fa sorgere una presunzione assoluta circa la qualifica artigiana dell’impresa, ma al contrario il giudice deve, ai fini dell’applicabilità del privilegio di cui all’art. 2751-bis, numero 5, del codice civile, sindacare la "reale consistenza dell’impresa", con conseguente eventuale disapplicazione dell’atto amministrativo di iscrizione, di cui sia accertata la illegittimità.
5.– La questione ora proposta dalla Corte di cassazione riguarda invece, sostanzialmente, la possibilità di attribuire rilevanza, ai fini previdenziali, alla nozione di impresa artigiana - eventualmente diversa da quella stabilita dalla legge statale - contenuta nelle leggi delle Regioni a statuto speciale aventi competenza primaria in materia di artigianato, come la Regione Friuli-Venezia Giulia. Essa deve essere risolta, per le stesse ragioni enunciate nella sentenza n. 336 del 1989, escludendo tale possibilità, la cui ammissione equivarrebbe al riconoscimento a dette Regioni di una competenza, loro non attribuita dagli statuti, ad incidere sui presupposti e sui contenuti del rapporto previdenziale (cfr. anche sentenze n. 59 del 1966, n. 227 del 1990).
La competenza, pur primaria, della Regione nella materia dell’artigianato non può infatti – senza esorbitare, per definizione, dalla materia medesima – estendersi fino a condizionare a presupposti autonomamente definiti dalla Regione l’applicabilità di discipline che il legislatore statale detti in materie diverse, di competenza statale almeno quanto ai principi, e con riferimento a presupposti definiti dallo stesso legislatore statale.
Quando dunque le leggi statali in materia previdenziale stabiliscono che determinate disposizioni delle medesime si applicano alle imprese artigiane, deve ritenersi, in assenza di contrarie statuizioni, che si applichino, in tutto il territorio nazionale, alle imprese qualificabili come artigiane in base alla nozione che di tali imprese é data dalla legge statale, e specificamente dalla legge quadro n. 443 del 1985.
Se, pertanto, l’interpretazione della disposizione denunciata, prospettata dal giudice a quo, e che comporterebbe invece la rilevanza, agli effetti previdenziali, della nozione di impresa artigiana data dalla legge regionale, fosse l’unica possibile, si dovrebbe necessariamente concludere nel senso della illegittimità costituzionale della disposizione medesima.
6.– Ma non é così, essendo invece possibile attribuire ad essa un significato non incostituzionale.
La prima parte della disposizione, che dichiara non applicabili, nel territorio di dette Regioni a statuto speciale, le norme della stessa legge n. 443 del 1985, va in realtà intesa nel senso di escludere l’applicabilità di quelle norme che, concernendo la disciplina della materia dell’artigianato, sono, nelle predette Regioni, sostituite dalle norme dettate da queste nell’esercizio della loro competenza primaria: non nel senso, invece, che, ai fini della disciplina di rapporti estranei alla detta materia, e afferenti alla materia previdenziale, di competenza statale, possano valere, nei territori delle Regioni ad autonomia differenziata, le norme regionali, anzichè i principi e le norme ricavabili dalla legislazione statale (e desumibili anche dalla stessa legge quadro sull’artigianato: cfr. sentenza n. 168 del 1987).
La seconda proposizione contenuta nella disposizione impugnata (secondo cui l’iscrizione negli albi delle imprese artigiane, in quelle Regioni, "fa stato a tutti gli effetti di legge") – ancorchè, dal punto di vista storico, tragga origine da un emendamento volto proprio a superare un contenzioso in atto nei confronti dell’INPS in ordine all’applicazione di norme previdenziali (cfr. Atti Camera dei deputati, IX legislatura, 12^ commissione, seduta del 28 febbraio 1985, pag. 16-18; seduta del 13 marzo 1985, pag. 105) – testualmente si riferisce all’efficacia "costitutiva" dell’iscrizione negli albi. Se ne ricava che anche l’iscrizione negli albi autonomamente disciplinati dalle Regioni a statuto speciale aventi competenza primaria in materia di artigianato ha la medesima efficacia "costitutiva" che l’art. 5, quarto comma, della stessa legge quadro n. 443 del 1985 attribuisce all’iscrizione negli albi delle Regioni ordinarie, aggiungendo che essa é "condizione per la concessione delle agevolazioni a favore delle imprese artigiane".
In forza di tale statuizione, anche nelle Regioni aventi competenza primaria la legislazione locale dovrà attribuire all’iscrizione nei relativi albi delle imprese artigiane la stessa efficacia costitutiva, condizionante ai fini dell’attribuzione dei benefici e più in generale ai fini dell’applicabilità delle discipline che, nell’ambito della loro competenza, le Regioni stesse stabiliranno in tema di artigianato. Ma, per le ragioni dette, la disposizione non va intesa nel senso che all’impresa iscritta nell’albo delle imprese artigiane di una di dette Regioni possa applicarsi la disciplina che la legge dello Stato detta in materia previdenziale nei riguardi di siffatte imprese, anche se essa non abbia i requisiti che, secondo la medesima legge dello Stato, condizionano tale applicabilità.
In altri termini, nelle medesime Regioni risulteranno applicabili due nozioni, eventualmente diverse, dell’impresa artigiana (diverse, si intende, per elementi secondari, non potendosi certo ammettere che, in sede di definizione delle relative imprese, le Regioni adottino criteri tali da esorbitare dall’ambito stesso della materia - l’artigianato - in cui esse hanno competenza primaria): l’una, ricavata dalla legge regionale, rilevante ai fini della legislazione - di massima solo regionale - concernente l’artigianato (nonchè della legislazione concernente materie in cui la Regione sia egualmente autonoma nello stabilire contenuti e presupposti della disciplina, come la formazione professionale, espressamente menzionata nella stessa disposizione, anch’essa attribuita alla competenza primaria di alcune Regioni, ma non del Friuli-Venezia Giulia: cfr. art. 5 dello statuto speciale della Regione); l’altra, desunta dalla legge statale, rilevante ai fini della legislazione concernente materie, come quella previdenziale, nelle quali lo Stato abbia conservato la competenza fondamentale.
7.– Così intesa, e dunque esclusa ogni sua incidenza in materia previdenziale, la disposizione denunciata sfugge sotto ogni profilo alle censure di legittimità costituzionale mosse dalla Corte remittente.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell’art. 13, sesto comma, primo e secondo periodo, della legge 8 agosto 1985, n. 443 (Legge quadro sull’artigianato), sollevata, in riferimento agli articoli 3, 38 e 116 della Costituzione, dalla Corte di cassazione a sezioni unite, con le ordinanze indicate in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 maggio 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Valerio ONIDA, Redattore
Depositata in Cancelleria il 28 maggio 1999.