SENTENZA N. 59
ANNO 1966
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente
Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO
Prof. Antonino PAPALDO
Prof. Nicola JAEGER
Prof. Giovanni CASSANDRO
Prof. Biagio PETROCELLI
Dott. Antonio MANCA
Prof. Aldo SANDULLI
Prof. Giuseppe BRANCA
Prof. Michele FRAGALI
Prof. Costantino MORTATI
Prof. Giuseppe CHIARELLI
Dott. Giuseppe VERZÌ
Dott. Giovanni Battista BENEDETTI
Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana il 22 settembre 1965, recante "Modalità per l'accertamento dei lavoratori agricoli", promosso con ricorso del Commissario dello Stato per la Regione siciliana notificato il 30 settembre 1965, depositato nella cancelleria della Corte costituzionale il 9 ottobre successivo ed iscritto al n. 25 del Registro ricorsi 1965.
Visto l'atto di costituzione del Presidente della Regione siciliana;
udita nell'udienza pubblica del 16 marzo 1966 la relazione del Giudice Giovanni Battista Benedetti;
uditi il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, e gli avvocati Enzo Silvestri e Massimo Severo Giannini, per il Presidente della Regione siciliana.
Ritenuto in fatto
L'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 22 settembre 1965, ha approvato la legge concernente "Modalità per l'accertamento dei lavoratori agricoli" con la quale si dispone che, fino a quando non sarà emanata una nuova legge nazionale di modifica delle norme che regolano la riscossione e il versamento dei contributi agricoli unificati, per l'accertamento dei lavoratori dell'agricoltura, nel territorio della Regione, si applicano le norme contenute nell'art. 4 del D.L.C.P.S. 7 novembre 1947, n. 1308, giusta le quali il compito dell'accertamento é demandato agli uffici provinciali del Servizio per gli elenchi nominativi dei lavoratori e per i contributi unificati in agricoltura ma le risultanze dell'accertamento sono sottoposte all'esame delle Commissioni comunali le quali entro trenta giorni dalla ricezione le restituiscono con l'indicazione delle modifiche da apportarvi.
Il Commissario dello Stato per la Regione siciliana, con ricorso depositato in cancelleria il 9 ottobre 1965, ha impugnato tale legge sostenendo che le disposizioni emanate dal legislatore regionale nella materia della previdenza ed assistenza dei lavoratori agricoli sono in contrasto con l'art. 17 dello Statuto, sia perché non rispettano i limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato nella stessa materia, sia perché non soddisfano condizioni particolari ed esigenze proprie della Regione, ma determinano situazioni di fatto e di diritto i cui effetti valicano l'ambito regionale.
In ordine al primo punto nel ricorso si osserva che nella legislazione nazionale sussiste ormai un preciso indirizzo inteso a limitare i poteri delle Commissioni comunali in tema di accertamento dei lavoratori agricoli e le ragioni di siffatto indirizzo sarebbero da ricercarsi nell'interesse nazionale di non vedere gravate le gestioni previdenziali di oneri indebiti. Il legislatore, in altri termini, avrebbe ritenuto che l'affidamento alle Commissioni di poteri decisori in materia di accertamento dei lavoratori agricoli non tuteli in maniera idonea e sufficiente l'interesse pubblico diretto al regolare funzionamento delle gestioni previdenziali attraverso la concreta individuazione dei soggetti aventi diritto alle prestazioni.
Sulla seconda censura di incostituzionalità nel ricorso si osserva che la legge impugnata non é giustificata da "particolari esigenze ambientali dell'isola" poiché il problema dell'accertamento dei lavoratori agricoli in questione interessa non la sola Sicilia, ma tutte le province in cui era in vigore il sistema presuntivo di accertamento dei contributi, dichiarato costituzionalmente illegittimo con sentenza n. 65 del 1962 della Corte costituzionale.
Si rileva, infine, che la legge regionale produce effetti anche nel territorio nazionale in quanto dalla iscrizione dei lavoratori negli elenchi scaturisce il diritto a prestazioni previdenziali che sono erogate da enti nazionali. Il riconoscere alla Regione il potere di intervenire nel meccanismo di costituzione del rapporto tra assicurato ed assicuratore, comporterebbe, secondo il ricorso una alterazione del sistema previdenziale concepito ed attuato su base nazionale e costituirebbe una inammissibile ingerenza legislativa nei confronti di un Servizio a carattere nazionale.
Conclude, pertanto, il Commissario dello Stato chiedendo che la legge impugnata venga dichiarata costituzionalmente illegittima in riferimento all'art. 17 dello Statuto.
Il Presidente della Giunta regionale, rappresentato e difeso dagli avvocati Enzo Silvestri e Massimo Severo Giannini, si é costituito in giudizio mediante deposito di deduzioni in cancelleria in data 29 ottobre 1965.
La difesa della Regione, dopo aver rilevato che la legge regionale é concepita come legge provvisoria (destinata cioè a cadere quando sarà emanata la legge nazionale che disciplinerà in maniera uniforme il sistema di accertamento dei contributi agricoli in tutto il territorio dello Stato) e dopo aver precisato, in punto di fatto, che l'intervento del legislatore regionale é stato determinato da esigenze particolari della Sicilia (impedire a molti prefetti di continuare a disporre cancellazioni di lavoratori dagli elenchi e correlative riduzioni degli oneri degli imprenditori agrari) afferma che la legge impugnata non comporta la denunciata violazione dell'art. 17 dello Statuto.
Infondata, infatti, sarebbe la prima censura relativa alla inosservanza dei principi della legislazione dello Stato perché in tale legislazione non esiste l'asserito preciso indirizzo limitativo o di esclusione dei poteri delle Commissioni comunali nell'accertamento dei lavoratori agricoli dato che ancor oggi le Commissioni conservano un proprio ruolo e sono tuttora vigenti due diversi sistemi di accertamento: l'uno per le province nelle quali l'accertamento é fatto in base a denunce dell'imprenditore, l'altro per le province nelle quali é fatto in base a criteri presuntivi.
Infondata sarebbe anche la seconda censura secondo la quale la legge regionale contrasterebbe con l'interesse pubblico al regolare funzionamento delle gestioni previdenziali, in quanto le Commissioni comunali non hanno, né nella legge statale, né in quella regionale, cura di interessi di gestioni previdenziali. Tali interessi sono, infatti affidati all'apposito ente e le Commissioni hanno, nel procedimento relativo alla formazione degli elenchi, un limitato compito di consulenza e di controllo.
Contesta, infine, la difesa che l'iscrizione negli elenchi ponga in essere dei fatti che incidano nell'ambito statale ed osserva in proposito che oggetto della norma é una iscrizione in elenchi di persone aventi una determinata qualifica stabilita dalla legge, ragione per cui nessun potere autoritativo a contenuto discrezionale viene esercitato dalla Regione.
Conclude, pertanto, la difesa chiedendo che il ricorso sia respinto.
In una memoria depositata in cancelleria il 4 febbraio 1966 l'Avvocatura generale dello Stato, illustrando e sviluppando i motivi del ricorso del Commissario dello Stato, osserva che la Regione, col richiamare in vigore le disposizioni dell'art. 4 del D. L. n. 1308 del 1947, e cioè disposizioni di una legge dello Stato abrogate dalla legge 5-3-1963, n. 322, ha violato i principi fondamentali della Costituzione e dello Statuto speciale sulla ripartizione di competenze fra Stato e Regione. Gli artt. 14 e 17 dello Statuto consentono alla Regione di legiferare in determinate materie con l'effetto che nel territorio dell'isola le sue leggi prevalgono su quelle statali, come le speciali sulle generali; ma non le consentono di operare direttamente sull'ordinamento statale, abrogando alcune disposizioni e richiamando in vigore quelle che da queste ultime erano state abrogate.
Circa gli effetti e l'ambito di applicazione della legge impugnata, l'Avvocatura rileva che l'accertamento dei lavoratori agricoli fatto in Sicilia si ripercuote nell'intero territorio nazionale e sul bilancio dello Stato in quanto le provvidenze assicurative a favore delle persone iscritte negli elenchi siciliani sono a carico della gestione degli istituti previdenziali a cui favore é previsto un massiccio intervento a carico del bilancio dello Stato.
Non può, quindi, riconoscersi alla Regione la possibilità di interferire in un servizio interamente disciplinato da leggi dello Stato, organizzato su basi nazionali, affidato ad enti parastatali, operanti, cioè, sull'intero territorio nazionale e che faccia carico, sia pure in parte, sul bilancio statale.
Ciò sarebbe confermato dalle norme di attuazione approvate con D. P. 25 giugno 1952, n. 1138 dalle quali risulta che la potestà legislativa ed amministrativa della Regione siciliana in materia di lavoro, assistenza e previdenza sociale può avere ad oggetto esclusivamente enti, Casse ed altri Istituti aventi carattere locale, che svolgono cioè attività previdenziali per particolari categorie in sostituzione o in aggiunta di quelle obbligatorie.
L'Avvocatura conclude chiedendo che la Corte, in accoglimento del ricorso proposto dal Commissario dello Stato, voglia dichiarare costituzionalmente illegittima e, conseguentemente, annullare la legge regionale impugnata.
Anche la difesa della Regione siciliana ha depositato in data 2 marzo 1966 una memoria nella quale ulteriormente svolge e sviluppa i suoi motivi difensivi.
In ordine al primo motivo di incostituzionalità rileva che la legge regionale non ha istituito un terzo procedimento di accertamento dei lavoratori agricoli diverso da quelli operanti nell'Italia settentrionale e meridionale; ma si é limitata a richiamare in vigore modalità già previste da una legge statale e cioè, in pratica, ha mantenuto in vita le funzioni spettanti alle Commissioni comunali prima della legge n. 322 del 1963 che ne ha ristretto le attribuzioni al solo campo della cancellazione dagli elenchi.
Escluso quindi che la limitazione dei poteri delle Commissioni comunali disposta dalla legge n. 322 del 1963 possa costituire un principio informatore della normativa nazionale, bisognerebbe poter dimostrare - così continua la difesa della Regione - che tale limitazione risponda anche ad un preciso e specifico interesse generale. E tale dimostrazione non sarebbe stata data.
Quanto, alfine, al motivo del ricorso relativo all'esorbitanza della legge impugnata dai limiti territoriali dell'isola, la difesa della Regione, ribadisce che l'accertamento ai fini previdenziali dei lavoratori agricoli rappresenta una mera attività di acclaramento, di riscontro di dati e di condizioni di fatto obbiettivi e non implica esercizio di funzioni in forma autoritativa e con poteri discrezionali producenti effetti sull'apparato statale della previdenza in agricoltura. L'attribuzione, cioè, della qualifica di lavoratore agricolo é fatta dalla legge e deve perciò ritenersi irrilevante che all'accertamento di tale qualifica attendano gli uffici del Servizio contributi o le Commissioni comunali, identici essendo sempre gli effetti dell'accertamento: l'attribuzione da parte dell'ordinamento giuridico della qualifica di lavoratore agricolo, di uno status valido nell'ambito di tutto il territorio dello Stato.
La difesa della Regione insiste perciò per il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. - Nel ricorso del Commissario dello Stato, la violazione dell'art. 17 dello Statuto ad opera della legge regionale é stata eccepita sotto un triplice profilo: mancato rispetto dei limiti dei principi ed interessi generali cui si informa la legislazione dello Stato nella materia dell'accertamento dei lavoratori agricoli; insussistenza di condizioni particolari ed esigenze proprie della Regione idonee a giustificare l'emanazione di tale legge; determinazione, in conseguenza della legge medesima, di situazioni di fatto e di diritto che travalicano l'ambito regionale comportando una alterazione del sistema previdenziale agricolo concepito ed attuato su base nazionale.
Poiché in relazione a tale ultima eccezione nel ricorso si sostiene che l'accertamento dei lavoratori agricoli e la loro iscrizione in appositi elenchi nominativi ha valore costitutivo del diritto alle prestazioni previdenziali e si disconosce alla Regione il potere di intervenire con proprie leggi nel meccanismo di costituzione del rapporto tra assicurati e Istituti assicuratori, é evidente che la Corte deve portare il suo esame anzitutto su tale eccezione e che alla soluzione di essa resta quindi subordinata la disamina delle altre.
2. - La legge regionale impugnata disciplina, in via transitoria - sino a quando non sarà emanata una nuova legge nazionale di modifica delle norme che regolano la riscossione e il versamento dei contributi agricoli unificati - ed in modo diverso dalla legislazione nazionale, anch'essa transitoria rispetto alla province meridionali ed insulari, una fase fondamentale del rapporto assicurativo previdenziale in agricoltura: quella dell'accertamento dei lavoratori agricoli e della formazione dei relativi elenchi nominativi.
I compiti inerenti a tale accertamento furono affidati in un primo momento alla competenza piena ed esclusiva di speciali Commissioni istituite in ogni Comune ai sensi dell'art. 4 del D.L.L. 8 febbraio 1945, n. 75, e composte dal sindaco, da un rappresentante dei datori di lavoro e da un rappresentante dei lavoratori. Successivamente però il legislatore trasferì tali compiti agli uffici provinciali del servizio contributi unificati stabilendo, tuttavia, che le risultanze dell'accertamento operato dagli uffici anzidetti fossero sottoposte all'esame delle Commissioni comunali, le quali, entro trenta giorni dalla data di ricezione, le restituivano con la indicazione delle modifiche da apportarvi (art. 4 del D.L.C.P.S. 7 novembre 1947, n. 1308).
Anche a seguito di tale trasferimento le Commissioni, però, conservarono poteri ampi e determinanti ai fini della iscrizione dei lavoratori negli elenchi, poiché in pratica l'esame ad esse demandato fu inteso come parere vincolante per gli uffici del servizio contributi, i quali, pertanto, erano necessariamente tenuti ad apportare negli elenchi qualsiasi modifica indicata dalle Commissioni.
Questa situazione non dava luogo ad inconvenienti di sorta nelle province dell'Italia settentrionale e centrale nelle quali vigeva ormai da tempo il sistema della rilevazione diretta della mano d'opera occupata presso le singole aziende e, in correlazione, la diretta identificazione dei singoli lavoratori e del numero di giornate di lavoro da essi prestate.
Tale sistema, infatti, esigendo che ai lavoratori venissero attribuite le giornate di effettiva occupazione accertate ai fini contributivi (art. 5 del D. L. 23 gennaio 1948, n. 59), non consentiva un intervento vincolante delle Commissioni comunali nella formazione degli elenchi, se non nei casi in cui alle indicazioni delle Commissioni, riguardanti l'accertamento dei lavoratori, facesse riscontro un correlativo e concomitante accertamento di contribuzione nei confronti dei datori di lavoro, ai quali essi avevano prestato la loro opera.
Non altrettanto é a dirsi per le province dell'Italia meridionale ed insulare nelle quali vigeva il diverso sistema dell'accertamento presuntivo della mano d'opera ai fini dei contributi agricoli. Poiché in tale sistema la posizione di ciascun lavoratore ai fini della iscrizione negli elenchi veniva determinata in modo autonomo, e comunque indipendentemente dalle risultanze dell'impiego effettivo della mano d'opera, il fenomeno che ben presto ebbe a verificarsi nelle province in questione fu quello della inflazione degli elenchi nominativi, nei quali furono iscritte (come la Corte ha già avuto occasione di rilevare nella sua precedente sentenza n. 65 del 1962) persone non appartenenti al settore agricolo, che indebitamente, quindi, venivano a gravare sulla previdenza dei lavoratori agricoli.
Per porre rimedio a tale grave inconveniente le due leggi nazionali contenenti norme transitorie, 5 marzo 1963, n. 322, e 18 dicembre 1964, n. 1412, emanate dopo la soppressione del sistema di accertamento presuntivo, - dichiarato costituzionalmente illegittimo con la ricordata sentenza -, hanno escluso qualsiasi potere delle Commissioni comunali in tema di nuove iscrizioni negli elenchi, limitando il loro intervento, sotto forma di parere obbligatorio e non più vincolante, ai soli casi di cancellazione dei non aventi diritto dagli elenchi nominativi. A seguito di tali nuove disposizioni gli uffici del servizio contributi hanno dato l'avvio ad una azione intesa a cancellare dagli elenchi tutti coloro che indebitamente vi erano iscritti in modo da adeguare gli elenchi medesimi alla realtà della effettiva occupazione.
3. - Precisati in tal modo, sulla scorta dei vari testi legislativi succedutisi nel tempo, quali attualmente siano su piano nazionale i limiti della sfera d'azione delle Commissioni comunali nel procedimento di accertamento dei lavoratori agricoli, sarà più agevole comprendere l'esatta portata della legge impugnata e stabilire se essa sia costituzionalmente illegittima.
Il legislatore regionale ha espressamente richiamato in vigore, nell'ambito territoriale della Sicilia, le norme di cui all'art. 4 del citato D.L.C.P.S. n. 1308 del 1947, riattribuendo così alle Commissioni comunali quegli ampi e decisori poteri in tema di formazione degli elenchi che sono stati sopra ricordati. Ha ritenuto di poter far ciò - per come é dato leggere nel testo della legge, in relazione "alle particolari circostanze ambientali dell'isola".
A parte il rilievo che le richiamate recenti leggi nazionali, proprio in relazione alle particolari caratteristiche ed esigenze delle province meridionali e di quelle insulari hanno disposto una riduzione dei poteri delle Commissioni comunali, é fuori di dubbio che nello specifico settore della materia previdenziale che forma oggetto della legge impugnata, non può essere consentito alla Regione di organizzare nel suo territorio, in modo diverso, il servizio dell'accertamento dei lavoratori agricoli. Trattasi, infatti, di servizio di fondamentale importanza nell'economia del rapporto previdenziale, posto che il diritto dei lavoratori alle prestazioni sorge in conseguenza della loro iscrizione nei cosiddetti elenchi nominativi.
Deve al riguardo rilevarsi che la previdenza dei lavoratori agricoli ha carattere nazionale essendo organizzata e gestita su tutto il territorio dello Stato da Istituti parastatali: l'Istituto nazionale della previdenza sociale e l'Istituto nazionale assistenza malattie. Questi Enti perseguono i propri fini istituzionali mediante un sistema mutualistico il cui finanziamento ora non é più soltanto costituito dai contributi dei lavoratori e dei datori di lavoro, ma si fonda anche sulla solidarietà tra i vari settori della produzione e sul concorso dello Stato, particolarmente notevole nel momento attuale - a seguito della recente legge 21 luglio 1965, n. 903, concernente la fiscalizzazione di parte degli oneri previdenziali - specie nel settore agricolo nel quale i contributi dei lavoratori sono molto modesti.
Orbene poiché trattasi di previdenza nazionale, spetta esclusivamente allo Stato disciplinare la fase di accertamento dei presupposti determinanti la spesa previdenziale.
Un intervento, sia pure parzialmente difforme, della legislazione regionale in siffatto settore comporterebbe inevitabilmente inammissibili ripercussioni sull'intero sistema previdenziale nazionale.
L'accertamento di queste ragioni di incostituzionalità della legge impugnata dispensa la Corte dalla disamina delle altre censure avverso di essa formulate.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l'illegittimità costituzionale della legge approvata dall'Assemblea regionale siciliana nella seduta del 22 settembre 1965 concernente "Modalità per l'accertamento dei lavoratori agricoli".
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1966.
Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO
Depositata in cancelleria il 10 giugno 1966.