ORDINANZA N.146
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 56, comma 6, ultimo periodo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo sostituito dall’art. 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell'articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59), promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1998 dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, sul ricorso proposto da Marco Lonardi ed altri contro USSL n. 46 "Alto Mantovano" di Castiglione delle Stiviere, iscritta al n. 562 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 36, prima serie speciale, dell’anno 1998.
Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 marzo 1999 il Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto che nel corso di un giudizio promosso da alcuni dipendenti della USSL n. 46 "Alto Mantovano" di Castiglione delle Stiviere per ottenere il trattamento economico corrispondente alle mansioni superiori da essi svolte, il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, con ordinanza emessa il 15 maggio 1998 ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 36 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 56, comma 6, ultimo periodo, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’articolo 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo sostituito dall’art. 25 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 80 (Nuove disposizioni in materia di organizzazione e di rapporti di lavoro nelle amministrazioni pubbliche, di giurisdizione nelle controversie di lavoro e di giurisdizione amministrativa, emanate in attuazione dell’articolo 11, comma 4, della legge 15 marzo 1997, n. 59);
che la disposizione denunciata stabilisce che, fino alla nuova disciplina degli ordinamenti professionali prevista dai contratti collettivi, "in nessun caso lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza può comportare il diritto a differenze retributive o ad avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore";
che il giudice rimettente ritiene che il trattamento economico del dipendente debba essere integrato nella misura corrispondente alla qualità del lavoro effettivamente prestato (art. 36 Cost.) e che lo svolgimento di mansioni superiori per esigenze di servizio, oltre il limite di tempo previsto dalla legge, dia diritto alla retribuzione corrispondente all’attività svolta (sentenze n. 57 del 1989 e n. 296 del 1990), mentre la disposizione denunciata impedirebbe di riconoscere il diritto a differenze retributive per lo svolgimento di mansioni superiori rispetto alla qualifica di appartenenza, pur in presenza di un posto vacante in organico, per il quale non manchi la copertura finanziaria;
che, ad avviso del giudice rimettente, si determinerebbe, in contrasto con l’art. 3 della Costituzione, una irragionevole disparità di trattamento tra chi, avendo svolto le mansioni superiori nel periodo di tempo per il quale ha operato il divieto di attribuzione di differenze retributive, non può vedere riconosciuto tale diritto e chi, invece, ne ha beneficiato in precedenza o ne beneficerà a decorrere dai nuovi contratti collettivi;
che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, che ha chiesto che la questione sia dichiarata inammissibile o infondata, rilevando che, dopo l’ordinanza che ha sollevato la questione di legittimità costituzionale, la norma denunciata é stata abrogata dall’art. 15 del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387.
Considerato che la disposizione denunciata é stata modificata, dopo che il Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale: difatti, mentre permane la esclusione di avanzamenti automatici nell’inquadramento professionale del lavoratore che abbia svolto mansioni superiori alla qualifica di appartenenza, é stato soppresso il divieto di attribuzione di "differenze retributive" (art. 15 del decreto legislativo 29 ottobre 1998, n. 387);
che, a seguito di tale modifica, gli atti vanno restituiti al giudice rimettente perchè possa valutare se la questione di legittimità costituzionale sia tuttora rilevante nel giudizio che egli é chiamato ad emettere.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
ordina la restituzione degli atti al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia, sezione staccata di Brescia.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14 aprile 1999.
Renato GRANATA, Presidente
Cesare MIRABELLI, Redattore
Depositata in cancelleria il 22 aprile 1999.