Ordinanza n. 115/99

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ORDINANZA N. 115

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 15 dicembre 1997 dal Magistrato di sorveglianza di Varese, iscritta al n. 273 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17, prima serie speciale, dell’anno 1998.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 10 marzo 1999 il Giudice relatore Giuliano Vassalli.

Ritenuto che il Magistrato di sorveglianza di Varese ha sollevato, in riferimento all’art. 27, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui consente al giudice che dispone la conversione della pena pecuniaria ineseguita per insolvibilità del condannato di applicare la libertà controllata, disattendendo la richiesta del condannato di applicazione della sanzione del lavoro sostitutivo;

che a tal proposito il giudice a quo, dopo aver testualmente riprodotto le considerazioni poste a fondamento della sentenza n. 206 del 1996, ha rilevato che se, alla stregua di quelle considerazioni, la sopravvivenza del ruolo sussidiario della libertà controllata si giustifica sul piano costituzionale solo in ragione della facoltà accordata al condannato di optare senza limitazioni per il lavoro sostitutivo, tale scelta, ove effettuata, non potrà che essere vincolante per il giudice della conversione, palesandosi ogni residua discrezionalità del giudicante in contrasto con l’art. 27 della Carta fondamentale;

che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata non fondata.

Considerato che, in tema di conversione delle pene pecuniarie ineseguite per insolvibilità del condannato, la giurisprudenza di questa Corte - come il giudice a quo ha rammentato - si é più volte soffermata sulla necessità di assegnare alla libertà controllata un ruolo effettivamente sussidiario rispetto alla misura del lavoro sostitutivo, essendo quest’ultimo istituto apparso in linea con l’esigenza di stabilire un nesso di correlazione funzionale tra pena originaria e pena convertita che riduca al minimo l’incremento di afflittività che naturalmente deriva dalla applicazione di una sanzione destinata ad incidere sulla libertà personale;

che in proposito, e come d’altra parte emerge dalla ratio della sentenza n. 206 del 1996, la richiesta del condannato, in presenza dei requisiti soggettivi ed oggettivi stabiliti dalla legge, legittima (e dunque impone) l’applicazione della misura del lavoro sostitutivo;

che spetta comunque al giudice verificare se la misura del lavoro sostitutivo possa ritenersi in concreto applicabile nei casi in cui la stessa non si presenti rispondente alla ineludibile funzione contrassegnata dall’art. 27, terzo comma, della Costituzione, che anche le misure applicate a seguito della conversione delle pene pecuniarie sono chiamate a soddisfare;

che, pertanto, non risultando in alcun modo compromesso il parametro evocato dal rimettente, la questione proposta deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 102, secondo comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento all’art. 27, primo comma, della Costituzione, dal Magistrato di sorveglianza di Varese con l’ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 marzo 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Giuliano VASSALLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 2 aprile 1999.