ORDINANZA N. 95
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 28, comma 1, della legge 8 agosto 1995, n. 332 (Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa), promosso con ordinanza emessa il 16 febbraio 1998 dal Tribunale di Messina nel procedimento penale a carico di F. M. A., iscritta al n. 499 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 28, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1999 il Giudice relatore Guido Neppi Modona.
Ritenuto che, nel corso di un procedimento a carico di due imputati tratti a giudizio rispettivamente per i delitti di violenza privata e di false informazioni al pubblico ministero, il Tribunale di Messina ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, della legge 8 agosto 1995, n. 332 (Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa), in riferimento all’art. 3 della Costituzione, nella parte in cui stabilisce che l’art. 371-bis, secondo comma, del codice penale - ove é disposta la sospensione del procedimento per il reato di false informazioni al pubblico ministero fino a quando nel procedimento nel corso del quale sono state assunte le informazioni sia stata pronunciata sentenza di primo grado, ovvero il procedimento sia stato anteriormente definito con archiviazione o con sentenza di non luogo a procedere - non si applica ai procedimenti nei quali, alla data di entrata in vigore della legge, sia già stata esercitata l’azione penale ai sensi dell’art. 405 cod. proc. pen.;
che il giudice rimettente - individuata la ratio della sospensione del procedimento nell’esigenza di evitare il rischio che il teste indagato per il reato di false informazioni al pubblico ministero renda dichiarazioni in qualche modo condizionate dalla pendenza del procedimento a suo carico, allineandosi artificiosamente sulle posizioni dell’accusa - rileva che la norma impugnata determina una ingiustificata disparità di trattamento tra imputati aventi identiche posizioni processuali, in quanto nella disciplina transitoria la sospensione del processo risulta ancorata <<ad un dato generale (entrata in vigore della legge) indipendente dalla dinamica del processo>>;
che, a giudizio del rimettente, tale disparità di trattamento non sarebbe del resto giustificata dalla necessità di soddisfare <<quelle esigenze pratiche che hanno probabilmente animato il legislatore nella elaborazione della disciplina transitoria>>, in quanto la sospensione del procedimento, <<vista come strumento di garanzia finalizzato a contribuire allo svolgimento di un "giusto processo">>, assume un valore preminente rispetto a generiche considerazioni di buon andamento dell’attività giudiziaria;
che nel giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione, analoga a quella sollevata con l’ordinanza iscritta al n. 363 del r.o. del 1997, sia dichiarata manifestamente infondata.
Considerato che con l’ordinanza n. 61 del 1998 questa Corte ha dichiarato manifestamente infondata una analoga questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, della legge 8 agosto 1995, n. 332, sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione;
che in tale ordinanza la Corte ha rilevato che la disciplina transitoria, nello stabilire che la sospensione del procedimento per il reato di cui all’art. 371-bis, primo comma, cod. pen. non opera quando per tale reato sia già stata esercitata l’azione penale, non contrasta con la ratio della disciplina "a regime", da individuarsi <<nell’esigenza di garantire la libertà morale e di autodeterminazione della persona indagata per il reato di false informazioni da forme di condizionamento psicologico esercitabili dal pubblico ministero nel momento in cui nel procedimento principale l’organo dell’accusa é "processualmente" interessato alla formazione della prova>>;
che, infatti, dopo che é stata esercitata l’azione penale per il reato di false informazioni, la posizione dell’imputato é ormai sottoposta al giudizio dell’autorità giurisdizionale, e quindi sottratta a potenziali condizionamenti da parte del pubblico ministero davanti al quale il reato é stato commesso;
che per tali ragioni questa Corte ha affermato che <<dal confronto tra la disciplina "a regime" e la norma transitoria emerge che il legislatore ha non irragionevolmente esercitato il suo potere discrezionale nel definire l’ambito di applicabilità dell’istituto della sospensione dei procedimenti per il reato di cui all’art. 371-bis cod. pen. in corso al momento dell’entrata in vigore della legge>>;
che nell’ordinanza di rimessione non vengono prospettati profili nuovi e ulteriori rispetto a quelli esaminati nella pronuncia richiamata;
che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 28, comma 1, della legge 8 agosto 1995, n. 332 (Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti, di misure cautelari e di diritto di difesa), sollevata in riferimento all’art. 3 della Costituzione dal Tribunale di Messina con l’ordinanza in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 marzo 1999
Presidente Renato Granata
Redattore Guido NEPPI MODONA
Depositata in cancelleria il 26 marzo 1999.