Ordinanza n. 37/99

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ORDINANZA N. 37

ANNO 1999

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Giuliano VASSALLI

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO 

- Avv.    Massimo VARI         

- Dott.   Cesare RUPERTO    

- Dott.   Riccardo CHIEPPA  

- Prof.    Valerio ONIDA        

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE         

- Avv.    Fernanda CONTRI   

- Prof.    Guido NEPPI MODONA    

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI 

- Prof.    Annibale MARINI    

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, promossi con tre ordinanze emesse il 5 marzo (numero due ordinanze) ed il 18 aprile 1997 dal Pretore di Prato, rispettivamente iscritte ai nn. 195, 196 e 197 del registro ordinanze 1998 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1998.

Visto l'atto di costituzione dell'Avv. Bardazzi Giovanni, nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 13 gennaio 1999 il Giudice relatore Carlo Mezzanotte.

Ritenuto che, nel corso di un procedimento penale, il Pretore di Prato, con ordinanza in data 5 marzo 1997 (R.O. n. 195 del 1998), ha sollevato, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'articolo 161, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui impone di eseguire le notificazioni mediante consegna al difensore qualora non sia possibile eseguirle presso il domicilio dichiarato ed eletto dall'imputato, senza prescrivere alcuna preventiva ricerca volta ad accertare l'attuale domicilio dell'imputato stesso o a verificare se egli si trovi in stato di detenzione;

che il remittente premette che nel giudizio a quo la notificazione all'imputato del decreto di citazione é avvenuta mediante consegna al difensore d'ufficio a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per "inidoneità del domicilio in precedenza eletto";

che, a suo avviso, la notificazione eseguita con tali modalità non garantirebbe in alcun modo che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del dibattimento da celebrare nei suoi confronti, sicchè la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 6, terzo comma, lettera c), della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e con l'art. 14, terzo comma, lettera d), del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, rispettivamente ratificati e resi esecutivi in Italia con la legge 5 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950, e del protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), e con la legge 25 ottobre 1977, n. 881 (Ratifica ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonchè del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966), che sancirebbero il diritto dell'imputato a essere presente al dibattimento;

che lo stesso remittente - richiamando la sentenza del 28 agosto 1991, F.C.B. contro Italia, della Corte europea dei diritti dell'uomo - osserva che si avrebbe violazione del principio del "giusto processo" ove si facesse discendere la perdita del suddetto diritto dal comportamento, pur censurabile, dell'imputato che non abbia provveduto a comunicare la variazione del proprio domicilio all'autorità giudiziaria procedente, in quanto tale conseguenza sarebbe manifestamente sproporzionata rispetto a detta omissione, tenuto conto della posizione preminente che il diritto ad un processo equo occupa in una società democratica;

che, ad avviso del pretore, la disposizione censurata, contrastando le citate norme internazionali pattizie, violerebbe, in considerazione del richiamo espresso contenuto nel preambolo dell'art. 2 della legge di delegazione del 16 febbraio 1987, n. 81 ("Il codice di procedura penale deve attuare i principî della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale"), l'art. 77 della Costituzione, per non avere il legislatore delegato rispettato i criteri direttivi della delega;

che il difensore d'ufficio dell'imputato ha nominato altro difensore abilitato al patrocinio innanzi alle magistrature superiori e con lui si é costituito in giudizio, per sostenere la fondatezza della questione di costituzionalità sollevata con l'ordinanza citata;

che é intervento in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiara infondata.

Ritenuto, altresì, che lo stesso Pretore di Prato, nel corso di altro procedimento penale, con ordinanza di analogo contenuto emessa in data 5 marzo 1997 (R.O. n. 196 del 1998), ha sollevato, in riferimento all'art. 77 della Costituzione, identica questione di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale;

che pure in tale giudizio é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza della questione;

che ancora il Pretore di Prato, nel corso di un terzo procedimento penale, con ordinanza del 18 aprile 1997 (R.O. n. 197 del 1998), di contenuto analogo a quelle di cui si é or ora riferito, ha denunciato, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, l'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale per i medesimi profili di cui alle precedenti ordinanze.

Considerato che le ordinanze, con identica motivazione, sollevano questioni a loro volta identiche o analoghe, sicchè i relativi giudizi possono essere riuniti per essere decisi unitariamente;

che, con riferimento al giudizio instaurato a seguito dell'ordinanza n. 195 del 1998, deve essere dichiarata inammissibile la costituzione del difensore nominato dal difensore d'ufficio, che é privo del potere di rilasciare procura speciale per la rappresentanza in giudizio innanzi a questa Corte;

che in tutte le ordinanze di remissione il Pretore di Prato si limita a rilevare che la notificazione all'imputato del decreto di citazione é avvenuta mediante consegna di copia al difensore, a norma dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, "per inidoneità del domicilio in precedenza eletto";

che la medesima questione di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, é stata sollevata dallo stesso remittente con una precedente ordinanza di tenore identico a quelle testè riunite;

che l'anzidetta questione é stata decisa da questa Corte nel senso della manifesta inammissibilità con ordinanza n. 241 del 1998, poichè il remittente non aveva assolto all'onere di una più puntale descrizione della concreta fattispecie, non aveva precisato sotto quale profilo il domicilio in precedenza eletto dovesse ritenersi non idoneo, nè aveva chiarito se la persona sottoposta alle indagini fosse stata avvertita dell'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio ed avvisata che, in mancanza, le notificazioni sarebbero state eseguite mediante consegna al difensore ai sensi dell'art. 161, comma 1;

che neppure nelle ordinanze in esame é stata compiuta quella più circostanziata esposizione che sarebbe stata necessaria ai fini di uno scrutinio nel merito;

che va ribadito che i presupposti di fatto che si riflettono sulla individuazione della norma da applicare nel giudizio principale, e quindi sulla rilevanza della questione di legittimità costituzionale, devono essere verificati e descritti dal giudice a quo nell'ordinanza di remissione;

che non é all'uopo sufficiente allegare genericamente l'inidoneità del domicilio eletto, senza aver dato mostra di aver verificato la sussistenza di tutte le condizioni che renderebbero applicabile alla concreta fattispecie il censurato art. 161, comma 4, e non invece l'art. 171, lettera e), l'art. 157, norma generale per la prima notificazione all'imputato non detenuto, e, ricorrendone le condizioni, l'art. 159 del codice di procedura penale, in tema di notifica all'imputato dichiarato irreperibile;

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal Pretore di Prato con le tre ordinanze in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, l’11 febbraio 1999.

Renato GRANATA, Presidente

Carlo MEZZANOTTE, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 febbraio 1999