Ordinanza n. 241 del 1998

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SENTENZA N. 241

 

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Renato GRANATA, Presidente

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

-          Prof. Fernando SANTOSUOSSO

-          Avv. Massimo VARI

-          Dott. Cesare RUPERTO

-          Dott. Riccardo CHIEPPA

-          Prof. Gustavo ZAGREBELSKY

-          Prof. Valerio ONIDA

-          Prof. Carlo MEZZANOTTE

-          Prof. Guido NEPPI MODONA

-          Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI

-          Prof. Annibale MARINI

ha pronunciato la seguente

 

Ordinanza

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 18 aprile 1997 dal pretore di Prato, iscritta al n. 691 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 42, prima serie speciale, dell'anno 1997.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

 

Udito nella camera di consiglio del 25 marzo 1998 il giudice relatore Carlo Mezzanotte.

 

Ritenuto che nel corso di un procedimento penale il pretore di Prato, con ordinanza in data 18 aprile 1997, ha sollevato, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, nella parte in cui impone di eseguire le notificazioni mediante consegna al difensore qualora non sia possibile eseguirle presso il domicilio dichiarato o eletto dall'imputato, senza prescrivere alcuna preventiva ricerca volta ad accertare l'attuale domicilio dell'imputato stesso o a verificare se egli si trovi in stato di detenzione;

 

che il remittente premette che nel giudizio a quo la notificazione all'imputato del decreto di citazione è avvenuta mediante consegna al difensore d'ufficio a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen. per "inidoneità del domicilio in precedenza eletto";

 

che, a suo avviso, la notificazione eseguita con tali modalità non garantirebbe in alcun modo che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del dibattimento da celebrare nei suoi confronti, sicché la disposizione censurata si porrebbe in contrasto con l'art. 6, terzo comma, lettera c) della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, e con l'art. 14, terzo comma, lettera d) del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, rispettivamente ratificati e resi esecutivi in Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848 (Ratifica ed esecuzione della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma il 4 novembre 1950 e del protocollo addizionale alla convenzione stessa, firmato a Parigi il 20 marzo 1952), e con la legge 25 ottobre 1977, n. 881 (Ratifica ed esecuzione del patto internazionale relativo ai diritti economici, sociali e culturali, nonché del patto internazionale relativo ai diritti civili e politici, con protocollo facoltativo, adottati e aperti alla firma a New York rispettivamente il 16 e il 19 dicembre 1966), che sancirebbero il diritto dell'imputato a presenziare al dibattimento;

 

che lo stesso remittente ricorda che, secondo la Corte europea dei diritti dell'uomo, si ha violazione dei principi del "giusto processo" quando si faccia discendere la perdita del suddetto diritto dal comportamento, pur censurabile, dell'imputato che non abbia provveduto a comunicare la variazione del proprio domicilio all'autorità giudiziaria procedente, in quanto tale conseguenza è "manifestamente sproporzionata" rispetto a detta omissione, "tenuto conto della posizione preminente che il diritto ad un processo equo occupa in una società democratica" (sentenza 28 agosto 1991, F.C.B. contro Italia);

 

che, ad avviso del pretore, la disposizione censurata, contrastando le citate norme internazionali pattizie, violerebbe, in considerazione del richiamo espresso contenuto nel preambolo dell'art. 2 della legge di delegazione del 16 febbraio 1987, n. 81 ("Il codice di procedura penale deve attuare i principi della Costituzione e adeguarsi alle norme delle convenzioni internazionali ratificate dall'Italia e relative ai diritti della persona e al processo penale"), gli artt. 76 e 77 della Costituzione, per non avere il legislatore delegato rispettato i criteri direttivi della delega;

 

che è intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

 

Considerato che nell'ordinanza di rimessione il pretore di Prato si limita a rilevare che la notificazione all'imputato del decreto di citazione è avvenuta mediante consegna di copia al difensore, a norma dell'art. 161, comma 4, cod. proc. pen., "per inidoneità del domicilio in precedenza eletto";

 

che né dall'ordinanza né dagli atti di causa risultano le ragioni di tale assunta "inidoneità", non essendo chiarito se la persona sottoposta alle indagini, nel dichiarare o eleggere il domicilio su invito della polizia giudiziaria, sia stata avvertita dell'obbligo di comunicare ogni mutamento del domicilio e avvisata che, in mancanza di tale comunicazione, le notificazioni sarebbero state eseguite mediante consegna al difensore (art. 161, comma 1, cod. proc. pen.);

 

che una specifica motivazione sul punto era necessaria riguardando la esatta individuazione della norma da applicare nel giudizio principale e quindi la rilevanza della questione;

 

che, infatti, se al momento della dichiarazione o della elezione di domicilio non fosse stato dato l'avvertimento di cui all'art. 161, comma 1, cod. proc. pen. (come gli atti indurrebbero a ritenere), sarebbero applicabili, non già il censurato art. 161, comma 4, ma l'art. 171, lettera e) cod. proc. pen., che prevede, per questa violazione, la nullità della notificazione eseguita mediante consegna al difensore, l'art. 157 cod. proc. pen., norma generale per la prima notificazione all'imputato non detenuto e, in caso di impossibilità, l'art. 159 cod. proc. pen;

 

che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

per questi motivi

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 161, comma 4, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, dal pretore di Prato con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1° giugno 1998.

 

Renato GRANATA, Presidente

 

Carlo MEZZANOTTA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 3 luglio 1998.