ORDINANZA N.12
ANNO 1999
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Guido NEPPI MODONA
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 44 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), promossi con ordinanze emesse il 14 maggio 1998 dalla Corte d'appello di Venezia nel procedimento civile vertente tra Italo Regazzo s.r.l. e il Fallimento Penzo Angelo Restauri s.a.s., iscritta al n. 536 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1998 ed il 18 luglio 1998 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra il Fallimento SARED s.p.a. e Ballini Simonetta, iscritta al n. 809 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 44, prima serie speciale, dell'anno 1998;
udito nella camera di consiglio del 10 dicembre 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che la Corte d'appello di Venezia, con ordinanza del 14 maggio 1998 ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 44 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), nella parte in cui tale norma non prevede che gli effetti del fallimento - quanto meno nel periodo intercorrente tra la pubblicazione e l’affissione della relativa sentenza - non siano opponibili ai terzi che, in buona fede, siano stati destinatari degli atti compiuti dal fallito o autori di pagamenti ricevuti dallo stesso;
che identica questione, in riferimento al medesimo parametro costituzionale, é stata sollevata dal Tribunale di Roma, con ordinanza del 18 luglio 1998;
che a parere dei giudici rimettenti la disposizione denunciata, nel disporre che i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la pubblicazione (attraverso il deposito in cancelleria) della sentenza dichiarativa di fallimento sono immediatamente inefficaci nei confronti dei creditori anche prima dell’affissione (alla porta esterna del Tribunale) ai sensi dell’art. 17 della legge fallimentare e senza che rilevi la buona fede del solvens, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza sussunto sotto l’art. 3 della Costituzione, in quanto:
a) non discriminerebbe, quanto meno nel periodo tra la pubblicazione e l’affissione della sentenza dichiarativa di fallimento, tra coloro che abbiano avuto rapporti con il fallito quelli consapevoli e quelli non consapevoli di detta dichiarazione;
b) discriminerebbe senza ragionevole motivo, e pur essendo analoga la loro situazione psicologica, coloro che abbiano avuto rapporti con il fallito prima della dichiarazione di fallimento e coloro che abbiano avuto rapporti con il fallito dopo detta dichiarazione, in quanto mentre i primi possono far valere la ignoranza dello stato di dissesto ai fini della revocatoria fallimentare, i secondi non possono far valere la mancata conoscenza dell’intervenuta pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento ai fini dell’opponibilità dei pagamenti ricevuti o eseguiti.
Considerato che, avendo ad oggetto le due ordinanze questioni identiche, i relativi giudizi vanno riuniti per essere decisi congiuntamente;
che questa Corte, con sentenza n. 234 del 1998, ha già dichiarato non fondata una questione identica a quella oggetto del presente giudizio;
che nelle ordinanze di rimessione non vengono prospettati motivi nuovi o diversi rispetto a quelli già esaminati da questa Corte;
che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 44 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa), sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dalla Corte d'appello di Venezia e dal Tribunale di Roma con le ordinanze in epigrafe.
Cosí deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 gennaio 1999.
Presidente Renato GRANATA
Redattore Annibale MARINI
Depositata in cancelleria il 21 gennaio 1999