ORDINANZA N.463
ANNO 1998
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori Giudici:
- Dott. Renato GRANATA, Presidente
- Prof. Giuliano VASSALLI
- Prof. Francesco GUIZZI
- Prof. Cesare MIRABELLI
- Prof. Fernando SANTOSUOSSO
- Avv. Massimo VARI
- Dott. Cesare RUPERTO
- Dott. Riccardo CHIEPPA
- Prof. Gustavo ZAGREBELSKY
- Prof. Valerio ONIDA
- Prof. Carlo MEZZANOTTE
- Avv. Fernanda CONTRI
- Prof. Piero Alberto CAPOTOSTI
- Prof. Annibale MARINI
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, promosso con ordinanza emessa il 24 luglio 1997 dal Pretore di Salerno nelle procedure esecutive riunite proposte da Ind. Medica Sorrentino Vincenzo & Figli ed altri nei confronti della Gestione liquidatoria ex USL 53 di Salerno ed altra iscritta al n. 318 del registro ordinanze 1998 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 19, prima serie speciale, dell'anno 1998.
Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.
Ritenuto che nel corso di un procedimento di espropriazione presso terzi il Pretore di Salerno, con ordinanza del 24 luglio 1997, ha sollevato - in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 41, primo comma e 81, quarto comma, della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, "quanto meno nella parte in cui estende l’onere della notificazione ogniqualvolta sia intrapresa una nuova procedura esecutiva sul medesimo titolo";
che, ad avviso del rimettente, la disposizione denunciata - che pone il divieto per i creditori di procedere ad esecuzione forzata in danno delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici, in forza di provvedimenti giurisdizionali e lodi arbitrali, prima del decorso del termine di sessanta giorni dalla notificazione del titolo esecutivo - essendo giustificata dal preminente interesse generale alla preservazione del patrimonio pubblico, dovrebbe essere interpretata nel senso della necessità di una nuova notificazione del titolo esecutivo ogniqualvolta si intenda procedere, sulla base del medesimo titolo, ad una nuova azione esecutiva;
che - ad avviso dello stesso rimettente - l’onere di notificazione (e rinotificazione) del titolo dovrebbe altresì estendersi, per ragioni logiche, anche ai titoli non giudiziali;
che la disposizione denunciata, così interpretata, determinerebbe un indubbio svantaggio per il creditore procedente ed un irragionevole privilegio a favore della Pubblica Amministrazione esecutata, rispetto alla generalità degli altri debitori, violando così il principio di eguaglianza di cui all'art. 3 Cost.;
che la stessa disposizione si porrebbe poi in contrasto con l'art. 24, secondo comma, Cost., non solo perchè essa imporrebbe al creditore che intenda agire in sede esecutiva un gravoso onere sanzionato da un’improcedibilità rilevabile d’ufficio, ostacolando in tal modo una effettiva tutela del suo diritto di credito, ma anche perchè determinerebbe una graduazione puramente temporale delle ragioni creditorie, in contrasto con il principio della par condicio di cui all'art. 2741 del codice civile;
che la disposizione citata violerebbe altresì l’art. 41, primo comma, Cost., costringendo il creditore, nelle more del soddisfacimento delle proprie ragioni, a ricorrere al mercato finanziario ed a sopportare i relativi oneri, nonchè l’art. 81, quarto comma, Cost., perchè dall'aggravio degli adempimenti procedurali in sede esecutiva deriverebbe un appesantimento degli oneri economici finali a carico della pubblica Amministrazione, senza la previsione della relativa copertura finanziaria;
che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza della questione;
che secondo la difesa erariale la posizione di pubblica amministrazione debitrice si connoterebbe di specifiche peculiarità e renderebbe, pertanto, improponibile il confronto con il trattamento riservato a qualunque altro debitore e inconsistente il sospetto di violazione dell'art. 3 Cost.;
che, quanto alle ulteriori censure, esse muoverebbero da un presupposto interpretativo - quello della pretesa necessità di una reiterata notificazione del titolo esecutivo ogni qualvolta il creditore intenda procedere ad esecuzione forzata - non giustificato dal tenore della norma;
che, quindi, l'unica deroga alla disciplina comune sarebbe quella dell'imposizione di un termine di procedibilità dell'azione esecutiva che, per la sua limitata durata, non violerebbe il principio della effettività della tutela giurisdizionale nè quello della libertà di iniziativa economica privata garantito dall’art. 41 Cost., tanto più in quanto la contenuta "moratoria" appare un fattore irrilevante ai fini dell'asserito ricorso del creditore al mercato finanziario;
che, infine, sarebbe inesistente l'asserito aggravio di spese derivante dalla ipotizzata reiterazione di notificazioni; con conseguente inammissibilità del profilo di illegittimità prospettato in relazione all'art. 81, quarto comma, Cost.
Considerato che la questione di costituzionalità della disposizione denunciata é stata già dichiarata infondata da questa Corte in riferimento al parametro di cui all'art. 3 della Costituzione sul rilievo che la norma "accordando alle amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici, attraverso il differimento dell'esecuzione, uno spatium adimplendi per l'approntamento dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati, persegue lo scopo di evitare il blocco dell'attività amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche" (sentenza n. 142 del 1998);
che la violazione degli altri parametri viene evocata dal rimettente muovendo da un erroneo presupposto interpretativo consistente nella necessità di una nuova notificazione del titolo esecutivo quale condizione di procedibilità di ogni successiva procedura esecutiva fondata su di esso;
che in proposito va premessa l’esistenza, nella disciplina codicistica dell’esecuzione forzata, di un principio generale di unicità della notificazione del titolo esecutivo, desumibile sul piano sistematico sia dalla circostanza che per il titolo esecutivo, diversamente dal precetto, non sono sanciti termini legali di efficacia (ferma sempre restando l'applicabilità della disciplina generale in tema di prescrizione), sia dalla previsione del rilascio di una sola copia in forma esecutiva, salva l'ipotesi di perdita incolpevole (art. 476 del codice di procedura civile e art. 154 delle disposizioni di attuazione dello stesso codice);
che la disposizione denunciata non deroga al suddetto principio di unicità della notificazione del titolo esecutivo, non potendosi desumere tale deroga nè da un'interpretazione testuale della disposizione de qua, non soccorrendo nella stessa alcun elemento in tal senso, nè dalla ratio legis, ben potendo l'esigenza, richiamata dal rimettente, di consentire all'amministrazione un costante controllo sul debito portato dal titolo esecutivo, essere adeguatamente soddisfatta, in caso di nuova esecuzione, dalla necessaria notificazione di un nuovo atto di precetto;
che non sussiste pertanto la lamentata lesione dell’effettività della tutela giurisdizionale del creditore derivante, secondo il giudice a quo, dalla necessità di reiterate notifiche del medesimo titolo esecutivo, comportanti il decorso di altrettanti termini dilatori;
che, per quanto riguarda la censura relativa al parametro di cui all’art. 41, primo comma, Cost., deve escludersi che il principio della libertà di iniziativa economica privata possa ritenersi violato da una disposizione, come quella denunciata, che, prevedendo un termine dilatorio per l’esperimento dell'azione esecutiva, non costituisce per ciò solo inevitabile ragione di un oneroso ricorso al mercato finanziario;
che le considerazioni svolte in ordine alla insussistenza di un onere di rinotificazione del titolo esecutivo rendono altresì palese l’infondatezza della censura formulata in relazione al parametro di cui all'art. 81, quarto comma, Cost., non comportando la norma denunciata alcun aggravio di spesa a carico della Pubblica Amministrazione;
che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.
Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, secondo comma, 41, primo comma e 81, quarto comma, della Costituzione, dal Pretore di Salerno, con l'ordinanza indicata in epigrafe.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1998.
Presidente: Renato GRANATA
Redattore: Annibale MARINI
Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1998.