Sentenza n. 142/98

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SENTENZA N.142

ANNO 1998

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

- Dott.   Renato GRANATA, Presidente

- Prof.    Francesco GUIZZI   

- Prof.    Cesare MIRABELLI            

- Prof.    Fernando SANTOSUOSSO            

- Avv.    Massimo VARI                     

- Dott.   Cesare RUPERTO                

- Dott.   Riccardo CHIEPPA             

- Prof.    Gustavo ZAGREBELSKY              

- Prof.    Valerio ONIDA                    

- Prof.    Carlo MEZZANOTTE                     

- Prof.    Guido NEPPI MODONA                

- Prof.    Piero Alberto CAPOTOSTI             

- Prof.    Annibale MARINI               

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 14, commi 1 e 2, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), promosso con ordinanza emessa il 26 aprile 1996 (recte: 26 aprile 1997) dal Pretore di Avellino nel procedimento civile vertente tra il Comune di Serino e Vitale Maria iscritta al n. 551 del registro ordinanze 1997 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37, prima serie speciale, dell'anno 1997.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 28 gennaio 1998 il Giudice relatore Annibale Marini.

Ritenuto in fatto

 

1. - Nel corso di un giudizio di opposizione all'esecuzione, il Pretore di Avellino, con ordinanza del 26 aprile 1996 (recte: 26 aprile 1997), ha sollevato - in riferimento agli artt. 1, primo comma, 3, 28 e 97, primo comma, della Costituzione, nonchè alla XVIII disposizione transitoria e finale, quarto comma, della Costituzione - questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, nella parte in cui dispone che il creditore non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata, nè compiere atti esecutivi nei confronti delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici, prima che sia decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione del titolo esecutivo.

Con la medesima ordinanza é stata altresì sollevata, in relazione agli stessi parametri, questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, del menzionato decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, che disciplina – in assenza di disponibilità finanziare nel pertinente capitolo - le procedure di pagamento da parte delle amministrazioni statali sottoposte ad esecuzione forzata.

2. - Ad avviso del rimettente, la norma di cui al comma 1 del citato art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, escludendo dalla sua sfera applicativa gli enti pubblici economici (e i loro creditori), comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra categorie omogenee di enti (e tra i rispettivi creditori) e verrebbe a violare il principio di uguaglianza e quello di ragionevolezza di cui agli artt. 1, primo comma, e 3 della Costituzione.

La stessa disposizione si porrebbe in contrasto, secondo il rimettente, anche con gli artt. 28 e 97, primo comma, della Costituzione, sia sotto il profilo della violazione del principio di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione che sotto quello della sostanziale esclusione di responsabilità della pubblica amministrazione per il pregiudizio arrecato alle situazioni soggettive dei privati.

3. – E' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha concluso per l'infondatezza delle questioni.

La difesa erariale ritiene che la particolare disciplina di contabilità e di tesoreria unica delle amministrazioni statali e degli enti pubblici non economici, le cui risorse patrimoniali, pur destinate, di regola, a costituire la garanzia delle obbligazioni assunte, sono finalizzate in maniera articolata al perseguimento di diversi e prestabiliti scopi di interesse generale, valga a giustificare il termine dilatorio per l'esecuzione previsto dalla norma denunciata rendendola, pertanto, immune dalle prospettate censure di costituzionalità.

In particolare, osserva l'Avvocatura, le somme di pertinenza dello Stato e degli enti pubblici non economici giacenti in tesoreria, anche se non imputabili a capitoli di spesa riguardanti il credito azionato in executivis, risultavano, sino al 31 dicembre 1996, immediatamente pignorabili, con evidenti difficoltà per gli stessi enti a causa dei ritardi scaturenti dalla necessità della ricostituzione in tesoreria delle dotazioni finanziarie dei capitoli esecutati.

Le norme censurate si sarebbero proposte, pertanto, di ovviare ai ricorrenti blocchi dell'attività amministrativa derivanti dai ripetuti pignoramenti, introducendo un termine per procedere all'approntamento delle risorse occorrenti a reintegrare il pertinente capitolo di spesa.

Tale spatium adimplendi, conclude l'Avvocatura, in quanto diretto a contemperare l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello generale ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche, sarebbe ragionevole e non farebbe venir meno la responsabilità patrimoniale della pubblica amministrazione per le obbligazioni assunte.

Considerato in diritto

 

1. – Il Pretore di Avellino dubita della legittimità costituzionale del comma 1 dell'art. 14 del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, nella parte in cui dispone che il creditore non ha diritto di procedere ad esecuzione forzata nè compiere atti esecutivi nei confronti delle amministrazioni dello Stato e degli enti pubblici non economici prima che sia decorso il termine di sessanta giorni dalla notificazione del titolo esecutivo. Detta norma, a parere del rimettente, escludendo dalla sua sfera applicativa gli enti pubblici economici comporterebbe una ingiustificata disparità di trattamento tra categorie omogenee di enti (e tra i rispettivi creditori) e violerebbe i principi costituzionali di uguaglianza e ragionevolezza di cui agli artt. 1 e 3 della Costituzione e quelli di buon andamento, imparzialità e responsabilità della pubblica amministrazione sussunti, rispettivamente, sotto gli artt. 97, primo comma, e 28 della Costituzione.

In relazione agli stessi parametri, viene altresì dedotta la illegittimità del comma 2 del citato art. 14 del d.l. n. 669 del 1996, che disciplina – in assenza di disponibilità finanziarie nel pertinente capitolo - le procedure di pagamento da parte delle amministrazioni statali sottoposte ad esecuzione forzata.

2. – La prima questione, relativa all'art. 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669, non é fondata.

Come più volte affermato da questa Corte, il principio di eguaglianza (esprime un giudizio di relazione in virtù del quale a situazioni eguali deve corrispondere l'identica disciplina e, all'inverso, discipline differenziate andranno coniugate a situazioni differenti( (ex plurimis, sentenze n. 89 e n. 386 del 1996).

La sostanziale diversità di natura e di disciplina delle categorie di enti poste a raffronto dal giudice a quo rende, pertanto, immeritevole di accoglimento la censura di disparità di trattamento che proprio nell'omogeneità delle situazioni disciplinate dal legislatore rinviene, come si é detto, la sua ragione giustificativa.

Egualmente infondato é il richiamo al diverso parametro di ragionevolezza evocato dal rimettente, giacchè la disposizione denunciata, accordando alle amministrazioni statali e agli enti pubblici non economici, attraverso il differimento dell'esecuzione, uno spatium adimplendi per l'approntamento dei mezzi finanziari occorrenti al pagamento dei crediti azionati, persegue lo scopo di evitare il blocco dell'attività amministrativa derivante dai ripetuti pignoramenti di fondi, contemperando in tal modo l'interesse del singolo alla realizzazione del suo diritto con quello, generale, ad una ordinata gestione delle risorse finanziarie pubbliche.

Infondate sono, infine, le altre censure mosse dal rimettente in relazione ai parametri di cui agli artt. 97, primo comma, e 28 della Costituzione.

Da un lato, infatti, la disposizione denunciata viene a realizzare e non già a pregiudicare il buon andamento della pubblica amministrazione senza incidere in alcun modo sulla sua imparzialità.

Dall'altro, la responsabilità civile della pubblica amministrazione, compresa quella per eventuali interessi moratori, risulta non già esclusa, ma solo disciplinata e fissata entro un ragionevole limite temporale giustificato dalle particolari regole di contabilità e di tesoreria applicabili agli enti specificati nella norma.

3. – La questione di costituzionalità dell'art. 14, comma 2, del d.l. n. 669 del 1996, pur enunciata nel dispositivo dell'ordinanza di rimessione, risulta priva di qualsiasi motivazione sia in ordine alla sua rilevanza che alla sua non manifesta infondatezza e deve, pertanto, essere dichiarata inammissibile in conformità alla costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, ordinanze n. 74 del 1997 e n. 69 del 1986).

                                                                                                                                          

PER QUESTI MOTIVI 

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 2, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, sollevata, in riferimento agli artt. 1, primo comma, 3, 28 e 97, primo comma, della Costituzione, nonchè alla XVIII disposizione transitoria e finale, quarto comma, della Costituzione, dal Pretore di Avellino con l'ordinanza in epigrafe;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 14, comma 1, del decreto-legge 31 dicembre 1996, n. 669 (Disposizioni urgenti in materia tributaria, finanziaria e contabile a completamento della manovra di finanza pubblica per l'anno 1997), convertito, con modificazioni, nella legge 28 febbraio 1997, n. 30, sollevata, in riferimento agli artt. 1, primo comma, 3, 28 e 97, primo comma, della Costituzione, nonchè alla XVIII disposizione transitoria e finale, quarto comma, della Costituzione, dal Pretore di Avellino con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 aprile 1998.

Presidente: Renato GRANATA

Redattore: Annibale MARINI

Depositata in cancelleria il 23 aprile 1998.